PALERMO – “Mio marito e mio figlio hanno subito diverse intimidazioni. Lettere, sia quando stavamo a Bologna sia a Palermo, minacciavano lui e mio figlio di morte. Una missiva con dei bossoli arrivò a Palermo e poi infatti diedero la scorta a Vito Andrea. Alcuni biglietti me li ha fatti vedere mio marito, altri me li ha solo letti; una volta trovarono anche una pistola in via Torrearsa, dove abitavamo, l’abbiamo vista assieme”. Racconta così quegli anni “in bilico” la ex moglie di Massimo Ciancimino, Carlotta Messerotti, che ha deposto al processo sulla trattativa Stato-mafia, in cui l’ex marito è imputato per concorso in associazione mafiosa e calunnia. “Mio marito fu arrestato a Parma, davanti a mio figlio – ha spiegato la donna parlando delle manette scattate nel 2011 per il reato di calunnia – Potevano farlo quando il ragazzo non c’era. Sarebbe stato meglio”. Messerotti ha poi parlato di quei fogli contraffatti dal marito che lo portarono alla imputazione per calunnia. “Non mi ricordo bene chi gli diede i documenti che poi si disse che erano manomessi – ha detto – Mio marito mi parlò di una persona, un certo Rosselli, forse. In uno dei colloqui, a Parma, gli consigliai di dire tutta la verità. Chiesi il divorzio già prima dell’arresto. Vivevamo sempre in bilico, sull’orlo del baratro. Ero stanca di questa vita. Minacce, perquisizioni. Io volevo che lui raccontasse tutto subito, per fare finire al più presto questa storia”.
“Prima che io e Massimo ci sposassimo, e anche dopo, spesso viaggiavamo e trasportavamo denaro. In alcuni casi in aeroporto c’erano auto della polizia che venivano a prenderci sotto bordo”. Lo ha detto l’ex moglie di Massimo Ciancimino, Carlotta Messerotti, al processo sulla trattativa Sato-mafia. “Ho sempre sentito parlare del signor Franco, ma Massimo non mi ha mai detto chi fosse – ha spiegato Messerotti – Una volta chiesi a Massimo se avesse falsificato documenti, dopo il suo arresto per calunnia. Lui mi rispose: ‘Ho aggiunto qualche cosa, aggiungere è falsificare?'”. Si è parlato anche del passaporto per il figlio Vito Andrea e dei presunti vantaggio ottenuti da Massimo Ciancimino in quell’occasione e in altri casi. “Mio marito quando gli chiesi com’era possibile che avessimo delle agevolazioni – ha spiegato – mi rispose che erano tutte dovute alla sua conoscenza con Gianni De Gennaro”.
“Volevo lasciare fuori da questa vicenda Gianni De Gennaro. Tutto è nato da quello che mi raccontò mio padre. Io non l’ho conosciuto, né avevo motivi per parlarne male. Mio padre mi diceva che parlare con il signor Franco era come parlare con De Gennaro”. Lo ha detto Massimo Ciancimino, rispondendo alle domande dell’avvocato Francesco Bertorotta, legale di Gianni De Gennaro, parte civile nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Secondo Ciancimino, sarebbe stato sempre un certo Rosselli a dargli quella fotocopia falsificata in cui è stato aggiunto a posteriori il nome di De Gennaro, accanto alla lista di dodici uomini delle istituzioni componenti del “quarto livello”, un sistema che comandava anche su Cosa nostra. “Fu lui a darmi questi documenti, dicendomi che potevano essere utili nei miei processi – ha spiegato – In successivi incontri mi diede altro materiale. Mi riferì di averlo avuto da qualcun altro, me lo presentò comunque come originale. Rosselli non era ben disposto verso De Gennaro”. (ANSA).