Le condoglianze del boss al figlio del "Gianni Agnelli di Palermo"

Le condoglianze del boss al figlio del “Gianni Agnelli di Palermo”

Mafia e rispetto. Passato e presente si incrociano alla Kalsa
IL RETROSCENA
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PALERMO – Ora ci sono gli Abbate in quello che fu il feudo dei signori della Kalsa, gli Spadaro. Ma il passato non si dimentica. Ne sa qualcosa Ottavio Abbate, che il giorno in cui moriva don Masino Spadaro si premurò di fare pervenire le sue sentite condoglianze.

Era il 16 febbraio 2019. Tommaso Spadaro si spense a Perugia mentre scontava – per motivi di salute agli arresti domiciliari – una condanna a trent’anni per l’omicidio del maresciallo dei carabinieri Vito Ievolella.

Ottavio Abbate è finito in carcere nei giorni scorsi con l’accusa di avere gestito gli affari della droga alla Kalsa. E lo avrebbe fatto servendosi di un telefonino nonostante si trovasse in carcere. Da quel cellulare partì la chiamata al figlio Salvatore. Doveva incaricare un altro membro della famiglia, Antonino Abbate, “gli dici…  fagli le condoglianze… da parte nostra a Francolino…”. E cioè a Francesco Spadaro, figlio di don Masino.

Il 27 febbraio successivo ci fu l’incontro fra Francolino e Antonino Abbate, entrambi sorvegliati speciali, in via Cervello, nel cuore della Kalsa. Nel telefonino di Abbate era stato attivato il virus spia, che registrò: “… intanto le condoglianze da parte di Ottavio, Gino”. E cioè di Ottavio Abbate e del fratello Luigi, che tutti chiamano “Gino u mitra”. Nessuno era potuto andare al funerale.

Si appartarono: “Chiuso è? Aprimelo un minuto”. Si sentiva una donna che chiedeva a tale Paola di aprire. Null’altro fu registrato. Resta agli atti quel gesto di rispetto che Abbate mostrò nei confronti di Francolino Spadaro, che era stato scarcerato nel 2017 dopo avere trascorso undici anni per aver chiesto il pizzo a Vincenzo Conticello, titolare della Focacceria San Francesco.

Francolino aveva seguito le orme del padre Tommaso, re delle sigarette prima e della droga poi, che al maxiprocesso si definì “il Gianni Agnelli di Palermo”, perché offriva lavoro a centinaia di giovani.

ll giorno che Francolino finì di scontare la sua pena, il 12 agosto 2017, ad attenderlo davanti al carcere di Melfi c’era un autista con la Range Rover di Giuseppe Calvaruso, boss di Pagliarelli. Prima di rientrare a Palermo, passarono da Perugia. Il figlio volle abbracciare subito don Masino.


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