Il candidato della discordia: | "Io, non malato di renzismo" - Live Sicilia

Il candidato della discordia: | “Io, non malato di renzismo”

Vladimiro Crisafulli

L'ipotesi della candidatura a sindaco di Enna dell'ex senatore agita il Pd. “Decideranno gli organismi”. Il rapporto con Roma: “Sbagliato elemosinare aiuti”. La legalità: “Mai chiesto voti ai mafiosi, c'è chi lo ha fatto ed è considerato autorevole”

L'intervista a Crisafulli
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7 min di lettura

PALERMO – La candidatura della discordia è ancora una volta la sua. Protagonista suo malgrado, Mirello Crisafulli torna a far parlare di sé. In ballo c’è l’ipotesi di una sua corsa a sindaco, nella sua Enna, il luogo in cui lo stesso ex senatore anni fa ebbe a dire che vincerebbe “anche col sorteggio”. Nel partito c’è chi ha storto il naso. E le perplessità arriverebbero dritte da Roma. Da quel partito nazionale che alle ultime Politiche ha espunto il suo nome dalle liste del Pd, archiviandolo tra gli impresentabili. L’incensurato Crisafulli (fu indagato per mafia, ma l’inchiesta venne archiviata, finì sotto processo per un presunto abuso d’ufficio, ma il processo si è prescritto) da allora è segretario del Pd a Enna. E a Livesicilia dice la sua, nel suo stile tagliente. Non solo sulle polemiche ennesi, ma anche sul Pd siciliano e nazionale, sul tirare a campare del governo regionale e sulla “malattia” del renzismo che sembra aver contagiato tutti meno che lui. Con una stilettata: “Io non ho mai chiesto voti ai mafiosi, altri sì”.

Partiamo da Enna. Mirello Crisafulli si candida o no a sindaco?

“Riuniremo gli organismi dirigenti del Pd e lì decideremo senza problemi e senza tensioni. Ancora aspetto di capire se sono vere le dichiarazioni di cui ho letto”.

Ma lei sarebbe pronto a candidarsi, no?

“Il problema non ce l’avevo, non ce l’ho e potrei continuare a non avercelo”.

Un quotidiano ha scritto che lei al limite potrebbe correre anche sotto “altre insegne”. C’è questa eventualità?

“Quando mi levarono dalle liste del Senato me lo proposero e non l’ho fatto allora. Non mi sento un commesso viaggiatore. Io sono il segretario del Pd e ho il dovere di difendere un territorio”.

Si sente oggetto di un accanimento?

“Non sono appassionato di fare lo studioso degli accanimenti altrui. Se non hanno dove grattarsi, non è un problema mio”.

Intanto, dal momento della sua esclusione dalle liste, altri esponenti del Pd sono stati coinvolti a vari livelli e a varie latitudini in più di un’indagine. 

“Hanno preferito questo genere di decisione. Non mi interessa la polemica sterile. Io sono in un partito che ha delle regole. Poi se c’è una regola nuova che io non conosco…”.

Senta, lei è stato tra i promotori della ricomposizione tra le diverse anime del Pd per l’elezione del segretario Raciti, che fu il suo candidato. Quella pace non è durata a lungo, diciamo…

“E’ durata il tempo di una notte. E ne sono amareggiato perché preferisco un partito più unito anche per incidere di più sulle scelte nazionali. Il meridione è stato tagliato fuori dal governo nelle scelte nazionali. E noi ci caratterizziamo per il tentativo di elemosinare un aiuto per il bilancio della Regione. Il che è un modo sbagliato di interagire”.

Perché?

“Dovremmo pretendere quello che ci spetta. Non avremmo dovuto fare l’accordo sui contenziosi, ad esempio. Altro caso: sulle trivellazioni io sono fra quelli che ritiene che si possano fare, ma non ‘a gratis’”.

Insomma, secondo lei c’è un po’ di sudditanza verso Roma da parte del governo regionale?

“Un po’? Completamente sudditi. E ci si diletta a costruire fantasmi, mostri”.

Di certo per il momento va per la maggiore l’ala renziana del partito, che in passato con lei ha avuto più di uno scontro, e mi riferisco in particolare a Davide Faraone. Come valuta l’influenza dei renziani sul Pd siciliano e sul governo regionale?

“Io più che un’influenza vedo un blocco dell’azione politica, grazie all’area renziana. Non siamo di volta in volta in condizione di esprimere nulla. Questo tipo di rapporto con Roma non può essere la soluzione al problema. Il presidente della Regione poteva essere autonomista e invece ha deciso di sperare in qualche miracolo. Che non ci sarà”.

Che intende dire? Cosa si aspetta per la Regione?

