PALERMO – Sono morti intossicati in un ambiente “saturo di gas tossici”. Le cinque vittime hanno respirato una quantità enorme di idrogeno solforato. Ce n’era una concentrazione dieci volte superiore alla soglia di tollerabilità. Non indossavano le mascherine. La cisterna è diventata una camera a gas.
Parla il Comandante dei vigili del fuoco
È il comandante dei vigili del fuoco di Palermo, Girolamo Bentivoglio Fiandra, a spiegare cosa è accaduto nell’impianto di sollevamento delle acque reflue a Casteldaccia. “Se fossero state prese tutte le precauzioni del caso tutto questo non sarebbe successo”, aggiunge.
La tragedia a sei metri sotto terra
Gli operai stavano lavorando al secondo livello dell’impianto. Un sistema di scale li ha portati giù fino a 5-6 metri di profondità. I vigili del fuoco hanno trovato tre corpi dentro la vasca di liquami, una cisterna 5 metri per 5 con 80 centimetri di reflui.
Altri tre operai giacevano sulla soletta che separa i due livelli dell’impianto, uno di questi è ancora vivo e ricoverato al Policlinico di Palermo. Le sue condizioni sono gravissime. Da qui l’ipotesi che gli operai possano avere cercato di salvare i colleghi che si erano sentiti male. Un tentativo disperato che ha finito per uccidere anche loro.
A dare l’allarme è stato un settimo operaio. Ha sentito le urla dei colleghi mentre era a pochi metri di distanza. Ha capito che più nulla c’era da fare se non evitare di rendere ancora più pesante il bilancio della strage sul lavoro.