"Non sono il difensore degli abusivi | Vi spiego la cosiddetta sanatoria" - Live Sicilia

“Non sono il difensore degli abusivi | Vi spiego la cosiddetta sanatoria”

Lui è l'uomo della cosiddetta sanatoria. Si chiama Maurizio Croce e fa l'assessore al Territorio del governo Crocetta. Siamo andati a trovarlo. Ecco la sua interpretazione. E anche tutto il resto, a cominciare dal suo rapporto con il presidente.

La chiacchierata con Maurizio Croce
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PALERMO- Anche l’assessorato al Territorio – come molte architetture istituzionali – sa di Ministero dell’Amore orwelliano. Un dedalo di scale e corridoi, dove capita di incontrare un’antica stirpe: i regionali. Di costoro sono pieni i manoscritti e le cronache del passato. Erano gli esponenti di un’età dell’oro, in giorni di vacche grasse: non c’era rampollo per cui gli ascendenti non auspicassero un magnifico posto alla Regione. Ora somigliano agli ultimi giapponesi nella giungla. Sputacchiati, derisi, additati come i residuati di un privilegio.

“L’assessore Croce? Di là”. In portineria indicano l’ascensore e il quarto piano. Lassù risiede ‘l’uomo della sanatoria’ – così l’hanno dipinto parecchi giornali – colui che avrebbe ridato fiato alle trombe dell’abusivismo e del malcostume, con una circolare e una firma che hanno rimesso in pista interi camion di richieste di sanatoria edilizia sepolte negli archivi.
Un colpo di spugna? “Si tratta delle istanze del 2003 rimaste nei cassetti e che oggi possono essere sbloccate dai comuni. Questo non comporta un parere favorevole delle amministrazioni”: fu la puntualizzazione.

Spiegazioni e integrazioni a poco sono servite. Gian Antonio Stella ha picchiato duro sul ‘Corriere della Sera’: “Abusivi! In cabina elettorale ricordatevi di noi! Un appello così spudorato no, non si son sognati di farlo. Ci mancherebbe. Ma il messaggio della giunta Crocetta col ripescaggio della sanatoria berlusconiana è chiarissimo. Tanto più che è stato lanciato poche ore prima dei ballottaggi per le Comunali siciliane”. Eppure lo stesso editorialista-principe di via Solferino ha ammesso che il problema è cespuglioso per via del rischio contenziosi: “Vari abusivi che avevano costruito in aree soggette a vincolo ‘non assoluto’ di inedificabilità, come quelle a rischio idrogeologico o sottoposte a tutela paesaggistica, avevano infatti già vinto ricorsi al Consiglio di Giustizia Amministrativa”.

Ce n’è abbastanza per volerlo conoscere di persona ‘l’uomo della sanatoria’. Si chiama, dunque, Maurizio Croce; un cognome evocativo, se sei inchiodato al supplizio del governo Crocetta. Lavora al quarto piano del palazzone di via Ugo La Malfa. Nella sua stanza, dietro la scrivania, campeggiano due immagini. Il ritratto della figlia. Una specie di gigantesco monumento all’Etna in eruzione. “L’ho trovato qui – quasi si discolpa -. Risale al mio predecessore, Maria Rita Sgarlata”. Alla luce delle più recenti cronache locali – tra viadotti crollati e disgrazie assortite – appare un filino iettatorio.

“Chiariamo subito un punto. Sono basito per come i quotidiani hanno raccontato questa storia. Noi abbiamo cercato una via d’uscita”.

Croce ordina un caffè e si abbandona al flusso di coscienza. “Era necessario lasciare l’amministrazione indenne da contraccolpi e contenziosi, visto che i pronunciamenti (i ricorsi di cui parla Stella, ndr) cominciano a essere tanti – sospira -. Ci sono migliaia di pratiche che saranno riesaminate e sulle quali verrà presa una decisione. Non c’è un salvataggio automatico di niente e di nessuno. Ecco perché non comprendo le polemiche degli ambientalisti e dei grillini. Ovvero, mi correggo, le comprendo solo alla luce della strumentalizzazione politica. Una sottolineatura a margine: non c’è solo la giunta, pure l’Ars ha il dovere di comportamenti responsabili. Il Parlamento è il luogo dei dibattiti. Sono pronto al confronto”. Scusi, non è che per caso se l’è presa perché il numero uno di Palazzo d’Orleans – praticando il suo sport preferito, la caduta dalle nuvole – ha alluso alla circostanza di non saperne nulla? “Noooooo, lui è fatto così. E poi davvero non lo sapeva”.

“Io mi prendo la responsabilità del mio atto – incalza Croce -. E nego che ci fosse un ammiccamento ai ballottaggi. E’ stata una determinazione esclusivamente tecnica, del resto non mi pare che abbia portato troppa fortuna…”. Qui la discussione si allarga: dalle casuzze costruite sul greto di un fiume agli spareggi elettorali che hanno addobbato di macerie gli incubi degli ormai sparuti aficionados crocettiani e pidini. “Credevo che potesse addirittura andare peggio – confessa l’assessore -. Dalle elezioni giunge una pressante urgenza di rinnovamento di cui il presidente dovrebbe tenere conto”.

Ma che idea ha Maurizio Croce – l’inquilino del quarto piano, con un vulcano ribollente alle spalle – del compito assegnato? “Mi definisco un ambientalista non khomeinista. Un moderato per cui non bisogna mai estremizzare. Da subito, mi occuperò dei parchi e delle riserve che vanno riperimetrati. Hanno svolto una funzione, fin qui, soprattutto di contrasto all’abusivismo, di linee di confine. E’ una materia importante su cui mettere mano. Sono un tecnico. La gente vuole soprattutto che le cose si facciano. Poi, magari, possono pure non piacere”.

‘Tecnico’ – vocabolo che ricorre spesso nel dizionario crociano – è una parolina che richiama ombre nel regno di Saro. Coloro che vengono definiti tali non incontrano il favore delle masse. Tecnico per eccellenza è Alessandro Baccei, una sorta di commissario liquidatore, piombato quaggiù con lo scopo di chiudere baracca e burattini, nell’immaginario di chi più lo teme, in prossimità di Palazzo dei Normanni. Il suo collega al Territorio glissa: “Non avverto tutto questo clima di commissariamento occulto. Alessandro ha il compito improbo di raddrizzare i conti della Regione. Oltretutto, non essendo siciliano, non conosceva la nostra realtà. Alle volte le scelte impopolari sono obbligatorie, però escludo che ci sia una volontà punitiva”.

Invece, ‘Maurizio’, mostra di saperla abbastanza lunga. Nel corso della chiacchierata, tra una sigaretta e un caffè, non si distrae mai. Offre considerazioni da manuale del sereno aggregato crocettiano: né troppo scontate, né troppo temerarie. Sotto la superficie, guizzano sguardi d’intesa variamente interpretabili. Non sai se siano allusioni o normali tic.

Sistemata la questione della sanatoria, con il parere del diretto interessato, prima di riprendere la strada degli scalini da Ministero dell’Amore, non c’è che da tentare il colpo grosso con la domanda a bruciapelo. Insomma, assessore, cosa rimarrà della Sicilia alla fine del governo Crocetta? La risposta è un mezzo sorriso. Sul bordo di un vulcano.


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