La città delle bestie | che non sanno sognare - Live Sicilia

La città delle bestie | che non sanno sognare

L'orrore di viale dei Picciotti.

C’è un cane che guarda con gli occhi di un bambino. Non si potrebbe fare altro che sorridergli, mentre sta morendo. Sorridergli e sperare che nel suo paradiso porti un’esile traccia di gentilezza, non solo la risata di chi l’ha sepolto vivo. Maledetta è la città in cui qualcuno scava e infila sotto la terra gli esseri viventi, a qualunque razza essi appartengano. Una città senza domani. Non si pratica soltanto la violenza della sopraffazione o del masochismo, vie contorte per affermare un’identità. Si spande crudeltà gratis e senza senso. La voluttà del male è l’altra faccia della disperazione, lo sfogo sull’indifeso, la bestialità di chi vorrebbe spaccare, uccidere, sporcare tutto. E deve “accontentarsi” di un cane, pur di bestemmiare l’inferno che si porta addosso, che ne sia consapevole o no.

Viale dei Picciotti, teatro e contorno del seppellimento, di notte appare buia e calda come l’inferno. Qui, come altrove, non c’è polizia, non c’è sindaco, non c’è risorsa che tenga. E’ uno sprofondo di case poco illuminate, una quinta del disastro. L’ambiente suona ostile tra catapecchie e palazzoni. Vale la legge dello Zen e di molti altri inferni. Se nasci e vivi qui, nella dissonanza del contesto, è difficile sviluppare un orecchio attento e sensibile. E non è colpa dei residenti. C’è chi ci riesce, perché in famiglia, a scuola, in fondo al suo cuore, trova un tesoro. Altrimenti precipiti nella voragine del brutto. Non ti rialzi più. Succede allo Zen dove pianisti da diploma sono finiti in strada a spacciare. Accade qui. Ovunque risplendono nel fango le gemme di Palermo, gioielli che nascono, ragazzini che saprebbero compiere meraviglie col tempo. Ma sono condannati all’irrilevanza, quando non all’errore, perché venuti alla luce nel mondo sbagliato.

I cani di viale dei Picciotti li hanno sepolti. Abbiamo chiesto, con una speranza, con insistenza molesta: forse sono stati travolti da un sommovimento di pietre? Forse è stato un incidente? Chi è intervenuto non ha dubbi: si è trattato di un gioco crudele.

Allora non converrà più mettersi a ridere quando si parla della città della cultura, aggrappata alla sua visione di capitale, e tutti offrono il loro sarcasmo sempre gratis, accanto alle pile di munnizza. I rifiuti materiali ci saranno per un bel pezzo, in penuria di risorse. L’unica scommessa che si può tentare è la puntata folle e necessaria di chi intende salvare Palermo dall’altro lato. Il corpo della città è marcio, chissà se l’anima sopravviverà. Abbiamo bisogno che l’armonia crei un circolo virtuoso. Abbiamo bisogno delle parole giuste, più dei cassonetti o delle pale meccaniche.

Ci sono benedizioni nell’ombra: i volontari che hanno dato l’allarme, aiutati da tanta brava gente del posto, i vigili del fuoco, commossi e stravolti. C’è un minuscolo popolo di persone gentili che si fa carico degli animali, li sottrae ad orribili destini, beccandosi pure l’ironia di chi non ama né uomini, né animali, né bestie. Questi ragazzi sperimentano un atto di fede quotidiano. Sanno che non esiste attività più nobile della difesa della purezza e della debolezza.
E noi che possiamo fare se non afferrare un gesto d’amore, una carezza, un libro, una cosa qualunque, purché bella e buona? Subito. Tra un minuto sarà già tardi.

Chi scrive ha solo raccontato un gesto di impotenza, un sogno sognato in macchina lungo il tragitto. Sarebbe stato un antidoto alla cattiveria offrire un sorriso al cucciolo che moriva, per accompagnarlo nel paradiso delle vittime innocenti. Ma non c’è stato il tempo.


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