Legge sugli appalti, bilancio, musei | I flop “incostituzionali” di Crocetta - Live Sicilia

Legge sugli appalti, bilancio, musei | I flop “incostituzionali” di Crocetta

L'impugnativa di oggi, voluta dal governo Renzi, è solo l'ultimo caso di una sfilza di leggi e provvedimenti del governo regionale che avrebbero violato la Costituzione. Dal mutuo all'uso dei Fondi per gli investimenti in finanziaria, fino alle nomine dei dirigenti generali.

PALERMO – Maledetta Costituzione. Chissà se qualcuno, tra i corridoi di Palazzo d’Orleans l’avrà pensato. O detto. Fatto sta che in questi tre anni (poco meno) di governo Crocetta, le norme incostituzionali o a rischio di incostituzionalità varate dall’esecutivo iniziano a essere un po’ troppe. L’impugnativa della legge sugli appalti, decisa oggi dal governo romano è solo, infatti, l’ultimo caso. Ma tra gli interventi della Consulta, del Consiglio dei ministri e del Commissario dello Stato, non si contano più le “censure” di quel tipo mosse alle leggi del governo poi ratificate dall’Ars.

La legge sugli appalti, come abbiamo detto, è solo l’ultimo caso. Ed è, a dirla tutta, il secondo serio intervento del governo centrale da quando il Cdm si è sostituito al Commissario dello Stato. Da quando, insomma, la verifica di costituzionalità delle norme siciliane è passato dalle sale di Piazza principe di Camporeale a quelle di Palazzo Chigi. Pochi mesi fa, infatti, il governo ha impugnato un pezzo di Finanziaria regionale. Si tratta, in particolare, degli articoli che prevedevano l’utilizzo del Fondo di sviluppo e coesione per la copertura della spesa corrente per gli anni 2016 e 2017. Un escamotage usato dal governo per mettere su un bilancio che in piedi da solo non stava. Peccato però che quei fondi, per legge, possano essere utilizzati solo per gli investimenti e non per la spesa corrente. Così, il Consiglio dei ministri ha deciso di chiudere un occhio per il 2015 (sarebbe stato impossibile, altrimenti, chiudere il bilancio) e ha bocciato l’utilizzo per gli anni successivi. Soldi (tanti, oltre un miliardo di euro) che adesso il governo Crocetta dovrà cercare di reperire altrove.

Ma gli scivoloni costituzionali del governatore nella maggior parte dei casi riguardano provvedimenti nati sotto l’apparente necessità “moralizzatrice” e anti-casta. Tra questi, il famoso “tetto” fissato da Crocetta agli stipendi dei dipendenti regionali. Un limite di 160 mila euro, a dire il vero molto elastico, visto che il conteggio riguarda una parte dell’indennità complessiva del dirigente. Poco meno di un anno fa la Regione ha anche chiesto al Cga se quel limite potesse essere applicato ai dirigenti esterni. I giudici amministrativi di secondo grado sono andati oltre, indicando il rischio di incostituzionalità di quel provvedimento, e hanno consigliato l’utilizzo del “tetto” deciso dal governo centrale: 240 mila euro. Insomma, di fronte ai ricorsi la Regione potrebbe trovarsi a soccombere. E a dire il vero, sul tema “dirigenti” c’è già una condizione di “incostituzionalità latente” da molti anni. Non è, insomma, stata causata dall’operato del governo Crocetta che si è limitato a percorrere la strada dei suoi predecessori.

Adesso, però, sulla Regione pende un ricorso che potrebbe avere conseguenze devastanti. Lo ha presentato l’ex dirigente generale del Turismo Marco Salerno. Il ricorso riguarda nello specifico la nomina a direttore dei Beni culturali del dirigente generale Gaetano Pennino arrivata lo scorso 5 marzo del 2015, dopo la revoca all’incarico di Rino Giglione, entrato in conflitto anche col neo assessore Antonio Purpura in occasione della vicenda riguardante il siluramento dell’ex soprintendente di Siracusa Beatrice Basile. Un incarico illegittimo, secondo Salerno, perché affidato a un dirigente non appartenente alla prima o alla seconda fascia, come previsto dalla legge 10 del 2000. Una tesi implicitamente confermata da una sentenza, quella che ha respinto il ricorso di altri due dirigenti (Salvatore Taormina e Alessandra Russo) contro la nomina a Segretario generale di Patrizia Monterosso. Un ricorso respinto proprio perché i due dirigenti, di terza fascia, non potevano aspirare a quel ruolo. E l’incostituzionalità dove sarebbe? Semplice: nel 2003 l’Ars aveva provato a estendere ai dirigenti di terza fascia il diritto a ricoprire l’incarico di capodipartimento. Una legge cassata dal Commissario dello Stato che l’ha giudicata, appunto, incostituzionale. Ma da allora si è andato avanti come se nulla fosse successo. E anche le nomine dell’ultimo governo hanno ignorato quella impugnativa. La maggior parte dei dirigenti generali, tutt’ora, è di terza fascia.

