Lo accoltella davanti al chiosco |Condannato a 14 anni - Live Sicilia

Lo accoltella davanti al chiosco |Condannato a 14 anni

La sentenza della Corte d'Assise.

i fatti sono avvenuti nel 2014
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CATANIA – E’ stato condannato a 14 anni di reclusione Filippo L’Abbate, accusato dell’omicidio di Angelo Di Bella, accoltellato al culmine di una lite scoppiata nella notte tra il 4 e 5 novembre 2014 davanti al chiosco di via Plaja a Catania. La Corte d’Assise di Catania, presieduta da Maria Spanto, ha escluso l’aggravante dei futili motivi e ha riconosciuto le attenuanti generiche, così come aveva chiesto in subordine il difensore di L’Abbate, l’avvocato Maurizio Abbascià. L’accusa, rappresentata in aula dal pm Angelo Brugaletta, aveva chiesto alla Corte una condanna a 24 anni di carcere.

E’ stato un processo dove hanno avuto un peso le perizie psichiatriche dell’imputato, che più volte ha avuto problemi relativi a disturbi mentali. Mentre la perizia di parte della difesa parla di “parziale infermità mentale”, il consulente della Corte d’Assise (il prof. Aguglia) invece ha ritenuto non vi fossero elementi a supporto di un’infermità, neppure parziale. L’avvocato Maurizio Abbascià per dimostrare i disturbi mentali di cui soffre da tempo l’imputato ha deposita negli atti del processo anche il sussidio di invalidità che gli è stato riconosciuto dall’Inps proprio per i suoi “problemi di salute mentale”.

Nel corso del processo è stata anche sviscerata la ricostruzione degli inquirenti di quanto accaduto quella notte. Tra Filippo L’Abbate e Angelo Di Bella sarebbe scoppiata una lite dopo uno scambio di offese. Prima L’Abbate avrebbe schiaffeggiato in pieno viso Di Bella e solo dopo qualche minuto avrebbe colpito quattro volte con un coltello a serramanico. L’imputato si è sempre difeso dicendo di aver reagito al fatto che Di Bella era armato con una spranga di ferro, che però non è mai stata rinvenuta. L’avvocato Abbascià, proprio in virtù di questo fattore, al termine della sua arringa aveva chiesto di riconoscere la legittima difesa o la legittima difesa putativa. In subordine il difensore aveva chiesto alla Corte d’Assise il riconoscimento delle attenuanti (evidenziando che quando sono arrivati i carabinieri non si è sottratto alla cattura) e l’esclusione dell’aggravante dei futili motivi. Sarà importante a questo punto leggere le motivazioni della sentenza che saranno depositate entro 90 giorni.


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