La sfida dei renziani senza Renzi |Tornare alle origini o scomparire - Live Sicilia

La sfida dei renziani senza Renzi |Tornare alle origini o scomparire

In pochi anni sono diventati una corrente obesa e di potere. Ora Faraone prova a ripartire dallo spirito originario.

Verso le elezioni
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PALERMO – Come sono lontani quei giorni in cui l’anticamera degli onnipotenti renziani era zeppa di gente in attesa, col numerino in mano, per montare sul carro del premier vincitore. Folle di aspiranti si raggruppavano allora, quando il giovin Matteo sembrava destinato a tenere in pugno i destini del Paese per una lunga, lunghissima era. La musica è cambiata da allora. Renzi appare sempre più logorato e meno vincente, il suo piano di elezioni anticipate subito si sta scontrando con molte resistenze, la sua immagine dopo la sconfitta al referendum è uscita ridimensionata e i suoi vecchi nemici nel Pd, D’Alema in testa, sembra stiano riuscendo col loro tempo nella cosa che meglio sanno fare da sempre, distruggere tutto per far fuori l’avversario interno del momento.

In questo quadro generale, con l’ex premier sempre più in difficoltà, si inquadra il dramma dei renziani senza Renzi. Ossia di quella pattuglia che in Sicilia nacque con un sol uomo, l’unico vero renziano della prima ora a Palazzo, Davide Faraone, e che col tempo si è ingrossata a dismisura, con l’assalto di schiere di fuoriusciti da altri partiti. Un plotone diventato per dimensioni il più pesante nelle truppe del Pd all’Ars. Un gruppo che in questi anni ha vissuto assai di luce riflessa e ha tentato, con molte difficoltà, di rimarcare le proprie distanze da Rosario Crocetta e dai tanti passi falsi della sua gestione.

A tenere compatto quel gruppo era la formale devozione al progetto nazionale dell’ex Rottamatore. In nome del quale nel Pd è potuto entrare di tutto, già socialisti, già democristiani di destra, già cuffariani, già berlusconiani, un fritto misto impadellato da Faraone non senza scatenare dubbi e proteste nel partito. Memorabile rimane il tweet al vetriolo di Antonello Cracolici al tempo della prima Leopolda sicula, quando l’attuale assessore all’Agricoltura commentando la sala affollata da volti con trascorsi di centrodestra cinguettò: “Voglio un Pd aperto, ma il riciclaggio nel codice penale è un reato. Nel codice della politica è immorale”.

Ora per i renziani senza Renzi si apre una strada in salita. Davide Faraone ha scelto la strada dei contenuti, avviando questa mattina il percorso che porterà, attraverso un grande e aperto think tank che coinvolge un centinaio di esperti, alla stesura di un programma di governo per il dopo-Crocetta. La strada è quella dell’apertura verso le istanze delle professioni, dell’imprenditoria, della ricerca, qualcosa che richiama lo spirito originario del renzismo, offuscato nella breve ma intensa stagione di Renzi a Palazzo Chigi da una coltre pesante che ha offerto piuttosto l’immagine di una corrente di potere e di palazzo.

È questa a ben vedere l’unica strada possibile per non incamminarsi in un rapido e mesto tramonto. Più attenzione verso i saperi e la realtà, meno energie sprecate nel raccattare a destra e manca truppe cammellate sui territori per puntellare un potere correntizio che sa di vecchissima Democrazia Cristiana. I pochi o tanti consensi che si potevano raggranellare con queste operazioni di piccolo cabotaggio che hanno portato nel Pd (o nelle sue succursali parerenziane) sono poca roba di fronte alla costruzione del consenso che poteva garantire una credibile operazione di ricambio, svecchiamento (non solo di facce ma di contenuti) e superamento di vecchi e sterili riti. Su quegli elementi Matteo Renzi costruì la sua scalata al Pd e il breve ma intenso periodo di luna di miele con l’opinione pubblica. Oggi, dopo la rapida erosione di una parte di quel patrimonio, ai renziani senza Renzi di Sicilia tocca la titanica impresa di recuperare quello spirito. E con tutta la buona volontà non sarà facile.


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