Certamente incostituzionale, poi, è un’altra decisione del governo. E stavolta il terreno sul quale è nuovamente scivolato l’esecutivo di Crocetta è quello dei Beni culturali. A dire il vero, in questo caso, l’errore è in “compartecipazione” tra il governo in carica e quello precedente. Una norma voluta dal governo Lombardo all’interno della vecchia “legge sugli appalti” infatti aveva introdotto, come criterio per partecipare alle gare pubbliche, il cosiddetto “conto dedicato”. Una specie di conto corrente esclusivamente utilizzato per le operazioni del bando. Sulla base di questa norma, Crocetta decise di stoppare gare milionarie, già in fase di aggiudicazione, per i servizi aggiuntivi nei musei siciliani. Il ricorso dei privati costretti a fermarsi a causa del decreto dell’allora dirigente generale Gelardi, hanno presentato ricorso. Vinto. La norma del governo Lombardo era incostituzionale perché invadeva un ambito statale (così come avvenuto proprio in occasione dell’impugnativa di oggi). E l’applicazione di quella norma da parte di Crocetta è illegittima.

Esiste poi, secondo molti esperti, un caso che potremmo definire di “incostituzionalità legalizzata”. È quello che riguarda il recente mutuo da 1,8 miliardi di euro acceso dal governo. Il cosiddetto “salvaimprese”. Secondo economisti come l’ex preside della facoltà di Economia di Palermo Vincenzo Fazio o come il collega Massimo Costa, “il mutuo, Costituzione alla mano, potrebbe essere utilizzato solo per gli investimenti”. E non per ripianare i debiti, appunto. Ma difficilmente la legge con cui è stato acceso il mutuo verrà impugnata. Dovrebbe essere lo Stato a farlo. Ma è lo stesso governo centrale ad aver richiesto alla Sicilia quel provvedimento. A dire il vero, però, la questione non è ancora chiusa. Anzi. Una recente sentenza della Consulta che ha “colpito” la Regione Piemonte ha puntato l’indice contro l’utilizzo non corretto di quelle anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti. Una condizione che potrebbe riguardare anche la Sicilia. Ne sono convinti, ad esempio, i militanti di “Progetto Sicilia”, un movimento sicilianista che ha già annunciato la presentazione di un ricorso in sede civile per l’annullamento di tutti i mutui accesi dalla Regione con la Cassa.

E se questi sono i casi più evidenti, altre micro-storie di incostituzionalità sono sparse come molliche lungo il cammino di questa legislatura. Il Tar, ad esempio, ha definito illegittima una norma riguardante l’accreditamento degli enti di Formazione e sulla quale erano fortissimi i dubbi di costituzionalità: si tratta del divieto di partecipare ai contributi pubblici per quegli enti che avevano in corso un contenzioso con la Regione. Una norma che ledeva i principi costituzionali in maniera fin troppo plateale e bocciata direttamente dai giudici amministrativi. E ovviamente le impugnative del commissario dello Stato (diverse e molto dure) rappresentano un bignami dell’incostituzionalità. Che si esprime, in molti casi, nell’assenza di una copertura finanziaria certa alle norme. E sono state più di cinquanta quelle delle Finanziarie di Crocetta a essere state cassate dal prefetto Carmelo Aronica. E c’è di tutto: da una sfilza di contributi a pioggia per vari lavoratori, alle norme su Irfis, fino alle promozioni alla Seus (riproposto nell’ultima legge di stabilità). E ancora, alcune norme-spot come il contributo di solidarietà per le pensioni più “ricche”, il contributo alle spese di viaggio per i pazienti delle piccole isole, l’articolo “salvapetrolieri” che avrebbe ridotto le royalties da corrispondere alla Regione o gli “aiuti alle coppie di fatto”. Una bocciatura, quest’ultima, che Crocetta bollò come un “atto di oscurantismo”. In realtà, il governo non aveva detto con quali soldi avrebbe finanziato quello spot. In fondo, lo imponeva solo la Costituzione.


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