Mafia e affari ad Altofonte | Sequestrati beni per 14 milioni - Live Sicilia

Mafia e affari ad Altofonte | Sequestrati beni per 14 milioni

L'ombra del boss Domenico Raccuglia. Sigilli a imprese edili, fabbricati e conti correnti.

MISURE DI PREVENZIONE
di
2 min di lettura

PALERMO – Valgono 14 milioni di euro i beni sequestrati a due imprenditori di Altofonte (La scheda). Si tratta di Salvatore Giuseppe Raccuglia, 54 anni (appartiene a lui la fetta più grossa che supera i 9 milioni), e Andrea Di Matteo, 47 anni. Nel mirino dei finanzieri, su ordine della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, sono finite due imprese edili, fabbricati, terreni, macchine e conti correnti.

Di Matteo fu arrestato nel dicembre del 2010 con l’accusa di essere un favoreggiatore di Domenico Raccuglia, esponente di vertice della famiglia mafiosa di Altofonte. Condannato 9 anni in primo grado, fu assolto in appello nel 2012. Nonostante l’assoluzione, secondo i finanzieri, ci sarebbero “forti discordanze tra il patrimonio posseduto dal nucleo familiare di Di Matteo e le fonti di reddito dichiarate”. Ed è scattato il sequestro della Nuova Scavi e Costruzioni srl che continua a lavoarre in amministrazione giudiziaria.

Il provvedimento di Raccuglia, solo omonimo del capomafia, colpisce un soggetto che gli investigatori definiscono “contiguo alla famiglia mafiosa”. Nella sua fedina penale pesa una sentenza di condanna a tre anni emessa dalla Corte d’Appello di Palermo. È accusato di avere coperto la fuga di Domenico Raccuglia, fornendogli “supporto logistico ed economico durante i vari incontri dell’allora latitante con i suoi congiunti”. In più occasione il boss riuscì a beffare gli uomini che gli davano la caccia. I familiari riuscivano a fare perdere le proprie tracce per diversi giorni per poi fare rientro a casa. Come se nulla fosse accaduto. Anche nel caso del Raccuglia, titolare di un’impresa che porta il suo nome (anch’essa passa in amministrazione controllata), sarebbe emersa una sperequazione fra i redditi dichiarati dal suo nucleo familiare e i guadagni accertati. Da qui l’ipotesi che abbai potuto impiegare patrimoni illeciti.

Contro Di Matteo e Giuseppe Raccuglia c’erano una serie di prove ritenute solide. A cominciare dalle riprese di una telecamera piazzata in un condominio nella zona di viale Michelangelo. Si vedeva un uomo, poi identificato in Giuseppe Raccuglia, mentre faceva salire in macchina la moglie dell’allora latitante. Dietro di loro, uno scooter con in sella, almeno così sostennero gli investigatori, Andrea Di Matteo che era stato immortalato anche da una telecamera nella piazza di Altofonte. In quell’occasione Di Matteo era in macchina e seguiva a distanza l’autobus su cui viaggiava la compagna del capomafia. Infine, arrivarono pure le intercettazioni. Di Matteo era socio di Salvatore Tafuri, anche lui arrestato di favoreggiamento. Assieme gestivano un impianto di calcestruzzo dove le cimici registrarono la voce Di Matteo. Parlava di soldi da “portare a quello”.

L’avvocato Tommaso De Lisi, con l’aiuto di alcuni periti, riuscì a dimostrare che l’uomo ripreso dalle videocamere nella piazza del paese in provincia di Palermo non era lo stesso del condominio di viale Michelangelo. Dalla comparazione della immagini venne fuori la differenza di altezza. Ed ancora: il “quello” a cui portare i soldi in realtà era “Totò”, e cioè Salvatore Tafuri, socio di Di Matteo.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI