Paura dopo il massacro in villa |"Ci sentiamo in carcere" - Live Sicilia

Paura dopo il massacro in villa |”Ci sentiamo in carcere”

Ancora forte l'eco del duplice delitto che ha scosso l’intera comunità. Oggi alle 17 i funerali delle vittime, Vincenzo Solano e Mercedes Ibanez. Intanto il flusso di persone che entrano nella camera ardente allestita dal Comune della sala Azzurra del Municipio è costante. Ieri c'è stata una veglia di preghiera celebrata da tutti i parroci della comunità di Palagonia.

il duplice delitto
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PALAGONIA – “Chissa è l’Italia?”. C’è sgomento a Palagonia. Ancora forte l’eco del duplice delitto che ha scosso l’intera comunità, che ha già il suo colpevole. Non tanto in Mamadou Kamara, quanto nel Cara di Mineo. E’ il centro di accoglienza ancora sotto accusa da parte della popolazione che, dopo quanto accaduto a Vincenzo Solano e alla moglie Mercedes Ibanez, ha paura.

Per le strade si incontrano pochi crocicchi di anziani, ma molti di più sono quelli all’interno dei bar. È qui che, con rabbia, si continua a parlare del terribile massacro che ha portato Palagonia al centro delle cronache nazionali e non solo. “Ci sarebbe dovuta essere con loro anche la nipote, la figlia di sua figlia quel giorno in quella casa, se povera bambina fosse stata lì adesso che cosa racconterebbero in tv?”, si domanda qualcuno. A rispondere è il banconista. “A quest’ora piangevano pure la picciridda, che tanto pietà non ne avrebbe avuto manco per lei quella bestia”. La “bestia” è il giovane Ivoriano fermato – l’udienza di convalida si terrà oggi – ma, nell’immaginario collettivo, rappresenta tutti gli ospiti del Cara. Non è il momento, adesso, per la solidarietà. Né per l’accoglienza.

“Arrivano cercano cose in giro – tuona un altro avventore. Si fermano fra amici, qualcuno cerca pure soldi e poi si rimettono in strada e se ne tornano sotto Mineo. Cosi tutti i giorni. Io tutti i giorni mi alzo alle quattro e mezza e me ne vado a lavorare e non mi interessa che mi dicono che a casa loro hanno un sacco di problemi, quelli miei non me li risolve nessuno e loro invece se hanno problemi qua fanno pure le manifestazioni”.

La tensione rimane alta. Molti gridano vendetta. “Qui il porto d’armi ce lo abbiamo quasi tutti, che ti sembra – afferma un ragazzo che, come molti qui, ha già moglie e figli Una cosa di questa secondo te finisce col funerale? – continua. Lo Stato ci ha messo nell’inferno, qua già non mancavo i problemi e adesso pensano che noi stiamo qui ad aspettare che succede qualche cosa? Esco di mattina e torno di pomeriggio tardi e lascio mia moglie e i miei figli piccoli in una casa che non è al centro del paese. Manco davanti la porta li faccio uscire adesso. In carcere ci siamo noi ora perché fuori non è sicuro”.

E di immigrati richiedenti asilo, effettivamente in giro per la città, non se ne vedono molti. Al Residence degli Aranci, invece, sì. Alcuni non vogliono parlare, altri non parlano l’inglese né l’italiano. Ma qualcuno che vuole difendere la loro presenza c’è. Dice di chiamarsi Mohamed e di avere 20 anni. Anche lui parla di un inferno, quello dell’attesa di sapere cosa sarà del proprio futuro. E ribadisce che nessuno di loro vuole creare problemi e che, se l’omicida dovesse essere uno del Cara “sicuramente era pazzo” perché nessuno di loro vuole creare problemi ma solo poter andar via con dei documenti validi in altri posti in Europa.

In questo lembo di Sicilia accoglienza e tolleranza hanno un unico sinonimo che è sopportazione e di questo vocabolario non scritto i giovani sembrano aver chiare le sfumature del significato. Pochi chilometri dividono chi oggi si sente vittima e chi, vittima di processo sommario, è considerato carnefice.

Anche il sindaco di Palagonia, Valerio Marletta, interviene. “Oggi c’è un clima di raccoglimento e silenzio nel rispetto del dolore e del lutto e della famiglia Solano. La preoccupazione è normale in un momento così delicato, ma oggi tra la gente non ho percepito un clima teso. L’ho detto e lo ribadisco, alla violenza non si risponde con altra violenza ed è chiaro che le responsabilità individuali non debbano ricadere su di un’intera comunità”. (Fonte ANSA).


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