PALERMO – Si presentarono in dieci nel locale al confine tra Palermo e l’inizio della provincia. Era l’estate del 2013 e fu la prima intimidazione organizzata, secondo l’accusa, dai due pregiudicati bagheresi, Gaspare Ribaudo, 23 anni ed Emanuel Rughoo Tejo, 38 anni, di origini brasiliane. Volevano imporsi nella gestione della sicurezza del locale notturno. Ribaudo il buttafuori lo aveva già fatto a Casteldaccia.
È stato il titolare del disco pub a raccontare l’episodio del 2013: “Hanno cominciato a buttare a terra alcuni oggetti sul bancone del bar e poi a insultare i presenti, arrivando persino a malmenare uno che cercava di dissuaderli”.
Qualche giorno dopo i malviventi alzarono il tiro: “Verso le tre di notte arrivarono a velocità sostenuta due o tre macchine… alcuni soci stavano andando via… c’era una donna incinta… i facinorosi hanno picchiato alcuni clienti”. Solo l’arrivo dei carabinieri, allertati dal titolare, mise in fuga il branco. Una delle auto fu bloccata lungo la statale 113. A bordo c’erano anche i due arrestati di oggi. Nascondevano nel fuoristrada, intestato a Rughoo, due tirapugni e una mazza nascosta sotto il sedile. E scattò la denuncia per die arresttai di oggi.
Sembrava la fine di un incubo ed invece il figlio del titolare del locale, alcuni mesi fa, è finito di nuovo nel mirino. È stato avvicinato da Ribaudo in un bar di Bagheria. Pretendeva di organizzare nel suo locale un addio al celibato. Al rifiuto del giovane, avrebbe reagito a muso duro: “Se vengo nel locale siete voi che non mi fare entrare?… oppure quelli della sicurezza che già me li sono messi in tasca l’anno scorso. Non ti ricordi quello che è successo. Che ti abbiamo distrutto il locale?.. sei stato tu che mi hai detto che mi era caduto il revolver… ora sai chi siano noi”. E giù schiaffi. Il figlio del gestore del pub si allontanò in fretta e si vide lanciare contro una bottiglia di birra. “TI ammazzo, ti ammazzo, ti levo da terra”.
Di fatto Ribaudo, con le sue minacce, avrebbe messo la firma sull’episodio del 2012. Offrendo agli investigatori della Squadra mobile, coordinati dai pubblici ministeri Sergio Demontis e Francesca Mazzocco, la presunta conferma che i due indagati, accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, la sera in cui furono fermati a bordo della Jeep avevano da poco messo a segno l’incursione nel locale.