Palermo, la mafia che verrà: quali sono i nomi che contano

Gli scarcerati e la mafia che verrà: ecco i nomi che contano

Ciaculli, Santa Maria di Gesù, Pagliarelli, Noce ai raggi X

PALERMO – Si guarda alle vecchie sentenze per decifrare la mafia che verrà. Ce n’è una in particolare che ha segnato la storia del mandamento di Ciaculli-Brancaccio. Hanno finito di scontare la condanna tutti gli imputati nel processo “Ghiaccio”, che svelò il ruolo di Giuseppe Guttadauro, capomafia ed ex chirurgo dell’Ospedale Civico di Palermo. Di recente Guttadauro è stato arrestato di nuovo insieme al figlio Mario Carlo. Sono entrambi sotto processo.

Nei giorni del primo arresto al suo fianco c’era Luigi Fabio Scimò, da qualche anno in carcere con l’accusa di avere preso il mano lo scettro del potere. Ed è nella cerchia delle parentele di quest’ultimo che oggi si scandaglia per capire chi possa avere la statura mafiosa per comandare.

Liberi, seppure con alcune restrizioni, sono alcuni imputati nonostante le condanne. Il processo fu azzerato per una questione procedurale e sono scaduti i termini di fase. Tutti liberi: Giovanni Lucchese, detto Johnny, Claudio D’Amore, Giuseppe Caserta e Vincenzo Vella. Quest’ultimo era finito di nuovo in carcere inizialmente con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso in occasione delle ultime amministrative palermitane e scarcerato dal tribunale del Riesame, che ha derubricato l’ipotesi di reato in corruzione elettorale.

A Santa Maria di Gesù, non lontano da Brancaccio, è indagato a piede libero Mario Adelfio. Il tribunale del Riesame lo ha scarcerato lo scorso luglio, ma la Procura continua a credere che abbia un ruolo di peso anche se subalterno a quello del fratello Giovanni, che invece in carcere c’è rimasto. Il 20 giugno 2018 il figlio di Mario Adelfio ha sposato la figlia di Francesco Paolo Barone, oggi deceduto, che è stato reggente del mandamento di Pagliarelli.

Matrimoni, ma anche funerali. A fare visita alla salma di Francesco Adelfio, fratello di Giovanni e Mario, deceduto nel 2019, si sono recati Giovanni Fileccia e Giovanni Sorce, inquadrati nella famiglia mafiosa di Villagrazia.

Alla Noce ritorna, sempre e comunque, il nome di Franco Picone che risultava capo del mandamento già nei pizzini di Bernardo Provenzano. Qualche anno fa il boss è stato condannato a più di vent’anni di carcere, che sta scontando ai domiciliari per gravi problemi di salute. Quando i poliziotti della Mobile arrestarono gli Inzerillo di Passo di Rigano, saltava fuori che alcuni esponenti mafiosi vedevano in Picone una figura capace di mettere insieme i cocci di Cosa Nostra. Le famiglie di “Passo di Rigano… Noce e Altarello – diceva Francesco Colletti, capomafia di Villabate divenuto collaboratore di giustizia – si vogliono mettere sotto all’autorità di Franco”. E cioè di Picone.

A proposito degli Inzerillo, si vede parecchio in circolazione Giovanni Inzerillo, figlio di quel Totuccio crivellato di colpi dai corleonesi che conquistarono Palermo. Uno degli amici di Inzerillo senior è legato anche a Francesco Paolo Bontade, figlio di Stefano, il principe di Villagrazia, pure lui massacrato dai corleonesi. Giovanni Inzerillo, tornato a fare l’imprenditore dopo l’assoluzione dall’accusa di mafia incassate nel 2008, è ricomparso in una serie di incontri con il boss di Torretta Lorenzo Di Maggio, l’uomo che gestiva i pizzini dei mafiosi palermitani diretti al superlatitante Matteo Messina Denaro.

Tra gli scarcerati di peso alla Noce c’è anche Pierino Di Napoli, tornato a Palermo nel novembre 2020 dopo un lungo periodo di detenzione nel carcere di San Gimignano. Qualcuno raccontava che “l’altra volta parlavamo con lo zio Pierino, dice ‘me lo devi mandare… me lo devi mandare’”. Di Napoli avrebbe voluto incontrare Giancarlo Seidita, arrestato di recente, ma era meglio essere prudenti.

Nel mandamento mafioso di Pagliarelli sono tornati liberi Francesco Annatelli (un tempo uomo della droga), Giuseppe e Antonio La Innusa, spesso in contatto con Giuseppe Calvaruso, il reggente del mandamento di recente finito di nuovo in carcere. Nel contesto associativo figurava spesso Giuseppe Trinca, un pezzo grosso della famiglia di Corso Calatafimi che fa parte sempre del mandamento di Pagliarelli. Il cugino di Trinca, Nunzio, con precedenti penali per contrabbando, riciclaggio e truffa, era proprietario di un fabbricato in contrada Cavallaro a Casteldaccia, dove aveva alloggiato il latitante Giovanni Motisi. Sulla fuga di Motisi non si è smesso di indagare.

Altro nome importante è quello di Stefano Fidanzati, fratello di Gaetano, il capomafia dell’Arenella-Acquasanta. Libero dal 2018 Stefano Fidanzati fa la spola fra Palermo e Milano, da sempre città cara alla famiglia. La sua famiglia mafiosa fa parte del mandamento di Resuttana, dove gli investigatori si concentrano in particolare su Salvo Genova, che è stato reggente del mandamento contiguo a quello di Tommaso Natale.

E poi c’è la provincia mafiosa. Giovanni Grizzaffi, nipote di Riina, a Corleone dove si è rifatto vivo anche il figlio del capo dei capi, Giuseppe Salvatore; Pino Scaduto a Bagheria, Nino Spera a Belmonte Mezzagno: di nomi che contano ce ne sono parecchi.


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