PALERMO – “Le primarie mi affascinano, ma noi del centrodestra non ne abbiamo ancora abbastanza esperienza: meglio un sondaggio fra pochi nomi”. Firmato Francesco Scoma, candidato con la Lega per Palazzo delle Aquile. Pochi, già, perché – è questo il succo – sono tanti i papabili sindaci del centrodestra che, dal conclave chiassoso delle candidature per Palermo 2022 usciranno, al più, cardinali, se non preti politicamente spogliati, dalle spalle non abbastanza larghe per affrontare la corsa. E mentre Francesco Cascio sarebbe, silenziosamente, il vero nome di Forza Italia, e inizia a infliggere lunghezze su lunghezze a Roberto Lagalla per la nomination, sarebbe persino poco faticoso per Francesco Scoma girarci intorno, a quella vastissima schiera di candidati. Schiera che secondo Scoma “è destinata a ridursi drasticamente, lasciando allo scoperto i due-tre nomi veri”. Ma non ci gira affatto, il candidato della Lega, che di quel gruppo ristretto fa certamente parte e che annuncia già “liste civiche che metterò a disposizione della coalizione qualunque sia la sorte della mia candidatura”. E ancora: “Il nome finale avrà una coerenza logica e politica, espressione di uno dei partiti che a livello nazionale come regionale guidano la coalizione di centrodestra: Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega”. E “dovrà essere, persona nota, d’esperienza e conoscenza profonda e diretta della città”.
Un partito, un nome. Non c’è troppo caos, lì a centrodestra?
“La mia personale convinzione è che il volto e la storia che sceglieremo, dovrà innanzitutto essere lineare e coerente politicamente, non potrà essere qualcuno, per quanto valente e degno di rispetto, che provenga da forze che non siano i pilastri nazionali della coalizione: Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega. Il caos è destinato a comporsi e la nebbia a diradarsi, mantenendo in campo i due-tre candidati che reputo politicamente fisiologici”.
L’ultimo vostro vertice, allargato a tutte le forze centriste, ha prodotto questa sintesi? Quindi lei per la Lega, Varchi per il partito della Meloni e Lagalla nome di Miccichè?
“Prima domanda, sul buon fine e sul lavoro di sintesi del vertice: sì. Seconda domanda, sui nomi: non proprio”.
Come no? Varchi è ufficiale, lei altrettanto, su Lagalla il centrodestra ha galoppato per mesi e ancora pare in lizza. Non mi dica che c’è accordo definitivo su Francesco Cascio.
“L’ex rettore è persona degna di assoluto rispetto, forse in qualche frangente eccessivamente cauto. La dinamica ‘produttiva’ dal punto di vista politico, può essere immaginata diversamente per Palermo. Ritengo che il suo approdo a un partito oggettivamente minore sul piano della forza elettorale, come l’Udc, lo penalizzi. Non uscirei dalla coerenza logica della scelta sul piano politico, lo ripeto”.
Magari la scelta di partito del professore è stata un modo elegante pure per togliere dagli impicci Miccichè. O è troppo?
“Se è anche solo parte così, non ha funzionato. Magari Miccichè non ha ancora sciolto davvero il proprio personale dubbio, pensando anche ai riflessi della scelta in altre scene politiche. Ma dentro gran parte del suo partito, non ci sono dubbi su chi debba essere il designato: è Cascio. Del resto, perché insistere su Lagalla se dentro hai, per esempio, Giulio Tantillo che nel consiglio comunale di Palermo ‘è’ Forza Italia? O hai un’altra soluzione, forte, o premi Tantillo, che conosce il Comune come nessun altro”.
Ma perché il coordinatore regionale di Forza Italia dovrebbe intestardirsi? Cascio è nome più che spendibile per l’elettorato di centrodestra. Lo preoccupa l’effetto che farebbe una investitura netta e partiticamente forte come quella di Cascio sulla sua ricandidatura alla presidenza dell’Ars? Per questo immagina una candidatura il più possibile “ecumenica”?
“Sono dinamiche loro, ciò che posso dire è che l’identikit del candidato che si sta imponendo è quello: volto noto, di esperienza, capillarmente a conoscenza della città di Palermo. Questo voto non può svincolarsi da dinamiche anche nazionali, siamo un’area metropolitana di un milione e settecentomila abitanti, è giusto che i partiti più forti della coalizione facciano tesoro di questo. Perdoni l’ovvietà, ma si tratta di logica: il nome di Forza Italia è necessariamente Cascio, perché Cascio è di Forza Italia. Io riconosco a Miccichè i meriti di una politica fantasiosa e anche utile, genio e sregolatezza. Certo, ha commesso errori, come quattro anni fa; ma chi non ha mai sbagliato, scagli pure la prima pietra”.
Se le elezioni di Palermo hanno rilievo nazionale, figuriamoci l’impatto regionale. Questo gioco multiplo di candidature, che senso ha?
“L’importanza è enorme. La città metropolitana di Palermo esprime da sola il 33% dei voti utili per le elezioni regionali, ed è ovvio che il partito che riuscirà a esprimere il sindaco, avrà una marcia in più sulla scena regionale”.
Quindi, per esempio, la Varchi è una mossa di Fratelli d’Italia per posizionarsi, e pure quella di Diventerà Bellissima con Aricò. Ma chi vince a Palermo si scorda Palazzo d’Orléans. O no?
“Sono tattiche comprensibili e anche giuste. Chiaro, non possono esistere assi pigliatutto, ma la marcia in più della quale parlo è da intendersi in senso più ampio, di spazio di proposta politica e sì, anche di persone. È ovvio, è giusto”.
La Lega lancia il nome di Scoma. Ce lo spiega?
“Volentieri: il mio non è un nome estratto dal cilindro, io lavoro alla mia candidatura da oltre un anno, ho già preparato liste civiche ispirate alla trasversalità le quali, se non dovessero sostenere me come candidato, resteranno a disposizione della coalizione e del nostro candidato comune, chiunque egli o ella sia”.
Ma questa scrematura finale, come farla?
“La mia proposta è un sondaggio scientifico e fondato, noi le primarie non le sappiamo ancora fare bene (sorride). A parte gli scherzi, per quanto io ne sia un sostenitore ideale, non mi va di fare esperimenti proprio a Palermo, in una situazione tanto complessa. Ci sono in Italia due-tre agenzie statistiche di elevata affidabilità, perché no?”.