Il giro di mazzette alla Forestale| Tutti gli indagati e le intercettazioni - Live Sicilia

Il giro di mazzette alla Forestale| Tutti gli indagati e le intercettazioni

L'operazione della Sezione criminalità organizzata della Squadra mobile e coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci (nella foto) che ha portato in carcere quattro agenti della Forestale di Bagheria. "Io ti posso dire che gli ho dato 2000 euro per voi", diceva un imprenditore a un agente. Una richiesta di sospensione dal servizio pende sulla testa del comandante.

PALERMO – Tutto inizia a bordo di una Bmw X3. L’imprenditore Rosario Azzarello parla con un amico. Un tale Giacomino. Sulla macchina gli agenti della sezione Criminalità organizzata della Squadra mobile hanno piazzato una microspia. Più che una conversazione viene fuori quella che i magistrati definiscono “la chiave di lettura dell’intera vicenda che ritrae una situazione di diffusa illegalità”. Una vicenda in cui, scrive il giudice per le indagini preliminari Angela Gerardi, emerge lo “scarso se non inesistente senso del dovere e indegno esercizio del potere che interessa alcuni componenti dell’ufficio del distaccamento di Bagheria del corpo forestale responsabili del costante mercimonio della funzione pubblica (Pietro Rammacca, Rosario Spataro, Giovanni Coffaro, Giovanni Fontana e Domenico Bruno), di irresponsabile comportamento da parte di altri (Pietro Riccobono, Gaspare Calò e il comandante Luigi Matranga) nell’ambito di un quadro complessivo estremamente sconfortante”.

Dalle carte dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Caterina Malagoli e Alessandro Picchi scopriamo innanzitutto che gli indagati sono molti di più dei cinque raggiunti ieri da un’ordinanza di custodia cautelare. Pietro Rammacca, 50 anni, e Rosario Spataro, di 49, sono finiti in cella. Domenico Bruno, 49 anni, e Giovanni Fontana, di 51, sono ai domiciliari. Arresti in casa anche per un imprenditore edile di Ventimiglia di Sicilia, Rosario Azzarello. Sono tutti indagati, a vario titolo, per corruzione e concussione. Non sono gli unici sotto inchiesta. Una richiesta di misura cautelare è stata, infatti, respinta dal Gip nei confronti dell’imprenditore Filippo Azzarello, fratello di Rosario, e dell’agente forestale Giovanni Coffaro. Sospesa, invece, la decisione sulla eventuale sospensione dal servizio per il comandante Luigi Matranga e per l’agente Pietro Riccobono. Prima di decidere il giudice ha deciso di interrogarli. In più sotto inchiesta ci sono una serie di imprenditori e cittadini che, per evitare i controlli della Forestale o per pilotarli, avrebbero pagato mazzette ai pubblici funzionari infedeli. Nella misura cautelare ci sono i nomi di Rosario Abbate, Maurizio Monastero, Giovanni Cicala, Carmelo Francesco Cascino, Salvatore Testa, Tommaso D’India, Vincenzo e Francesco Lima. I reati sarebbero stati commessi tra Bagheria, Trabia, Casteldaccia, Altavlla Milicia e Ventimiglia di Sicilia.

Tutto parte, dunque, dalla conversazione del 10 aprile 201, quando Rosario Azzarello spiega il meccanismo all’amico: “… al grosso gli dai la pastella più grossa, il piccolo fa finta che non sa niente… lo sanno tutti e due che hanno mangiato e non si infamano l’uno con l’altro”. E così che Azzarello ha potuto prelevare abusivamente del materiale inerte in campagna per la sua impresa edile senza doverlo comprare in una cava regolare. Poi, Giacomino fa riferimento ad un soggetto in particolare. Lo chiama il “baarioto”: “… perché quel cornuto di baarioto… minchia questo è pericoloso… cerca sempre di mangiare… ma sono sproporzionati questi che vengono ogni tanto da te… . “… troppo, troppo non hanno fondo, non hanno dignità – rincara la dose Azzarello – niente non hanno limite… e chi viene da te Pietro o Giovanni?”. I poliziotti li identificano in Pietro Rammacca e Giovanni Coffaro.

