Latitanza a Malta, tra ristoranti e casinò |I particolari della cattura di Brunno - Live Sicilia

Latitanza a Malta, tra ristoranti e casinò |I particolari della cattura di Brunno

Il boss, al momento dell'arresto, si è complimentato con i poliziotti: "Bravi, avete preso un mafioso di rango". Il latitante aveva forti interessi anche a Scordia nel catanese, la cosca Nardo rappresenta la "cerniera" dei Santapaola per quel territorio.

CATANIA – Non si faceva mancare nulla. Ristoranti, un bell’appartamento, e anche i soldi necessari per qualche puntatina al Casinò. La residenza forzata a Malta di Sebastiano Brunno, boss di primo piano del Clan lentinese Nardo catturato ieri, costava un bel po’ alla cosca siracusana. La sua latitanza è stata finanziata interamente con le estorsioni “incassate” dal clan nella piana di Catania, da Augusta a Lentini, passando per Scordia.  Ma per un “mafioso attivo e di primo ordine” come è Sebastiano Brunno, il gruppo criminale, alleato storico dei Santapaola Ercolano, non ha badato a spese. Per cinque anni “ha protetto e supportato” il “capo” per evitare la sua cattura, ed inoltre ha “mantenuto economicamente” tutta la famiglia Brunno.

La conferenza stampa alla Questura di Catania

Da mesi Malta era sotto osservazione. Gli investigatori avevano capito che il boss poteva aver trovato rifugio nell’isola del Mediterraneo. Poi, un fiancheggiatore di Brunno è partito con un volo da Catania alla volta de La Valletta ed è scattato il pedinamento. Una volta atterrato ha preso un taxi diretto verso San Pawl Il Bahar, cittadina a 17 chilometri dalla capitale. Il suo comportamento è sempre stato circospetto: scende dall’auto e inizia una lunga passeggiata, fino a un palazzo di tre piani, dove entra. Inizia l’osservazione: dopo qualche ora, intorno alle 13, l’uomo partito dalla Sicilia finalmente esce dall’edificio in compagnia proprio di Brunno. Stavano andando a pranzo, in uno dei bei ristoranti della zona. I due vengono bloccati dai poliziotti, il latitante mostra un documento falso con la sua foto ma le generalità di un palermitano, qualche anno più giovane di lui. Ma Brunno sapeva già di essere in trappola. “Ai poliziotti ha detto” – riferisce il dirigente della Mobile di Catania, Antonio Salvago – : “Bravi, avete arrestato un mafioso di rango”.

Brunno è il capo egemone della cosca Nardo. E un personaggio della criminalità organizzata con consistenti interessi criminali nel territorio lentinese ma, anche con importanti ricadute anche su Catania. “Ricordiamo – evidenzia Salvago – che i Nardo solo la cerniera storica dei Santapaola per quanto riguarda la zona di Scordia”. Una sorta di lasciapassare per cosa nostra etnea nell’area al confini con Lentini e Carlentini, dove i Nardo hanno pieno potere intimidatorio e di controllo.

Fiuto da segugio e intuito investigativo. Sono questi gli unici elementi che hanno portato alla cattura del superlatitante, inserito nelle lista dei 100 ricercati più pericolosi. Nessuna intercettazione o soffiata di qualche pentito. “Si tratta di un’indagine pura – vuole precisare il Questore di Catania, Salvo Longo – tipica dell’attività di polizia”. Il suo arresto era tra le priorità della Squadra Mobile di Catania e ieri “è stato raggiunto questo brillante risultato” chiosa Longo. “Un obiettivo raggiunto anche per la grande capacità di fare squadra” – sottolinea il Questore di Siracusa, Mario Caggegi. Il pool, coordinato dalla Dda etnea, che ha lavorato alla cattura di Brunno era composto da agenti della Mobile di Catania e Siracusa, dello Sco di Roma con il supporto del servizio di Cooperazione Internazionale e della polizia maltese.

