CATANIA – Un giudice della Corte d’appello di Messina era in servizio prima a Catania e questo lo renderebbe incompatibile con il procedimento. Ne è convinto l’avvocato di Antonino Speziale, il giovane condannato a 8 anni per la morte dell’ispettore Filippo Raciti negli scontri del 2007 durante il derby Catania-Palermo. Per questo la difesa chiede alla Corte stessa l’annullamento dell’ordinanza con cui la Corte ha respinto la sua istanza di revisione del processo.
L’avvocato Giuseppe Lipera ha scritto al presidente della Corte, Luigi Lombardo. Il penalista catanese sostiene che il provvedimento sarebbe “viziato al suo nascere, in quanto la “revisione”, come è noto, costituisce un mezzo di impugnazione straordinario”.
Le garanzie per incompatibilità
“La scelta legislativa di attribuire la competenza sulla sua valutazione a una Corte d’Appello diversa da quella che ha emesso la decisione impugnata risponde all’esigenza fondamentale di garantire l’imparzialità e l’indipendenza del giudizio”, scrive l’avvocato.
E questo “in quanto l’affidare l’esame della richiesta a un Giudice dello stesso Distretto potrebbe generare il rischio di condizionamenti, anche solo inconsci, legati alla decisione già adottata, per cui il decidente chiamato a valutare la revisione potrebbe essere influenzato dalla propria precedente pronuncia o da quella di colleghi dello stesso ambiente giudiziario, compromettendo la necessaria terzietà del giudizio”.
“Per tali ragioni, il legislatore decise opportunatamente di spostare la competenza a un’altra Corte d’Appello – sottolinea – eliminando qualsiasi possibile vincolo psicologico o istituzionale, assicurando un riesame obiettivo e distaccato, al fine di assicurare che il giudizio di revisione si svolga nell’assoluto rispetto del principio di imparzialità e di indipendenza dell’organo giudiziario”.
La morte dell’ispettore Raciti
La difesa chiedeva di riaprire il processo alla luce di due interviste della trasmissione di Mediaset “Le Iene”. In quelle interviste, risalenti al 2020, sostanzialmente si era tornato a parlare dell’ipotesi che a uccidere l’ispettore di polizia non fosse stato Speziale, supporter rossazzurro, durante gli scontri, condannato per averlo colpito a morte. L’ipotesi, ai processi ritenuta infondata, era che nella calca a uccidere l’ispettore fosse stata una manovra errata degli agenti stessi.
Nelle due interviste, si sosteneva proprio questa tesi. E cioè che a parlarne al papà di Raciti fosse stato un collega dell’ispettore stesso. Una testimonianza televisiva “de relato”. Poiché sostanzialmente una donna che aveva partecipato ai funerali, amica di famiglia, in pratica diceva di aver sentito quel poliziotto avvicinarsi al papà dell’ispettore e scusarsi a nome della polizia.
Un altro teste sosteneva che suo padre lo avesse appreso dal papà di Raciti, il quale, ad ogni modo, ha seccamente smentito queste circostanze.
La pronuncia e l’incompatibilità
La tesi della difesa come detto non è stata ritenuta sufficiente dai giudici della Corte d’appello di Messina, secondo cui l’istanza di revisione sarebbe manifestamente infondata, giacchè le ragioni poste a fondamento risultano inidonee a consentire una verifica circa l’esito del giudizio.
La difesa ha anche annunciato ricorso in Cassazione. Secondo l’avvocato, “i militari dei “R.I.S.” di Parma, alle cui attività peritali partecipò pure la Polizia Scientifica (che non fece alcuna contestazione), esclusero l’idoneità del “sottolavello” a provocare le lesioni rimproverate a Speziale e trovarono nel giubbotto di Raciti dei frammenti di vernice di azzurro: il colore delle auto istituzionali della Polizia di Stato”.