Le richieste dei forestali sarebbero state pressanti. “… che ti pare che dovrei lavorare per loro… mio fratello a Natale era incazzato e non gli ha dato niente”, dice Azzarello. Giacomino conosce bene, però, il rapporto costi-benefici. “… se tu fai calcoli… mi fai dire cinquecento euro l’anno, per loro, mille euro, ma deve essere proprio a fare il porco, ma non di più, o Dio, di queste mille euro quanto te ne fanno risparmiare volendo, volendo è così se poi ti fottono lo stesso è un altro discorso…”. Meglio pagare per stare tranquilli e non fare la fine di un imprenditore. Azzarello: “Tu lo sai che a Catalano gli devono fare levare tutto il rifiuto dalla strada?… i soldini doveva uscire hai capito?… prendeva venti mila euro…”. Se si paga si evitano guai e si ottiene il via libera per prelevare indisturbati il materiale che serve nei cantieri. “… io siccome volevo andare là alla Traversa (contrada Traversa a Ventimiglia di Sicilia ndr), ho detto se lui… lo capisci, passava non passava, se eri là nella zona… va…”, spiega Azzarello a Pietro Rammacca che risponde: “… ci puoi andare tanto noi siamo qua”. Lo informa, dunque, dei suo spostamenti.

Altro episodio è quello che riguarda Giovanni Cicala che ad Altavilla Milicia avrebbe costruito una villetta abusiva. Si sarebbe messo d’accordo con Pietro Rammacca e Rosario Spataro, solo che ha ricevuto in cantiere la visita inaspettata di Pietro Riccobono e Giovanni Coffaro. Cicala: “Io ti posso dire che gli ho dato 2000 euro per voi. Hai capito Piè”. Ramacca: “… lascia perdere questo discorso, lui se lo è negato”. Poi rivolgendosi al collega Spataro aggiunge: “… minchia, per telefono mi fa per voi io a lui…”. Nel corso dell’inaspettato controllo uno degli operai, Carmelo Francesco Cascino, ha chiamato Ramacca perché l’agente Riccobono “dice che deve mettere i sigilli”. E così Rammacca contatta Riccobono. “Minchia, io vedi che con mi sono messo sempre a disposizione e tu lo sai… non è che io ti ho detto mai… ti ho detto mai no, ti dico sempre fai tu”. Riccobono: “Lo so pure io, mi sono messo sempre a disposizione con te e tu lo sai bene”. I due si rinfacciano le omissioni commesse in passato: “Minchia io mi sono inghiottito l’altra volta la piscina, quello che è venuto Camillo, mi sono inghiottito… pure io mi sono messo a disposizione con te e lo sai bene…”.

La situazione sembrava essersi risolta ed invece precipita poche ore dopo quando una pattuglia del distaccamento della Forestale notifica a Cicala una convocazione in ufficio per l’indomani. Cicala è furente. “… ora la bomba la faccio saltare io, Pietro (Rammacca ndr)… perché ora faccio nomi e cognomi”. Rammacca tranquillizza Cascino. Avrebbe parlato con i suo colleghi per sistemare i verbali: “… vedono di dargli una mano magari alcune cose le mettono o per meglio dire fanno i verbali dove si dice che che diciamo che è tutto finito”.

L’8 novembre Luigi Matranga e Gaspare Calò vanno a mettere i sigilli alla casa di Cicala. E in macchina si dicono convinti che ci sia del marcio sotto. Matranga. “Perché lui Rammacca ha chiamato Spataro ieri sera e gli avrà detto, minchia andiamoci a ridare di nuovo i soldi che questi ci denunciano”. Denuncia mai presentata. “Tutti sapevano che la casa di Ciacala era abusiva, avevano pure apposto i sigilli al cantiere, ma – scrive il Gip – i lavori sono stati regolarmente portati a termine”. La casa è stata completata.

Altro episodio riguarda un immobile costruito a Bagheria. Nel cantiere abusivo si fanno vivi Rammacca e Spataro. Cosa si sono detti lo spiega lo stesso Rammacca al collega: “Tieni qua, questi li dobbiamo dividere, però dice ‘dimmi che devo fare perché vedo che il tuo collega è incazzato con me’, gli ho detto ma fai a lui un regalo ‘ e dimmelo tu, gli do duecento euro? A chi devi fare ridere con duecento euro Aiello ma prendi cinquecento euro e glieli regali. Gli ho detto noi siamo per aiutare il povero anche perché noi gli ho detto con gli stipendi non possiamo campare più”.

Ad un certo punto Matranga parlando con Calò dimostra, secondo l’accusa, di avere intuito il gioco sporco dei colleghi. In particolare di Rammacca: “Io l’ho capito questo discorso da quando lui si prendeva a quello, suo compare, se lo portava in servizio, si prendeva la macchina… era per fare tutte queste cose qua. Lui si fermava sui posti con la macchina di servizio”. Poi il comandante del distaccamento di Bagheria del Corpo forestale della Regione concludeva: “… fino a quando non c’è qualcuno a cui gli gonfia la minchia e lo denuncia vero”. “Nonostante i proclami Matranga – si legge nell’ordinanza – non ha mai presentato una denuncia né ha mai segnalato i comportamenti dei suoi subordinati”.


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