PALERMO – Nel grande affare del gelato e nella bancarotta per fare sparire i soldi da investire altrove ci sarebbe la regia di Michele Micalizzi. L’anziano boss di Tommaso Natale viene raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Stesso provvedimento per Mario Mancuso, un tempo patron di Brioscià, una delle gelaterie più note di Palermo, dichiarata fallita nel 2021 quando i punti vendita erano pieni di clienti. Oggi è titolare di un altro marchio altrettanto famoso.
Le indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, ipotizzano che si sia trattato di un fallimento pilotato.
I reati contestati agli altri indagati, in tutto sei, sono concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e bancarotta fraudolenta.
Il giudice per le indagini preliminari ha disposto un sequestro preventivo da un milione e mezzo di euro. Micalizzi e Mancuso, titolare della Magi srl, che un tempo gestiva le gelaterie Brioscià, erano stati intercettati. Sembravano amici, in realtà sarebbero stati qualcosa di più.
Ad un certo punto Micalizzi lo avrebbe “sponsorizzato” per l’acquisto di un altro grosso punto vendita nella zona dello stadio. Se ne dovette discutere con il capo del mandamento di Resuttana, Salvo Genova, competente per territorio, che stabilì il prezzo di vendita: 75 mila euro.
Poco prima che l’affare si concludesse, la Magi fu dichiarata fallita. Mancuso ha poi dato vita al marchio Sharbat che non è coinvolto nell’indagine.
Ufficialmente a causare il fallimento fu il mancato pagamento dei contributi ai dipendenti, una trentina di persone rimaste senza lavoro all’improvviso (un dipendente sarebbe stato minacciato: non poteva andare via con il Tfr che gli spettava) e i contrasti all’interno della compagine societaria.
Dietro ci sarebbe altro come avrebbero accertato i finanzieri guidati dal colonnello Carlo Pappalardo e coordinati dal procuratore Maurizio de Lucia.
Il crac della società sarebbe stato pilotato. Michele Micalizzi, 75 anni, è genero dello storico capomafia Rosario Riccobono. Il boss era tornato in libertà nel 2015 dopo 20 anni di carcere. Nel 2023 il nuovo arresto. Mentre è già sotto processo assieme al figlio Giuseppe e ad altri imputati gli viene notificata una nuova ordinanza di custodia cautelare.
“C’era un profondo legame fiduciario da cui anche l’imprenditore avrebbe tratto significativi benefici economici – si legge in una nota del comando provinciale guidato dal generale Domenico Napolitano- consistiti nella possibilità di espandere sul territorio la propria rete commerciale, anche attraverso la costituzione di nuove imprese in conseguenza della dichiarazione di fallimento della citata società, intervenuta nel 2021.