Lasciamo la polemica di Aldo Grasso e del Corriere al giudizio di chi pensa che sia opportuna o faziosa, per concentrarci su un punto focale, che ci riguarda da vicino. A Palermo c’è un sindaco. Non è detto che sarà un buon sindaco, si vedrà. Tuttavia, adesso, c’è un primo cittadino riconoscibile, avvicinabile e vivo. E’ già un elemento di forza e di rottura con il passato. Leoluca Orlando lo sa e ha battuto sul tasto dell’onnipresenza. Non ha tralasciato nulla: dalla serata-ricordo per Paolo Borsellino alle feste rionali. E’ una strategia da comunicatore sperimentato. E’ un marchio di sostanza. Era il segnale inziale più importante che Palermo, abbandonata e condannata da un’amministrazione invisibile, aspettava per ricominciare a respirare.
Non uno dei gravissimi problemi sul tappeto ha nel frattempo cambiato segno o colore. Non uno degli oscuri presagi circa il nostro destino si è dissipato. Le stimmate palermitane sanguinano. L’identità della gentilezza è corrosa dal bisogno e dalla violenza. La comunità è lacerata in contrade che assumono come virtù essenziale il vizio dell’appartenenza. Però sussiste una corposa differenza tra una nave in burrasca senza nocchiero e un equipaggio che abbia almeno una figura, un comandante in capo, un timoniere, sulla tolda, sotto lampi e tuoni. La presenza di sindaco e giunta rincuorano, anche se per il momento non risolvono alcunchè. L’altro giorno, gli automobilisti erano meravigliati nel vedere l’assessore Bazzi tra i dossi rimuovibili in via Libertà. Quasi un’apparizione miracolosa. Da quanto tempo non si avvistava un assessore per le strade?
E’ il passo che precede la maratona. Molti altri ne verranno. Alla fine del percoso giudicheremo Leoluca Orlando per il potere che ha avuto in concessione e per l’uso che ne avrà fatto. Intanto c’è un sindaco Palermo. E’ un cambiamento. Non ce n’era uno da quasi dieci anni.