"Non sono un caporale, i nostri ragazzi ci hanno salvato"

“Non sono un caporale, i nostri ragazzi ci hanno salvato”

Le lamentele, dalla Fiera al Cto. Risponde Renato Costa: ecco cosa succede a Palermo
INTERVISTA AL COMMISSARIO COVID
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PALERMO- Il dottore Renato Patrizio Costa, commissario per l’emergenza Covid a Palermo e provincia, non è mai stato un uomo accomodante. Una virtù o un vizio, dipende da chi guarda. Negli ultimi giorni, le vaccinazioni, in città, sono state sommerse da critiche plurime. Gli insegnanti si sono lamentati per le attese alla Fiera del Mediterraneo. C’è stata la protesta per i disagi al Cto e oggi si è aggiunto pure un disguido al ‘Buccheri La Ferla’. Noi, come sempre, andiamo in cerca di risposte.

Commissario, ha letto? Tante persone, anche sui social, raccontano esperienze difficili.
“Ho letto”.

E che ne pensa?
“Io sono il commissario, quindi, quasi per contratto esistenziale, sono seduto dalla parte del torto, anche quando abbiamo ragione. Tutto è migliorabile, ma finora abbiamo risposto alle attese. Poi, ogni hub ha una sua organizzazione”.

Che fa, lancia la palla in tribuna?
“Non è il mio costume, dico solo che le parole del nuovo commissario nazionale, il suo auspicio di vaccinare anche nei drive, in le avevo, modestamente, pronunciate io, in tempi non sospetti”.

Torniamo al punto.
“Lei sa cos’è l’ottimo paretiano, da Vilfredo Pareto?”.

Ho vaghe reminiscenze scolastiche.
“E’, in sintesi, quel concetto che relativizza, per cui, se io faccio delle cose necessarie e al meglio, potrò disturbare un equilibrio, E’ necessario prendere la macchina? Sì, ma causerò inquinamento. Per cui, nel muovermi, devo tenere conto di esigenze diverse. Io devo vaccinare più persone possibili, questa è la mia necessità. Mi piacerebbe offrire confort e relax, ma, invece di duemila, somministrerei duecento dosi al giorno. Mi spiego?”.

Si spiega, ma…
“Mi lasci finire. Qui si cerca di rispondere con la vaccinazione planetaria a una emergenza pandemica mondiale. Un’impresa titanica. Nel nostro piccolo: devi tenere i conti, scongelare le dosi al momento opportuno, calcolare quanto vaccino hai e quanto ne aspetti. Sommessamente, chiederei a chi ha più cultura, come per esempio gli insegnanti, di comprendere la delicatezza del frangente. Detto questo, si può migliorare tutto, considerando le variabili indipendenti”.

Quali variabili?
“Il consenso informato, per citarne una, che per AstraZeneca è composto da dodici pagine. Se la situazione è ottimale, ci mettiamo cinque minuti. Altrimenti… E poi c’è, come dicevo, il numero dei vaccini. La prossima fornitura di AstraZeneca arriva il dieci e dobbiamo saperci regolare”.

Tutto va bene? Non sembrerebbe.
“Non tutto può andare alla perfezione, lo so per primo. Ma io ho l’imperativo categorico, lo ripeto, di vaccinare più persone possibili nel minor tempo possibile. Ci sono le code? Può succedere, anche se, in uno spazio smisurato, gli assembramenti si creano solo se volontari. Mi consenta una battuta: chi si lamenta per la coda dei vaccini, pensi alle code per comprare il pollo, la pizza o per il negozio all’ultima moda, spesso accettate con maggiore serenità. Qui, però, il sistema è un po’ più complicato. Comunque, ribadisco, la colpa è mia, quando va male. Quando va bene, è merito di tutti”.

Ce l’ha con qualcuno, commissario?
“Per niente. Dico solo che non c’è bisogno della polemica, talvolta gratuita, e che dobbiamo difendere quello che è stato conquistato. Lo vediamo come è messa la Sicilia rispetto al resto del Paese, cioè molto meglio? Accade perché c’è gente che ha lavorato e che sta lavorando senza guardare l’orologio”.

Insomma, lei non vuole critiche.
“Certo che le voglio, perché con le critiche si migliora, purché si comprenda quello che c’è intorno. C’è stato il problema dei blackout e l’abbiamo risolto. Lavoriamo senza tirarci indietro, questi ragazzi in camice che sono qua e non solo hanno salvato questa terra. I nostri ragazzi, fin qui, ci hanno salvato, riducendo il danno in una esperienza tragica. Io, personalmente, somministro vaccini. Se lei viene di sera, ci trova qua, dalla mattina”.

Dicono che lei sia un caporale, o un sergente di ferro. E non è un complimento.
“Assolutamente falso. La nostra è un’organizzazione orizzontale che diventa verticale soltanto quando il sottoscritto, in prima persona, deve sedersi dalla parte del torto”.

Ma lei è convinto di avere ragione?
“Sì, però non lo scriva”.

Altrimenti?
“Si arrabbiano”


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