Palermo, le elezioni e la fine delle buone intenzioni - Live Sicilia

Palermo, le elezioni e la fine delle buone intenzioni

Leoluca Orlando ha i suoi meriti e i suoi demeriti, nessuno può negare i primi e nemmeno i limiti
L'ANALISI
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C’è un punto non ancora toccato dai protagonisti in campo, mi riferisco ai tanti candidati sindaci, a Palermo, di centrodestra e a Franco Miceli se finalmente confermata la sua quale candidatura “civica” del centrosinistra. Ed è un punto fondamentale su cui non si può tacere nascondendosi dietro le vere o presunte mancanze dell’uscente amministrazione Orlando: oggi, dobbiamo chiederci, si può fare il sindaco di una grande città realizzando concretamente programmi sontuosi ed encomiabili propositi? Oppure le buone intenzioni si schiantano contro oggettive difficoltà impossibili da superare unicamente con la generosa volontà dei soggetti e le qualità del sindaco eletto? Perché se la risposta è la seconda, e ho paura che sia la seconda, qualunque candidato, se intellettualmente onesto, prima di accettare dovrebbe pretendere a chiare lettere alcune cose. Da chi? Dallo Stato e dalla Regione. Leoluca Orlando ha i suoi meriti e i suoi demeriti, nessuno può negare i primi e nemmeno i limiti ma una cosa è certa. I grandi comuni in atto sono nella materiale impossibilità di amministrare. La macchina comunale è bloccata da gravi carenze di personale, a cominciare dal Corpo della Polizia municipale, gli organici sono vuoti e chi resta è, scusandomi per la crudezza, ormai troppo vecchio per affrontare le sfide del presente. I tagli finanziari agli enti locali apportati da Roma sono stati negli anni via via sempre più pesanti costringendo spesso i sindaci a compiere pericolosissime acrobazie per uscire dai tentacoli di bilancio sempre più stringenti (anche da un punto di vista giuridico e non soltanto contabile per leggi e leggine farraginose e non di rado di difficile interpretazione e applicazione). Ci si mette anche la Regione raramente puntuale nei suoi obblighi finanziari e istituzionali verso i comuni, vedi, per esempio, le competenze disattese in materia di rifiuti, acqua, trasporti, attività produttive, sanità. Quindi, dopo questa sintetica analisi della situazione, tante volte drammaticamente espressa sia dall’Anci nazionale (l’associazione dei comuni italiani) che dall’Anci siciliana, la domanda si impone: i candidati a sindaco di Palermo (ma vale pure per Catania e in parte per Messina) saranno davvero in grado se eletti, oltre la propaganda di partito, la voglia di sedersi sull’ambita poltrona di Palazzo delle Aquile e la bravura personale, di risolvere i tanti problemi della città tuttora sul tappeto? Lo dicano adesso però, e dicano pure, soprattutto, il come.


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