Il fiancheggiatore pedinato dagli investigatori avrebbe avuto un ruolo ben preciso. Sarebbe stato la cerniera tra il latitante e l’organizzazione criminale. “I contatti con la cosca  – afferma il funzionario dello Sco, Alfonso Iadevaia – avvenivano ‘de visu’. Un messaggero veniva inviato periodicamente a Malta. Quello che abbiamo seguito altri non era che una sorta di esattore, che portava i soldi necessari al mantenimento e le ambasciate del clan”. E questa persona si sarebbe recata sull’Isola almeno due volte al mese. Al momento non vi è stato nessun provvedimento nei confronti del presunto fiancheggiatore. Sono in corso ulteriori indagini, che riguardano non solo l’indagato ma anche diverso materiale ritrovato nel corso della perquizione della casa dove abitava Brunno. In particolare un cellulare con una sim maltese, un pc portatile e la carta d’identita falsa. Sequestrata una somma di mille e cinquecento euro ben conservata nell’appartamento, dotato di tutti i confort.

Gli investigatori ritengono che Brunno sia arrivato a Malta a fine 2013. In quello stesso periodo, infatti, il latitante era stato “stanato” e la polizia era ad un passo dalla cattura. Brunno era stato localizzato in provincia di Catania, nell’area confinante con il territorio di Siracusa. Zona dove trovano rifugio molti ricercati della criminalità organizzata. Un intoppo, purtroppo, ritardò il blitz. Brunno aveva già pianificato la sua fuga all’estero.

Il funzionario dello Sco, intervenuto alla conferenza stampa in rappresentanza del Direttore Raffaele Grassi evidenzia un punto. “Non ci troviamo davanti alla cattura di un mafioso in pensione, che aveva deciso di trascorrere un periodo di villeggiatura all’Isola di Malta. Brunno è un mafioso attivo e strategicamente inserito nell’organigramma della cosca. E’ anche per questo che l’organizzazione ha deciso di sostenere economicamente la sua latitanza, prendendosi tutti i rischi del caso”.

“Sostenere la latitanza di un affiliato – spiega Tito Cicero, dirigente della Mobile di Siracusa – significa avere puntati addosso gli occhi delle forze dell’ordine. Significa arresti e sequestri”. Brunno è un personaggio di vertice, di un elevata pericolosità. Condannato definitivamente all’ergastolo per l’omicidio di Nicolò Agnello, ucciso nel 1992 durante una cruenta guerra mafiosa tra i Nardo e i Di Salvo, il superlatitante è uomo di spicco di una cosca che da decenni si è resa protagonista di atti di sangue di grande spessore criminale. Basti pensare alla tentata strage di San Marco, con cento pallottole e tre bombe a mano. Una forza di fuoco “pericolosa” quella del clan Nardo, che con l’alleanza dei Santapaola Ercolano, riveste un ruolo di primissimo piano nel panorama criminale della Sicilia Orientale. E promettono gli inquirenti, la cattura di Brunno è solo il primo tassello di un’importante indagine.

Sebastiano Brunno

Non era la prima volta che Brunno viveva un periodo di latitanza. Era stato catturato alla fine degli anni’90, dopo due anni uscì dal carcere per decorrenza dei termini della misura cautelare. Nel 2009 fu spiccato l’ordine di carcerazione dalla procura generale di Catania, ma sfuggì all’arresto.  “Nel giugno del 1999 – racconta il dirigente Cicero – era stato arrestato insieme ai fratelli Giuseppe e Paolo Furno nelle campagne di Carlentini. In quella stessa circostanza promise ai poliziotti – ricorda con il sorriso – la prossima volta non sarà così facile prendermi”. I mezzi per mantenere la promessa ce li ha messi tutti: ha anche lasciato la Sicilia. Ma ieri ha dovuto ricredersi e farsi mettere i braccialetti ai polsi. E, dalla foto scattata pochi minuti dopo l’arresto, si può ben capire che i poliziotti “gli hanno rovinato la giornata”.

 


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