“La prospettiva non è rosea. E per questo avremmo bisogno di una rappresentanza la più alta possibile. Anche a livello di governo locale. Non si può sentir dire ‘siamo contrari ai partiti dei sindaci’ se poi si decide per scelte che faranno sì che non avremo sindaci eletti”.

Come ad Agrigento?

“Non solo. Diamo l’impressione di essere un partito pigliatutto. E attenzione, io sono per allargare al massimo: se io a Enna prendo il 45 per cento è proprio perché allarghiamo, ma bisogna stare attenti se questo non viene fatto nella direzione giusta”.

Ma in fondo anche con Lombardo al potere, all’epoca sotto la retorica dell’autonomismo, un po’ tutti si buttavano sotto le insegne del governo. Diverse persone sono ancora lì. 

“Non solo, ma anche le stesse logiche. Quella era un’operazione trasformista ed erano più o meno gli stessi uomini di Cuffaro. Noi non possiamo diventare il partito dei gattopardi”.

Ora alla retorica dell’autonomismo si è sostituita quella della rivoluzione…

“Più che della rivoluzione, della confusione”.

Confusione perché si è cambiato troppo e troppo spesso?

“Si è cambiato tutto per poi alla fine non cambiare niente. La legalità da sola non è sufficiente a determinare lo slancio della ripresa economica. Io non vorrei che tanti di noi si convincessero che questa sia la soluzione dei problemi”.

Lei fu un grande oppositore del sostegno del Pd a Lombardo.

“Io vedevo tutti i rischi di un’operazione trasformista. Era solo un’operazione di scambio. Ci fu una sordità rispetto alla denuncia di quei rischi. Non c’è dubbio che favorire la disgregazione del centrodestra fu un’operazione anche intelligente, ma non dovevamo omologarci, c’erano altri modi. C’era qualcuno che ha venduto una storia per una poltrona di direttore generale”.

Tra i registi di quell’operazione fu Beppe Lumia, suo grande oppositore. Che è rimasto in un ruolo di primo piano nell’era di Crocetta, a partire dalla sua candidatura.

“Io non darei a Lumia tutta la responsabilità. Poi che lui sia stato uno dei protagonisti è fuori discussione. Ma anche la direzione nazionale ha avuto le sue. Ha assistito senza agire”.

Secondo lei la legislatura regionale durerà cinque anni?

“Non lo so, so che è finita la spinta propulsiva, come si usava dire un tempo. Quello che si sta registrando è questo. Se arriverà a cinque anni non lo so, non faccio il mago”.

La retorica dell’antimafia non basta più?

“C’è chi che come me l’ha sempre denunciata come retorica. Ma su cose di questo genere io preferirei che non ci fosse un epilogo così triste. L’azione dell’antimafia è stata utilizzata solo come copertura di grandi interessi economici”.

L’antimafia è servita a costruire carriere, non solo in politica. Pif ad esempio, che disse in una manifestazione del Pd che lei doveva essere allontanato…

“… cacciato a calci nel sedere”.

Ecco, a lui l’antimafia trasposta nel cinema ha dato un grande slancio. Come la prese lei quella volta?

“Non lo so, io mi auguro che la sua antimafia sia genuina. Il dato politico rimane. Io non ho mai chiesto i voti ai mafiosi, c’è chi lo ha fatto e viene considerato autorevole, io non ho mai consumato affari con personaggi ambigui, c’è chi lo fa ed è considerato autorevole. Io ricordo che a Enna volevano fare la più grande discarica della Sicilia, io mi opposi e fui additato come uno che era contro l’antimafia”.

E torniamo a Enna. E alla domanda di partenza: alla fine si candiderà a sindaco?

“Io non sono mai stato uno che ha deciso da solo. Io ho sempre fatto le scelte con il mio partito. Venerdì si riunisce la direzione cittadina. Qui abbiamo un partito, con i suoi organi. Ora scopro che sono tutti diventati renziani, è una specie di malattia. Io non l’ho presa, vivo a mille metri d’altezza, preferisco guardare le cose dall’alto”.

E poi la sua è l’unica provincia dove Renzi non ha vinto il congresso…

“Non solo. Io ho preso più che Renzi in Italia. Lui si vanta tanto del suo 41, io a Enna faccio il 45”.

Però non le si perdona un video in cui lei conversa con un personaggio che poi fu condannato per mafia. 

“Io pensavo che mi avrebbero dovuto dare un premio, perché avevo mandato a fare in culo un mafioso (nel video finito nell’inchiesta durante una conversazione in un hotel su appalti, assunzioni e politica, Crisafulli dice ripetutamente all’interlocutore “Fatti i c. tuoi”, ndr). Questo si vede nel video. Io di certo voti non gliene ho chiesti. Che vuole? La vita è bella perché è varia, ma non ci intimidiamo. Abbiamo passato di peggio”.


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