«Bedda matri, chi cavuruuu!», sbuffa un ciccione nella pubblicità di una rivendita di congelatori: «Madonna, che caldo!». E fa caldo davvero, in Sicilia. Caldissimo. Tutta colpa dello scontro incandescente che, con la sinistra mogia mogia a fare da spettatrice, è esploso tra Raffaele Lombardo e il Popolo della Libertà che lo ha eletto. Scontro definito dagli stessi protagonisti come «una guerra termonucleare». Al termine della quale il governatore teme addirittura di fare una brutta fine… Per capirci qualcosa, bisogna partire dall’inizio. Cioè da quel giorno del 2005 in cui, sull’ultima trincea delle comunali di Catania, dopo una primavera elettorale segnata da una catena di sconfitte disastrose, il centrodestra berlusconiano trovò nel baffuto medico catanese che aveva lasciato la segreteria regionale dell’Udc per mettersi in proprio col Movimento per l’Autonomia, il «mago» capace di bloccare l’avanzata del centro-sinistra. Grandi feste, complimenti, impegni di alleanze sempre più strette. Finché, al momento di andare al rinnovo del governo regionale dopo l’azzoppamento giudiziario di Totò Cuffaro, il Cavaliere pagò la cambiale. Scelta vincente: don Raffaele passò a valanga, con 35 punti di vantaggio su Anna Finocchiaro. E la destra inondò l’Ars con 62 deputati contro 28 del centro-sinistra.
Un trionfo. Proprio lì, però, sarebbero cominciati i guai. Troppa abbondanza. Troppa sicurezza. Troppi appetiti. Diventati sempre più insaziabili col progressivo smottamento della sinistra e l’inesorabile dilagare della destra nei sondaggi. Al punto che l’ultimo di Demopolis, pubblicato ieri da La Sicilia, dà il Pd al 18%, Di Pietro al 5%, Rifondazione all’1,5%, Sinistra e Libertà all’1,7% (totale: poco più del 26%!) e il Popolo della Libertà oltre il 50%, con un margine di miglioramento tale da poter sognare il 55%. Quanto basterebbe ai berlusconiani per fare a meno non solo dell’Udc (data al 10%) ma anche dell’Mpa. Certo, le Europee non dovrebbero avere effetto sulle giunti locali. Ma perché spartire con altri se si potrebbe farne a meno? Fatto sta che di giorno in giorno i gesti di ostilità intestini si sono moltiplicati. Soprattutto dal momento in cui, qualche settimana fa, il Pdl ha scelto come coordinatore regionale Giuseppe Castiglione, cioè l’ex europarlamentare e attuale presidente della Provincia di Catania (toccò alla Cassazione dichiararlo decaduto per incompatibilità dalla carica a Strasburgo perché non trovava il tempo di dimettersi…) che il presidente regionale considera come il suo avversario numero uno. Da quel momento, botte da orbi. Accuse reciproche di lottizzazione, occupazione delle poltrone, sfacciato clientelismo. «Furti» ripetuti di deputati regionali e consiglieri comunali e assessori provinciali altrui. Guerriglie nei comuni con esodi di massa. Fino allo scontro totale. Di qua Castiglione che mentre ribadiva la «leale alleanza» con l’Mpa spiegava però che dopo le Europee («puntiamo al 51%») sarà «opportuna una verifica per rafforzare il governo regionale» poiché è l’Ars, controllata dal Pdl, il «vero motore della politica siciliana» dato che «ha varato più di 35 leggi, la maggior parte di iniziativa parlamentare e non governativa». Di là Lombardo a ribattere colpo su colpo bollando quelli che lo hanno piantato in asso per transitare nel Pdl, quale il suo ex-pupillo Salvatore Lentini, come uno «stigghiularu». Cioè un venditore ambulante di budella. Fino al caos. «Questo è il peggiore governo degli ultimi quindici anni», attacca il presidente berlusconiano dell’Ars Francesco Cascio, invelenito per il dispetto di Lombardo che gli aveva abbattuto il «suo» presidente dello Iacp. «Su Cascio potremmo dire verità sgradevoli», ribatte velenoso il governatore. «Lancio un concorso internazionale di idee per il superamento del ‘cuffarismo’ come sinonimo di clientelismo», affonda perfido Totò Cuffaro: «Come dimostra la leggina che distribuiva a pioggia 78 milioni di euro, la politica clientelare la fa Lombardo». «Eh no!», salta su l’accusato: «Quella leggina non è mia: l’ha votata l’Ars, alle otto di mattina, dopo due notti insonni. C’erano dentro delle cose serie, ma altre regalie no. Il mio governo aveva presentato una legge stravolta in commissione come quella sui nuovi dirigenti. La guerra nucleare col presidente dell’assemblea Cascio è dovuta anche a questo. Siccome il commissario dello Stato ha impugnato quella leggina, lui voleva che io ricorressi contro quella impugnazione davanti alla Corte costituzionale. Io gli ho risposto: no, no, no». Botta di Cascio: «Stiamo valutando dopo il commissariamento dello Iacp, se ci sono le condizioni per denunciare Lombardo alla Procura della Repubblica per abuso di potere». Risposta del governatore: «Credo che nel Pdl stia facendosi strada un delirio di onnipotenza. Chi conosce la psichiatria sa bene di che cosa parlo. Basta leggere i giornali. Io a Cascio l’ho detto: raccogliete le firme e buttatemi giù». Ne è convinto: «Dietro tutto c’è la guerra alla riforma sanitaria fatta dall’assessore Massimo Russo. Il dimezzamento delle Asl. La fine del sistema dello sfondamento dei budget. Dicono che il mio è il peggior governo degli ultimi 15 anni? Per i padroni dei laboratori, degli ambulatori, dei centri analisi «convenzionati» della sanità che erano oltre 1.800 il mio è il peggior governo degli ultimi cinquant’anni. E così per i furbi che facevano pagare i vaccini per la prevenzione del virus del papilloma oltre cento euro invece che 43 come adesso. E per quelli che volevano fare i soldi con le pale eoliche…».
OAS_AD(‘Bottom1’);
«Questa poi: Lombardo moralizzatore! », ridacchiano i nemici, sbarrando l’ipotesi d’un governo istituzionale con le parole usate pochi mesi fa da Anna Finocchiaro: «Lombardo è temibilissimo perché ha costruito un sistema di potere clientelare spaventoso che ha riportato la Sicilia al Medioevo ». Lui, don Raffaele, nega furente: «Abbiamo toccato troppi interessi. Ecco la verità. Troppi. Ma vado avanti. Non c’è alternativa. L’alternativa è il baratro». E spiega: «La nostra grande colpa è di batterci, a differenza degli ascari della mia stessa maggioranza, per l’autonomia della Sicilia. La Sicilia ai siciliani, diceva Antonio Canepa. Fu osteggiato, denigrato e alla fine ucciso. Non escludo possa succedere anche a me…».
Gian Antonio Stella
tratto da Corriere.it del 21 maggio 2009