Mafia, blitz tra Catania, Caltanissetta e Napoli: 15 misure NOMI -

Mafia, blitz tra Catania, Caltanissetta e Napoli: 15 misure NOMI

Ci sono 26 indagati, clan Cappello e Santapaola. Guarda il video
OPERAZIONE OLEANDRO
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CATANIA – Blitz della guardia di finanza tra Catania, Caltanissetta, Arezzo, Napoli e Udine. Oltre 120 finanzieri in campo, nel mirino ci sono 26 indagati, eseguite 15 misure cautelari e personali e un sequestro da 12 milioni di euro. I particolari.

Il blitz e le accuse

A vario titolo, gli indagati sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, usura, estorsione, traffico, spaccio di sostanze stupefacenti e riciclaggio di denaro, tutto aggravato dal metodo mafioso. L’organizzazione avrebbe reimpiegato in attivià economiche i proventi illeciti, non a caso l’operazione, che è stata ribattezzata Oleandro, è in corso tra diverse province.

L’inchiesta, coordinata dalla procura etnea, è stata condotta dal Gico del nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Catania ed è scaturita dall’operazione “Tuppetturu”. Tutto nasce da una intercettazione tra alcuni affiliati al clan Cappello, del gruppo Cintorino, che discutevano dei rapporti con i referenti del gruppo Picanello, braccio operativo dei Santapaola Ercolano.

Nomi che scottano

I destinatari della custodia in carcere sono Antonino Alecci detto ‘Nino’, Andrea Caruso, Nunzio Comis, Giuseppe Conti, Michele Agatino Cuffari, Alessandro De Luca, Giuseppe Gambadoro, Fabrizio Giovanni Papa; Giuseppe Russo detto ‘Il giornalista’, Carmelo Salemi detto ‘Melo’, Biagio Santonocito, Corrado Santonocito, Alfio Sgroi, Salvatore Alberto Tropea.

Agli arresti domiciliari è stato condotto Lorenzo Antonio Panebianco.

Durante le indagini è stato documentato il ruolo di Carmelo Salemi, detto ‘U Ciuraru’, noto imprenditore del settore floreale a Picanello. Insieme ad alcuni fedelissimi, Salemi avrebbe riorganizzato il gruppo mafioso dopo gli arresti della Procura. Nel 2020 Salemi è stato arrestato e, tra i possibili successori, gli inquirenti hanno individuato Giuseppe Russo detto “il giornalista” o “l’elegante”: sarebbe stato lui il nuovo reggente.

Salemi e Russo sarebbero “promotori e organizzatori dell’associazione a delinquere di stampo mafioso”, avrebbero organizzato i summit in una stalla di Picanello dei familiari di Alfio Sgroi, braccio destro di Carmelo Salemi.

Il gruppo Picanello

Del gruppo Picanello farebbero parte Antonino Alecci, Andrea Caruso, Giuseppe Gambadoro, Fabrizio Giovanni Papa e Alfio Sgroi, “ciascuno – scivono gli inquirenti – con ruoli ben definiti”.

‘Nino’ Alecci avrebbe rivestito un ruolo di primo piano all’interno del clan, sarebbe stato uomo di fiducia dello storico boss Giovanni Comis, reggente di Picanello dal 2013 al 2017. Alecci avrebbe anche gestito il gioco d’azzardo e raccolto i soldi delle estorsioni, comprese quelle di Natale e Pasqua. E ancora, si sarebbe occupato anche del traffico di droga.

Andrea Caruso, Giuseppe Gambadoro e Alfio Sgroi sarebbero stati i bracci operativi di Salemi e Russo, anche nei rapporti con i Santapaola e, a vario titolo, avrebbero gestito le estorsioni e il traffico di droga. Sgroi sarebbe stato il braccio destro di Salemi, interfacciandosi anche con i pusher locali.

I prestiti usurari

Il clan avrebbe gestito l’erogazione di prestiti a tassi usurari, minacciando le vittime per garantirsi il pagamento delle rate. Numerosi i finanziamenti concessi, da 500 a 2.500 euro, da rimborsare in rate settimanali con un tasso oscillante tra il 140 e ilo 350% annuo.

Nunzio Comis sarebbe stato uno dei protagonisti di questo sistema, arrestato nel 2020 mentre riscuoteva una rata da un imprenditore. Comis avrebbe utilizzato un telefono aziendale intestato a un’altra persona, facendosi chiamare ‘Melo’: gli appuntamenti erano in un noto bar e i soldi venivano consegnati a Lorenzo Panebianco.

Si sarebbero occupati di usura anche Giuseppe Gambadoro, Corrado Santonocito e Biagio Santonocito.

La cassa comune

Dalle indagini è emersa l’esistenza di una cassa del clan, in cui confluivano tutti i proventi illeciti. I soldi venivano destinati agli affiliati detenuti o ex detenuti, alle loro famiglie, sostenendone le spese di viaggio per i colloqui e per pagare gli avvocati difensori.

Il riciclaggio

Il clan avrebbe reinvestito i proventi illeciti in attività commerciali e operazioni immobiliari. Fabrizio Giovanni Papa, imprenditore edile legato al gruppo di Picanello e Carmelo Salemi avrebbero utilizzato alcune società per riciclare “ingenti quantità di contanti, provento delle attività criminali del clan – spiegano i finanzieri – contribuendo ad occultarne l’origine delittuosa”.

Papa, il colletto bianco vicino al clan, si sarebbe inoltre dimostrato “profondo conoscitore delle dinamiche interne dell’organizzazione mafiosa e dei loro metodi di gestione delle richieste estorsive nonché della capacità dei boss di comandare anche durante il periodo di detenzione carceraria e del ruolo di soldati svolto dai ragazzi”.

Le società sottoposte a sequestro

La guardia di finanza ha sequestrato:

  • Karma Immobiliare Srl;
  • Fabri Immobiliare Srl;
  • P.F. Costruzioni Soc Coop.;
  • P.F. Costruzioni Srl;
  • B.F. Costruzioni Srl;
  • Nuova Edilizia Srl;
  • V.R.S. Immobiliare Srl;
  • Immobiliare Santa Lucia Srl;
  • Al Garden Salemi Srls

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