I falsi invalidi e l'ombra della mafia | "Vai e gli spari nelle gambe" - Live Sicilia

I falsi invalidi e l’ombra della mafia | “Vai e gli spari nelle gambe”

La stragrande maggioranza delle venticinque truffe accertate - fra pensioni di invalidità e indennità di accompagnamento - sono state organizzate sempre con gli stessi certificati diagnostici, cambiando solo nomi e date di nascita del paziente.

PALERMO – I presunti rapporti con la mafia e le possibili connivenze all’interno dell’Inps. Le indagini sulla truffa dei finti invalidi scoperta dai carabinieri sono tutt’altro che chiuse. Non si fermano ai sei arresti e ai dodici obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria chiesti e ottenuti del procuratore aggiunto Dino Petralia e dai sostituti Roberto Tartaglia e Annamaria Picozzi.

Resta finora sullo sfondo la questione dei rapporti con la criminalità organizzata. Nel corso di un’intercettazione Deborah Serpa chiedeva a Giuseppe Cinà, considerato il capo della banda, “… lui appartiene ai Tantillo, vero? Quelli di Borgo Vecchio?”. Il riferimento è a Giovanni Tantillo, pure lui arrestati nel blitz dei carabinieri. Il cognome Tantillo ritorna spesso nelle recenti informative che inquadrano i nuovi assetti dei clan mafiosi, compreso quello del popolare rione palermitano. Nelle stesse intercettazioni si fa riferimento anche ai metodi violenti che la banda sarebbe stata in grado di mettere in campo per convincere la gente che aveva usufruito dei loro servigi a pagare la somma pattuita. “Pino allora ascoltami, digli al signorino che a me non interessa una minchia – spiegava la donna in maniera piuttosto energica – se lui ha spento il telefono, io non è che lo porto all’Inps e gli faccio prendere il 100%, gli faccio prendere il 250%… Pino è presa per il culo perché lui non me lo deve venire a dire a me che se li è scordati a casa i soldi. Glielo hai detto anche tu stamattina”. E Pino Cinà indicava un metodo sbrigativo e convincente: “Vai e sparagli nelle gambe”.

C’è un ulteriore aspetto da chiarire ed è legato alla somma di denaro che mensilmente la banda che truffava l’Inps avrebbe dato “ai Tantillo del Borgo”. A che titolo? Gli investigatori escludono che si trattasse di pizzo. Dunque, non è escluso che i Tantillo, o chi per loro, avrebbero partecipato agli affari sporchi.

Affari sporchi che sono stati organizzati sfruttando, di certo, un sistema che fa acqua da tutte le parti. La stragrande maggioranza delle venticinque truffe accertate – fra pensioni di invalidità e indennità di accompagnamento sono state organizzate sempre con gli stessi certificati diagnostici, cambiando solo nomi e date di nascita del paziente. Quasi tutti riguardano patologie psichiatriche o neurologiche che rendono più difficile un controllo oggettivo. Il campanello d’allarme, però, avrebbe dovuto suonare visto che si tratta di patologie rarissime: “Psicosi cronica residuale con grave compromissione della vita”, “allucinazioni uditive a contenuto querulo maniaco”. Alcuni dei pazienti che hanno ottenuto il via libera dall’Inps, inoltre, ci avevano già provato, senza successo, negli anni precedenti. Ecco perché, secondo gli investigatori, il sistema ha fatto acqua – ad esempio non esiste una banca dati -, ma in alcuni casi sarebbe bastato controllare i documenti di chi chiedeva la pensione per smascherare la truffa. Da qui l’ipotesi, tutta da accertare, che qualcuno si era accorto dell’imbroglio, ma avrebbe fatto finta di non vedere.

Come non accorgersi, ad esempio, che un certificato medico attestava che il paziente, a causa della grave patologia psichiatrica, non riusciva ad avere alcun rapporto con la moglie e i tre figli, peccato che non fosse né sposato né padre. Oppure che un medico avesse prescritto potentissimi farmaci mesi prima che la malattia venisse diagnosticata. Ed ancora, che stessa finta badante avesse accompagnato due falsi invalidi nella stessa giornata e nello stesso ospedale. Infine, Giuseppe Cinà e Giovanni Tantillo erano già stati arrestati nel 2007 per gli stessi reati. Cinà, addirittura, dopo quell’arresto ha nuovamente richiesto ed ottenuto la pensione di invalidità. Dalle intercettazioni, infatti, emergerebbe la quasi certezza dell’impunità da parte degli indagati. “Però, tu puoi stare tranquilla che io te la faccio pigliare di nuovo… nel giro di quattro cinque mesi la prendi di nuovo..”, diceva Cinà. A condizione, però, che i pazienti non venissero convocati dalla sede nazionale dell’Inps a Roma. Perché i romani “non sono come i palermitani”.

 


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