Io sto con la "Buona Scuola" | Ma ragioniamoci su - Live Sicilia

Io sto con la “Buona Scuola” | Ma ragioniamoci su

Dobbiamo, finalmente, abbandonarci alla cultura della responsabilità e della fiducia e abbandonare la pratica del sospetto, della paura di cambiare per il timore di autoritarismi, di piccoli o grandi soprusi spesso causa d'immobilismo.

“Lo sai che in molti ti attaccheranno?”. Così mi ha detto un amico insegnante a cui ho fatto leggere in anteprima questo articolo. “Beh! – gli ho risposto – accetto il rischio. Non ho mai detto o scritto qualcosa pensando agli applausi che vorrei ricevere, e poi dobbiamo imparare a confrontarci senza pregiudizi. Io sono sempre pronto a cambiare idea, ma mi si deve convincere con gli argomenti non con gli slogan”. Di cosa stiamo parlando? Siamo nel pieno del dibattito, con uno sciopero generale all’orizzonte, indetto da sindacati e associazioni per il prossimo 5 maggio, sulla riforma della scuola voluta da Matteo Renzi, la cosiddetta “Buona Scuola”. Sciopero dentro il quale, a onor del vero, ci stanno pure il rinnovo dei contratti e gli scatti d’anzianità, rivendicazioni comuni a tutta la pubblica amministrazione. C’è un conflitto aperto tra chi ritiene prevalenti i pro della riforma e chi i contro.

Personalmente, dopo avere letto e riletto il disegno di legge n. 2994, mi iscrivo alla prima platea, apparentemente minoritaria, con alcune precise osservazioni. In premessa, ritengo sia stato un errore, in parte forse necessario, mettere insieme i contenuti della riforma e le questioni legate al personale docente precario. Tale commistione svia l’attenzione, concentrandola su punti scottanti e delicatissimi che riguardano il presente e il futuro di migliaia e migliaia di persone. Dall’altro lato, ci si è impantanati sulle sabbie mobili della figura del preside, ridefinito con enfasi preside-sceriffo, sui poteri, da molti ritenuti abnormi, che andranno in capo al dirigente scolastico, soprattutto con riferimento alla possibilità per costui di scegliere, all’interno di albi provinciali, sulla base di criteri e motivazioni da rendere pubblici e del progetto educativo, gli insegnanti che costituiranno l’organico dell’autonomia, o funzionale, della scuola. In un Paese ad alto tasso di corruzione, com’è l’Italia, sembra un invito a fomentare clientele, favoritismi e losche relazioni di convenienza.

Non vorrei, però, che le polemiche al riguardo nascondessero, in realtà, una certa ritrosia ad accettare i meccanismi di valutazione e i “costi” dell’autonomia. Un approccio, a mio parere, legittimo ma sbagliato. Dobbiamo, finalmente, abbandonarci alla cultura della responsabilità e della fiducia e abbandonare la pratica del sospetto, della paura di cambiare per il timore di autoritarismi, di piccoli o grandi soprusi spesso causa d’immobilismo, qualche volta utile a occultare ritardi, inefficienze, incapacità, e strumentale a una demotivante massificazione della categoria, del tipo “siamo tutti uguali” e del “lasciamo le cose come stanno”. Corretto, al contempo, pretendere un puntuale esame dell’operato del dirigente scolastico, con la previsione di pesanti sanzioni se si rivela inadeguato o autore di atti illeciti, e non affidare soltanto a lui l’elaborazione del piano triennale dell’offerta formativa, il fabbisogno delle risorse umane e materiali e, aggiungerei, l’individuazione dei criteri generali di scelta dei docenti, dandone compito agli organismi collegiali.

Organismi, consiglio d’istituto e collegio dei docenti che, è bene sottolinearlo, rimangono intatti nelle loro funzioni, rispettivamente di indirizzo e didattico-progettuale. Non vedo attentati alla Costituzione, alla scuola pubblica statale, o offesa alla dignità degli insegnanti o minaccia ai diritti dei genitori e degli studenti nei pilastri portanti della riforma. L’idea di porre fine al precariato e alle supplenze, affidandosi dal 2016 ai concorsi e all’organico funzionale dei singoli istituti, mi pare incontestabile. Ovvio che occorrerà tempo per chiudere la partita. Attenti, qui sono d’accordo con chi protesta per certe esclusioni, a non creare ingiustizie lasciando fuori fasce di precari da anni in cattedra o chi ha maturato una legittima aspettativa come gli idonei del concorso del 2012, sarebbe una contraddizione in termini. Coniugare anzianità e merito è sacrosanto.

Chi scrive ha una sorta di venerazione per gli insegnanti, mal pagati e non sufficientemente apprezzati, ma è anche vero che ci sono differenze nella quantità e qualità dell’impegno da ognuno di loro profuso. Da salutare con soddisfazione l’aggiornamento e la formazione continui e obbligatori. Il docente non formato e non aggiornato è, mi si perdoni il paragone, come un farmaco scaduto, rischia di non interagire con gli studenti e con i colleghi più attrezzati o, addirittura, di risultare dannoso. La carta del docente con 500 euro annui per spese culturali, rappresenta un sussidio economico che favorisce l’approfondimento e la ricerca di nuovi stimoli da trasferire in classe. Innovativa, alle superiori, la facoltà di “modulare”, su base attitudinale, attraverso materie opzionali, il proprio curriculum scolastico, esattamente il curriculum dello studente comprendente anche attività sportive, culturali, di lavoro, di volontariato, inserito nel portale unico dei dati. Ottimo prevedere piani educativi specifici per gli studenti con disabilità o esigenze speciali. Maggiori competenze digitali, da utilizzare su strumenti già in possesso degli studenti. Svolgimento di stage in aziende e istituzioni pubbliche, per le scuole professionali e per i licei.

E’ importante, in proposito, se non vogliamo fare fumo, una concreta sinergia tra le scuole, le università, gli imprenditori, le pubbliche amministrazioni, gli ordini professionali e le altre istituzioni. Trasparenza, con la pubblicazione online dei curriculum dei docenti e dei bilanci. Chi vuole potrà destinare alle scuole il 5 per mille e ci sarà un bonus fiscale per chi intende investire nella scuola. Infine, lo “sblocca scuola”con la individuazione delle 100 procedure burocratiche da abolire perché giudicate gravose o inutili. La verità è che dobbiamo assicurare piuttosto, ecco la rivoluzione auspicabile, le giuste risorse finanziarie alla scuola pubblica statale, mettendola al centro delle politiche culturali, sociali ed economiche del Paese. Sennò abbiamo disquisito su aria fritta.


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