UDINE – “Nel 1992 quando furono uccisi due magistrati, Falcone e Borsellino, tutti in Italia cominciarono a interrogarsi e su qualcosa che fino a quel momento quasi non esisteva reagire, il fenomeno mafioso, e s’iniziò a reagire. Mi auguro che con quello che sta succedendo in questi giorni tutti comincino a guardare in faccia quella che è una pandemia silenziosa e una strage che ha raggiunto numeri raccapriccianti”. Lo ha detto oggi Anna Maria Picozzi, procuratrice aggiunta di Palermo e già consulente della Commissione d’inchiesta parlamentare sul femminicidio e la violenza di genere, in videoconferenza all’incontro “E se questo non fosse amore-La bellezza della rinascita?”, organizzato dal Coordinamento donne Cisl del Fvg.
Le parole del magistrato
“Da questa ultima tragedia, che ha riguardato una delle nostre figlie e purtroppo, uno dei nostri figli – ha detto – spero si cominci a capire quanto è importante affrontare tutti insieme questa emergenza, non solo poliziotti, carabinieri, magistrati. Polizia e magistratura grazie alle norme intervengono prontamente, ma questo non basta, perché il femminicidio è l’apice di un ciclo della violenza – ha spiegato – bisogna affrontarlo con una funzione preventiva, e fermarlo con un approccio politico complessivo”.
I dati della commissione parlamentare
Picozzi, citando dati raccolti dalla Commissione parlamentare anni fa, secondo cui il 90% delle donne uccise non aveva mai denunciato minacce, e più del 70% non aveva mai detto di essere vittima di stalking o maltrattamenti, si evince “la difficoltà che le donne hanno nel riconoscere e parlare della violenza”. “Su questo occorre lavorare molto – ha suggerito – così come su certi stereotipi che addossano alla donna la responsabilità di essere stata vittima di stupro, dovuti ai paradigmi di una società in cui la struttura patriarcale è ancora fortissima”.