Le spese 'pazze' per i collaboratori | Ecco gli atti che nessuno ha letto - Live Sicilia

Le spese ‘pazze’ per i collaboratori | Ecco gli atti che nessuno ha letto

I capigruppo davanti alla Corte dei conti: "Il decreto di Ardizzone? Non ne sappiamo nulla"

PALAZZO DEI NORMANNI
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PALERMO – “Non ne sapevamo nulla”, “lo abbiamo scoperto adesso”, “se solo l’avessimo saputo”. Interrogati dalla Corte dei Conti sulle assunzioni di collaboratori esterni all’Ars, tutti i capigruppo dell’Assemblea regionale siciliana, da Forza Italia al Pd, passando per il Movimento 5 stelle, pochi giorni fa sono cascati dalle nuvole. I capigruppo si sono detti sorpresi di alcune delle contestazioni dei magistrati contabili: in particolare, di fronte al riferimento al decreto dell’ex presidente Giovanni Ardizzone che chiariva in modo dettagliato come comportarsi per le assunzioni del personale dei gruppi.

Sembra un vero e proprio “giallo”. Nessuno di loro, compresi i grillini, avrebbe letto questo documento. Nessuno pare averlo ricevuto. Nessuno dei presidenti dei gruppi parlamentari sa di cosa si sta parlando. Per la capogruppo del M5s all’Ars, Valentina Zafarana, addirittura, “serve più trasparenza sugli atti e i Dpa dell’ufficio di presidenza”. Dubbi tali da far sospettare persino dell’esistenza stessa di quel documento.

Eppure questo documento esiste. E’ il numero 293, ed è datato 22 novembre 2017. Ed esiste anche una circolare del segretario generale Fabrizio Scimè, inviata il 22 dicembre 2017, “agli onorevoli presidenti dei gruppi parlamentari” dell’Ars “in occasione dell’inizio della XVII Legislatura” con una “sintesi del quadro normativo in materia di organizzazione e funzionamento dei gruppi”. Con questo atto, il massimo dirigente di Palazzo dei Normanni dava di fatto attuazione al precedente decreto di Ardizzone.

Cosa non va in tutte quelle assunzioni è chiaro e lo evidenzia la Corte dei Conti: non va bene il numero degli esterni, che attualmente sono più dei dipendenti; non va bene la parcellizzazione dei contributi per assumere più gente possibile, e non vanno bene le corrispondenze competenze-retribuzioni. Quello che si chiede ai deputati è di considerare le cifre a disposizione per le spese del personale dei gruppi come “massimi” e non come “minimi”. Il sacco è pieno ma non è detto che si debba svuotare completamente, se non è strettamente necessario. “Saranno così possibili dei risparmi di spesa – scrive la Corte – in quanto la retribuzione potrà raggiungere l’ammontare del contributo soltanto qualora ne ricorrano i presupposti di versamento il conto mi ha risparmiato costituirà un avanzo di gestione e dovrà essere riversato all’Ars”. 

Ardizzone si era spinto addirittura oltre, scrivendo che “è stato fissato in 58.571,44 euro il costo massimo di UNA unità di personale di categoria D, posizione economica D6” e che è opportuno tenere conto “nella determinazione del contributo, anche della quantità e della qualità delle prestazioni lavorative svolte dal singolo dipendente, così come auspicato dalla Corte dei Conti”. Insomma, secondo la Corte non solo i capigruppo non erano obbligati a spendere tutto, ma avrebbero dovuto calibrare le spese sulla base del lavoro del dipendente. In qualche caso, come è emerso nel corso dell’ultima audizione, il ricorso a ‘superminimi’ e altre indennità non era giustificato.

Ecco qual era il contenuto del decreto misterioso, quello che spiegava la ratio della norma voluta da Monti in termini di spending review e che invece, all’Ars, rischia di essere completamente capovolta. Ma i capigruppo non avrebbero visto nè questo, nè la circolare che ne dava attuazione.

Storia a parte per i cosiddetti “stabilizzati”, lavoratori che ad ogni cambio di legislatura concludono il loro contratto per ricominciare poi con l’insediamento dei nuovi gruppi. Per loro l’Ars fissa “un contributo complessivo massimo per ciascuna unità di personale inserita nell’elenco nominativo” e anche quelle somme rientrano nel contributo erogato per le spese di funzionamento dei gruppi parlamentari.

Una cosa è certa: serve una legge, “una definitiva risistemazione della materia”, scrive la Corte dei Conti.  E speriamo che stavolta il messaggio arrivi a destinazione.


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