La città che spera e la città che chiede: i fratelli di Biagio Conte

La città che spera e la città che chiede: i fratelli di Biagio Conte

Un sabato in via Decollati al capezzale di Biagio Conte. La situazione. "Ha la mente lucida"

In questo sabato ancora di sole, alla Missione di via Decollati, si incontrano la città che spera e la città che chiede. C’è la solita piccola moltitudine accorsa al capezzale di Biagio Conte, per la Messa, nelle settimane della prova più dura. “Fratel Biagio ha la mente lucida – dice don Pino -, sa tutto, ascolta tutti e tutti ringrazia dal profondo del cuore”. Don Pino è uno dei ‘fratelli di viaggio’, il suo amico più antico e fedele, del missionario laico che ha donato il suo cuore al mondo, cominciando da Palermo. Barba bianca, sguardo triste che non può permettersi di mollare.

Eccoli, i compagni più stretti di una esperienza, che vivono il dolore più grande. C’è, da qualche parte, Francesco, il medico-ombra di quel paziente disteso a letto, con un filo di voce per comunicare. Francesco vigila, dirige il traffico e, all’occorrenza suona la chitarra. C’è Giovanni che è stato malissimo a causa del Covid, ce l’ha fatta e adesso assiste alla celebrazione con aria assorta. C’è Martino che ha accompagnato Fratel Biagio in moltissimi pellegrinaggi. C’è Riccardo che cura la comunicazione.

Don Pino ricorda: “Biagio, un giorno, ha preso la croce e ha detto: devo andare. Ed è cominciato il suo pellegrinaggio per l’Europa. I fratelli erano smarriti: ‘Ma come, ci abbandona?’. E io rispondevo: ‘Siamo uniti nella preghiera’. Ecco, proprio come adesso. Tanti arrivano a Palermo che hanno incontrato Biagio dappertutto, nel suo ultimo cammino. Molti sono i messaggi di vicinanza, come quello della moschea: ‘Preghiamo tutti per lui'”.

Oggi, ci sono i ragazzi di due parrocchie di Alcamo. Sono qui per conoscere l’opera della Missione. Chissà se si aspettavano di vivere un momento così intenso. Ci sono i bambini, i figli delle persone migranti ospitate dalla comunità. Sorridono e giocano, all’ombra degli ulivi. Sopra un albero, appeso a un ramo, c’è il bastone di legno che, in diverse occasioni, ha sostenuto i passi di un viaggio infinito.

Accanto alla città che spera, fa capolino la città che chiede. Due signore sono qui per il sacchetto della spesa, a pochi metri dalla stanza in cui il missionario laico riposa. Altri salgono lungo la strada sterrata di via Decollati per lo stesso motivo. La fame, da queste parti, è una storia quotidiana. Tra gli ospiti c’è chi stende il bucato e chi esce per una passeggiata. Tutto intorno, di fianco al portone della Cittadella del povero e della speranza, si scorgono casupole che sembrano uscite da un bombardamento. Sono più i buchi che i muri su cui, perché non si sa mai, alcuni ferri di cavallo invocano una fortuna che non si è vista. Ma forse pure questo è un miracolo: la condivisione dei bisogni più urgenti e delle preghiere più limpide. Nel nome di Fratel Biagio. (Roberto Puglisi)


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