Liste e governo, Ars e Forza Italia | Per Micciché un anno di problemi - Live Sicilia

Liste e governo, Ars e Forza Italia | Per Micciché un anno di problemi

Tutto iniziò con la voglia di “riprendersi” la Regione. Ma ad ogni passo, un guaio. Dalle primarie mai svolte fino allo strappo dei ribelli.

Ve lo immaginate, c’è da esserne certi, tra le comodità e le mollezze della Torre Pisana. Lui, presidente del parlamento più antico d’Europa, a fare decantare storia e potere. E invece, a ripercorrere gli ultimi mesi di vita politica di Gianfranco Miccichè, non è escluso che qualcuno possa persino spingersi a una manifestazione di solidarietà. Anche se, a dirla tutta, il politico azzurro spesso ci ha messo del suo. Muovendosi a volte con eccessiva foga e mal riposto ottimismo, all’interno della cristalleria del centrodestra.

È stato comunque un anno duro, durissimo per Gianfranco. Mesi spesi a far tornare conti che non tornano mai. E a spostare un po’ più in là gli inevitabili scontri. Fin da quel giorno in cui il centrodestra siciliano, litigioso e diviso e in parte smottato altrove, decise che avrebbe vinto le elezioni regionali. Presentandosi tutto unito, attorno a un sol uomo. Ma quale uomo? Dopo tiri e molla, firme raccolte su palchetti, annunci di riunioni risolutive che non risolvevano mai nulla, ecco materializzarsi le “primarie”, strumento un po’ troppo “sinistro” per quei partiti. E così, salta il tavolo, il giorno prima di celebrarle quelle consultazioni, ed ecco i primi attacchi a Micciché, dall’interno del suo partito, principalmente. E da Nello Musumeci che le firme le aveva raccolte, per poi riporle suo malgrado nel cassetto.

Giorni caldi, caldissimi per il commissario regionale che avrebbe dovuto far rinascere Forza Italia. E più caldi ancora sarebbero stati quelli successivi, e non solo per l’avvento dell’estate, la caldissima estate scorsa che ha preparato la campagna elettorale. A dire il vero, in qualche caso Miccichè ha finito per complicarsi la vita da solo. Come in quel viaggio a Milano, utile a convincere Silvio Berlusconi sulla bontà della candidatura di quel Nello Musumeci che era troppo di destra e troppo poco berlusconiano. Gianfranco andò ad Arcore accompagnato da Gaetano Armao, l’uomo che avrebbe dovuto miscelare la rigidità destrorsa del candidato in pectore con gli ingredienti di un indignato moderatismo e di una efficiente professionalità. Come fu e come non fu, però, il Cavaliere si innamorò dell’avvocato Armao, evidentemente in grado di presentarsi così bene da uscire, da quella riunione, con i galloni del “preferito” dal Cav. Hai detto niente. Insomma, nel ritorno verso la Sicilia, Miccichè contava già i prossimi, prevedibilissimi problemi.

E previsione davvero troppo facile fu, visto che i giorni che seguirono portarono quel centrodestra unito a un passo dalla solita scissione. Uno spettro da allontanare persino per Gianfranco, che di alcune clamorose separazioni fu protagonista assoluto, col Pdl Sicilia prima, e col Grande Sud con cui si candidò affossando proprio Nello e portando Saro Crocetta a Palazzo d’Orleans.

Liti e comunicati. Endorsement e proteste. Alla fine, comunque si giunse a Nello Musumeci. Dopo quattro mesi circa di passione. Ma per Gianfranco non era finita. Si riapriva la partita delle liste. E lì, anche lì, ecco che Miccichè contribuisce non poco ai propri guai futuri, come farà anche in occasione di altri passaggi cruciali. Intanto, al grido di “alle nostre liste pensiamo noi”, Gianfranco disseminava di potenziali mine, il tragitto in campagna elettorale di Nello Musumeci. In qualche caso era pure sfortunato. Visto che a Priolo, ad esempio, proprio sotto elezioni arrestano il sindaco e candidato di Forza Italia (che qualche problemino in corso, a dire il vero, lo aveva già). In altri casi ci mette del suo, candidando senza alcun problema Luigi Genovese al posto del padre Francantonio, già condannato per questioni di Formazione professionale. E vai di critiche e attacchi al candidato, messo all’angolo dagli avversari col martellante riferimento agli impresentabili. Gianfranco, intanto, si mette in tasca i voti e va dritto.

Del resto nonostante (o anche grazie a) quelli Musumeci vince le elezioni. Ed ecco che per Gianfranco arrivano nuovi problemi. A cominciare da quelli portati in dote e srolotati nei giorni successivi, fino a poche ore fa, da Vittorio Sgarbi, portato nella giunta di Musumeci dopo un accordo con Berlusconi e lo stesso Micciché indicato dallo stesso critico d’arte come uno dei propri “sponsor”. Ma il problema vero, per il coordinatore azzurro non sarà Sgarbi. Sarà, semmai, la generosità espressa a parole nel corso della campagna elettorale nei confronti di tanti dirigenti di partito. Qualcuno di loro in quei giorni ironizzava più o meno così: ha promesso le tre poltrone in giunta a una ventina di persone. Che sia vero oppure no, fatto sta che il varo del governo Musumeci finirà per scatenare le prime reazioni in Forza Italia, da Trapani dove Tonino D’Alì inizierà a smarcarsi, a Siracusa dove i Cannata iniziano a fare la voce grossa. La tensione sale, ma almeno Gianfranco centra il suo vero obiettivo: farsi eleggere presidente dell’Ars. E vai con i nuovi problemi: a cominciare da un’elezione ottenuta anche con i voti dell’opposizione (il Pd, con tutti i problemi che ha, sembra indicare nel voto a Miccichè uno dei più gravi…). Elezione che lo stesso neopresidente ha voluto condire all’atto del suo insediamento con un discorso introduttivo che è presto diventato tema di dibattito nazionale: il tetto agli stipendi dei dipendenti dell’Ars. Altri guai, per Gianfranco, costretto a ripiegare in una vertenza sindacale per rimetterli sì, i tetti, ma non così bassi.

Ma il caos non era finito. Le elezioni politiche, e in particolare le liste decise dal coordinatore, hanno completato l’opera iniziata alle Regionali. E così, D’Alì decide di chiedere la testa politica di Miccichè, mentre all’Ars si forma un gruppetto di (chi più, chi meno) ribelli. Una di questi, Marianna Caronia, è già uscita dal gruppo parlamentare. Anche lei (come D’Alì e come altri) aveva chiesto di esautorare il leader siciliano del partito, anche a causa dei risultati delle elezioni nazionali. Che eppure, a guardar bene, Forza Italia in Sicilia un buon 20 per cento lo ha comunque portato a casa, a fronte di percentuali nazionali molto più basse. Eppure, sembra ce l’abbiano tutti con lui. Altro che comodità di Palazzo. Per Miccichè è stato un anno di problemi. Un anno di passione. Ma chi lo conosce, è pronto a giurare che Gianfranco non ne farà una tragedia.


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