I misteri dell'omicidio Fragalà | "Siragusa mente, ecco perché" - Live Sicilia

I misteri dell’omicidio Fragalà | “Siragusa mente, ecco perché”

Antonino Siragusa e l'avvocato Enzo Fragalà

Secondo i pm di Palermo, le dichiarazioni del picciotto del Borgo Vecchio sono inattendibili.

PALERMO – I pubblici ministeri non hanno dubbi: Antonino Siragusa mente. Starebbe rifilando patacche agli investigatori che indagano sull’assassinio dell’avvocato Enzo Fragalà. A smentirlo c’è anche un poliziotto della scorta del senatore Renato Schifani.

I pm hanno delegato ai carabinieri il compito di riscontrare le sue dichiarazioni. Il risultato sarebbe l’inattendibilità del picciotto del Borgo Vecchio che smentisce la ricostruzioni del pentito Francesco Chiarello, il quale ha fatto riaprire l’indagine, confermando la ricostruzione dei carabinieri del Nucleo investigativo contenuta nella prima inchiesta archiviata. I sostituti procuratori Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco hanno depositato una nota informativa alla Corte d’assise che celebrerà il processo per l’omicidio. Si tratta del collegio che oggi ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati di Francesco Arcuri. Stessa cosa era avvenuta per Paolo Cocco e Francesco Castronovo, ritenuti dalla Procura gli esecutori materiali del delitto. Il dibattimento è la sede ideale per chiarire le contraddizioni tra le due inconciliabili ricostruzioni..

Secondo i pm, sarebbe Siragusa a mentire. “Siamo stati io, Abbate e Ingrassia”, ha detto il dichiarante nel primo verbale reso ai pm. In un’intercettazione del 2010, però, sempre lui faceva riferimento a “chiddu”, un soggetto che doveva portare “il coso di legno” utilizzato per pestare Fragalà. Dall’ascolto dell’intercettazione emerge il ruolo di una quarta persona. Eppure Siragusa ha sostenuto di essersi occupato in prima persona di procurarsi la mazza con cui fu pestato a morte l’avvocato penalista. “Io questa intercettazione non la capisco – ha detto ai pm – il coso di legno lo sono andato a prendere io cu mi l’avia a purtari… allora non lo so se è trascritta giusta… l’ho sentito un milione di volte, non la capisco questa cosa”. 

Altro punto che non convince: dopo il pestaggio, ha riferito Siragusa, “sono arrivato al Borgo, già Abbate… era là con Ingrassia dice (Siragusa si riferisce ad Abbate, ndr) andiamo che dobbiamo andare a buttare questa cosa… ci mettiamo sopra la macchina e andiamo a prendere la benzina… in via Albanese… con una Quasquai Grigia… ce ne andiamo alle spalle di via La Farina…”. E in via La Farina dove Siragusa ha detto di avere bruciato la mazza: “… io ho dato fuoco ai contenitori e me ne sono andato e loro mi hanno preso nella traversa dietro e mi ricordo che c’era un poliziotto che stava guardando cosa stava succedendo perché alle spalle là c’era un magistrato o c’è un magistrato… dopo ci ha lasciato al Borgo e poi sono stato con Ingrassia che mia suocera mi ha portato il bambino e basta”.

In realtà non si trattava di un magistrato, ma di un politico. Sono stati sentiti gli agenti di Schifani, i quali hanno escluso l’incendio di cassonetti in zona. Cassonetti che per altro sono stati rimossi, da tempo e per ragioni di sicurezza, nell’intero isolato.

Ultimo punto che non renderebbe credibile il racconto di Siragusa è la tempistica. Ha riferito, infatti, che dopo la fuga da via Nicolò Turrisi, assieme ad Abbate e Ingrassia, era andato al Borgo Vecchio per recuperare la macchina di Abbate, fare benzina, usare il carburante per bruciare il bastone e infine rientrare nella sua casa di Brancaccio. Fragalà è stato aggredito alle 20:40 mentre il telefono di Siragusa ha agganciato una cella telefonica compatibile con la sua abitazione di via Averroè alle 21:03. Possono essere bastati poco più di venti minuti per fare tutto ciò?

Senza contare il fatto che Siragusa con le sue dichiarazioni ha scagionato Paolo Cocco che, però, non sapendo di essere intercettato “confessava” alla moglie: “Il compleanno non lo festeggeremo, ti giuro… le chiavi possono buttare”. Siragusa non ha dubbi: “È un cretino, un cretino patentato. Non lo so perché… non c’era… per farsi vedere da sua moglie”. Millantava, insomma.

Resta un nodo fondamentale: se davvero Siragusa ha mentito perché lo avrebbe fatto? Per minare l’impianto accusatorio della Procura, screditando Chiarello, nel tentativo disperato di evitare condanne pesantissime? Siragusa scagiona tre dei sei arrestati – Francesco Arcuri, Francesco Castronovo e Paolo Cocco – e tira in ballo pesantemente Antonino Abbate e Salvatore Ingrassia. Lo ha fatto per seguire una precisa strategia?

 


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