Lagalla accelera, Varchi e Cascio... Palermo, fine della corsa

Lagalla accelera, Varchi e Cascio… Palermo, fine della corsa

Lagalla incontra La Russa e cerca di andare in volata. Intanto, gli altri...
PALERMO 2022
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La partita palermitana delle candidature a sindaco del centrodestra si sta giocando anche a… Roma. Ieri, Roberto Lagalla, concorrente centrista della disfida, ha incontrato Ignazio La Russa che regge la bandiera di ‘Fratelli d’Italia’ nella vertenza elettorale tra Palazzo delle Aquile e Palazzo d’Orleans. L’ex rettore è rientrato con buone sensazioni, convinto di potere trovare un accordo e di portare i meloniani dalla sua parte, nella zona della coalizione che non potrebbe non sostenere il forzista Francesco Cascio, dopo il ticket con la Lega.

Sulla questione, però, si intravvedono accordi e disaccordi. Lagalla sarebbe un nome comunque forte e competitivo, una personalità nota che consentirebbe di tenere il punto con ‘gli altri’ che non sono disposti a concedere, adesso, in cambio di un’intesa, la riconferma di Nello Musumeci alla Regione. Ma c’è una pecca che dalle parti della Meloni viene considerata quasi insuperabile: la truppa lagalliana dei renziani, grazie a una convergenza che ha provocato il ritiro dalla corsa del renzianissimo Davide Faraone. FdI non vuole sentire nemmeno l’odore di Italia Viva e non è detto che basti rivendicare il civismo per aggirare l’ostacolo. Anzi… Inoltre, permangono dei dubbi sulla forza delle liste.

Qualcuno prova a spiegare: “Noi che c’entriamo con Matteo Renzi? Come lo raccontiamo alla nostra gente? Non credo che Faraone accetterà di andare in giro con i baffi finti fino alle elezioni e al ballottaggio. Come potremmo stare insieme con i massimi sostenitori di Draghi?”. Sul fronte del professore sarebbe, invece, arduo accompagnare alla porta i suddetti renziani, come espressamente richiesto, in una giravolta che apparirebbe incoerente e che scalfirebbe proprio quel profilo civico e moderato a cui Lagalla tiene tantissimo.

Allora, Giorgia e i suoi concentrano la discussione, in un tavolo parallelo, su Francesco Cascio. E anche lì il discorso pare avviato. Tuttavia, l’ultima intervista del medico di Forza Italia a LiveSicilia.it descrive l’esatta proporzione di una distanza: “Vinciamo e governiamo qui, intanto. Le elezioni regionali saranno tra sei mesi, un tempo infinito per la politica, dunque non ha senso mettere accanto i ragionamenti”. I meloniani non vogliono questo. Semmai, potrebbero concedere Palazzo delle Aquile, a patto di una garanzia inequivocabile su Palazzo d’Orleans, verosimilmente per Musumeci, ma non è detto che non possa esserci qualcun altro. Nel marasma generale, Roma, nel senso della politica di massimo livello, torna immancabilmente in gioco e si spera in un intervento nientemeno che di Berlusconi in persona. Dal lato azzurro filtra ottimismo, ma le spaccature non aiutano.

I pensieri della leader di FdI non camminano su strade semplici. Non andare a braccetto con Cascio significherebbe dividersi anche per le prossime regionali, in uno scenario nazionale frammentato. Andarci, senza sintesi sulla Regione, vorrebbe dire consegnarsi alla clemenza degli alleati che non appaiono inclini a essere clementi. Spostarsi su Lagalla con i renziani comporterebbe il rischio, oltre alla lite nel centrodestra, di una scarsa coerenza percepita, valore a cui Giorgia Meloni è molto sensibile. Cosa rimane? Tornare alle origini e serrarsi intorno alla mai abdicata Carolina Varchi, considerata un’ottima opzione, se non si ricuce, puntando sulla bandiera e sull’identità. Nel caso, i candidati in lizza sarebbero tre: Cascio, Lagalla e Varchi, con un aumento proporzionale dei sogni di gloria di Franco Miceli e di tutto il centrosinistra. Chi potrebbe permettersi di metterci la firma, mentre ci avviciniamo alla fine della corsa?


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