L'omicidio della moglie del padrino: la vendetta del disonore di Ferone - Live Sicilia

L’omicidio della moglie del padrino: la vendetta del disonore di Ferone

L'agguato nella casa di Nitto Santapaola ha cambiato la storia di Cosa nostra.

CATANIA – In via Giorgio De Chirico nella frazione Cerza di San Gregorio – dove oggi ci sarà un incontro con Claudio Fava sui fondi del Pnrr destinati ai beni confiscati – si è consumato uno dei momenti cruciali della storia di Cosa nostra catanese. Ma in quella palazzina tra le curve che portano da Catania a Ficarazzi, frazione castellese, vi è stata la plastica dimostrazione delle falle del sistema di controllo dei pentiti da parte dello Stato.

La moglie di Nitto Santapaola il primo settembre 1995 non ha avuto nemmeno il tempo di aprire la porta: forse non ha nemmeno compreso che sull’uscio del suo lussuoso appartamento – i cui interni LiveSicilia vi mostra in esclusiva – non c’era alcun poliziotto. Giuseppe Ferone ha sparato contro Carmela Minniti tutto il caricatore. E in pochi minuti si è dileguato grazie ai complici.

Quando i poliziotti sono arrivati a casa Santapaola hanno trovato la figlia Cosima sconvolta, in cucina c’era l’odore di manicaretti appena  preparati. Qualcuno ha raccontato che fossero per Nitto. Carmela Minniti avrebbe avuto in programma di andare a trovare il marito in carcere. Nitto Santapaola, da fonti di LiveSicilia, ha dato l’ultimo saluto alla moglie in una caserma dell’aviazione. Lui e la bara della donna con cui ha condiviso anche la latitanza. È proprio Carmela ad aprire la porta ai poliziotti nel 1993, quando il padrino di Catania è stato catturato a Mazzarrone.

È servito del tempo e un’altra donna ammazzata per arrivare a ricostruire la disonorata vendetta di Pippo Ferone, detto ‘camisedda’. Nessuno, né gli inquirenti né i mafiosi, aveva capito cosa fosse successo. Cosa nostra ha cercato addirittura all’interno il killer. Aurelio Quattroluni avrebbe usato l’omicidio della Minniti per poter ammazzare il nemico Vito Licciardello, all’epoca ai vertici operativi della famiglia mafiosa dei Santapaola. Sequestrato, interrogato e poi ucciso. Si ipotizza che il suo corpo, mai rinvenuto, fosse stato sciolto nell’acido.

Mentre gli investigatori non hanno una pista concreta per l’omicidio della donna, Santapaola in una delle udienze in corso all’aula bunker ha chiesto la pace. Una pace che non è mai arrivata. Quasi un anno dopo l’omicidio della consorte del boss dei boss, è avvenuta la strage del cimitero. La figlia di Antonino Puglisi ‘a savasta’, Santa, è ammazzata mentre pregava davanti alla tomba del marito. Il sicario non ha risparmiato nemmeno il cugino 14enne. Davanti a quelle morti innocenti, un complice ha deciso di vuotare il sacco. E ha indicato Ferone come l’assassino di Carmela Minniti e come il mandante dell’omicidio della figlia del boss Puglisi. In un primo momento il pentito-killer ha respinto quelle accuse. Ma poi è arrivato il nipote a chiudere il cerchio su di lui. Non ha più avuto scampo.

Qualche tempo dopo, Ferone ha anche tentato di rientrare – senza riuscirci – nel programma di protezione confessando anche l’omicidio di Carmela Minniti. “L’ho ammazzata per far provare a Santapaola, che non aveva fatto niente per bloccare i killer di mio padre e mio figlio, lo stesso dolore che io ho provato”, si legge in un articolo dell’epoca.

Già, Ferone si è vendicato. Ma perché? Per ricostruire la scia degli eventi è necessario andare lontano da via De Chirico. ‘Camisedda’ è stato un affiliato del gruppo di Pippo Sciuto “tigna”, che nei primi anni ’90 ha sancito un accordo criminale con i Laudani (i Mussi ‘i Ficurinia) e il clan ‘Savasta’ creando un cartello mafioso protagonista di una cruenta guerra di mafia. È il passo falso di Domenico Longo, legatissimo a lui, a scatenare un effetto domino senza pari. L’amico di ‘camisedda’ è entrato a gamba tesa in uno scontro dovuto a un’estorsione contesa. E una delle parti era Aldo Ercolano, figlio di Pippo e nipote di Nitto Santapaola. Il boss di ‘razza’ si è rivolto a Tano Laudani per risolvere la questione. Ma qualcosa è andato storto. Mimmo Longo però non ha seguito le direttive, firmando così la sua condanna. Laudani, che ha perso la faccia davanti a Ercolano, ha ordinato infatti il suo omicidio. E lo ha esternato anche agli ex alleati, i ‘Tigna’. Ma Pippo Ferone ha deciso di regolare i conti e ammazza Tano Laudani.

I Mussi i Ficurinnia, a quel punto, sono andati da Sciuto e hanno chiesto la testa del suo soldato. Pippo ’tigna’ però ha ritardato. I Laudani non hanno pazienza e lo hanno ammazzato. Nella sua casa. Ferone ad un certo punto è stato arrestato dalla Squadra Mobile. I Mussi allora hanno deciso di cambiare obiettivo. E di colpire ‘camisedda’ nel modo più gretto. E così hanno organizzato due agguati: ammazzano il figlio e il padre del killer. Dal carcere Ferone fa chiamare i magistrati della Dda: ha deciso di diventare un pentito. Ma la verità è che già aveva pianificato la sua vendetta. 


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