L'avvocato di Buscetta: | "Riina vuole depistare" - Live Sicilia

L’avvocato di Buscetta: | “Riina vuole depistare”

(Di Guido Ruotolo, tratto da "La Stampa") "Nel momento in cui le indagini dell’autorità giudiziaria sembrano essere arrivate a una svolta per fare luce sulla stagione stragista di Cosa nostra, Totò Riina interviene pesantemente per tentare di depistare le indagini". Luigi Li Gotti, avvocato storico dei pentiti di Cosa nostra, da Tommaso Buscetta a Giovanni Brusca, parlamentare Idv ed ex sottosegretario alla Giustizia, commenta le ultime esternazioni del Capo dei Corleonesi.
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(Di Guido Ruotolo, tratto da “La Stampa”)

“Nel momento in cui le indagini dell’autorità giudiziaria sembrano essere arrivate a una svolta per fare luce sulla stagione stragista di Cosa nostra, Totò Riina interviene pesantemente per tentare di depistare le indagini”. Luigi Li Gotti, avvocato storico dei pentiti di Cosa nostra, da Tommaso Buscetta a Giovanni Brusca, parlamentare Idv ed ex sottosegretario alla Giustizia, commenta le ultime esternazioni del Capo dei Corleonesi: “E’ passato quasi un ventennio da quella stagione stragista. In quella tragica storia anche la politica ebbe un ruolo. Come lo ebbero, probabilmente, anche pezzi delle istituzioni. E’ il tempo ormai che anche da questi mondi arrivino testimonianze di verità”.

Avvocato Li Gotti, partiamo da Riina e dalle sue esternazioni: la trattativa e il papello.
“Riina sostiene di essere stato l’agnello sacrificale di questa trattativa. Il primo problema gravissimo che dobbiamo ancora risolvere è la collocazione temporale di questa trattativa. Abbiamo due fonti diverse che ci offrono due scenari diversi. La prima è rappresentata dal generale dei carabinieri, Mario Mori, che colloca il primo incontro con Vito Ciancimino il 5 agosto del 1992, cioè dopo le stragi Falcone e Borsellino. In aula, a Caltanissetta, Mori ha sostenuto che Borsellino non gli ha mai parlato di una trattativa. E che dopo Capaci, strinse con lui un rapporto privilegiato. Mori e il capitano De Donno furono convocati, il 26 giugno di quell’anno, alla caserma Carini dei carabinieri. E, in quell’occasione, Borsellino, secondo quanto riferito da Mori, disse loro che bisognava riprendere in mano il rapporto del Ros su “mafia e appalti””.

L’altra fonte colloca a prima della strage di via D’Amelio l’inizio della trattativa.
“Fu lo stesso capitano De Donno a dirlo in Aula, a Firenze. Se la trattativa effettivamente fu avviata tra le stragi Falcone e Borsellino, allora si può ipotizzare che Borsellino fu eliminato perché si opponeva alla trattativa”.

E se invece fosse iniziata dopo le due stragi?
“Quale sarebbe stato l’oggetto di questa trattativa? La cattura di Riina? In cambio magari della mancata perquisizione della casa di via Bernini? Oppure la fine dello stragismo? Sappiamo però che le stragi continuarono”.

Avvocato Li Gotti, quella stagione fu solo farina del sacco dei Corleonesi?
“E’ fuori discussione che su Falcone e Borsellino pendesse da tempo la condanna a morte del tribunale di Cosa nostra. Ciò che porta a ipotizzare la presenza di soggetti esterni alla mafia è l’introduzione di una metodologia stragista nel portare avanti la carneficina”.

Quali sono state le motivazioni di questa presenza esterna a Cosa nostra?
“Intanto la necessità di neutralizzare una minaccia incombente rappresentata dalla volontà di Borsellino di riprendere le indagini del Ros sui rapporti mafia e appalti. Attenzione, di quel rapporto si conosceva solo la versione spurgata dei nomi dei politici, non quella completa”.

Un po’ riduttiva questa interpretazione.
“Ho parlato di neutralizzazione di una minaccia. Paolo Borsellino, nella sua ultima intervista parlò di nuovi soggetti che emergevano. Parlò dello stalliere di Arcore, Vittorio Mangano, di Marcello Dell’Utri. Il paese, intanto, stava marciando spedito a un ricambio di assetto politico. Di un nuovo soggetto politico già si parlava in quel tragico 1992”.


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