Palermo, imprese non mafiose: i pezzi pregiati restituiti ai Rappa

Le imprese non erano mafiose: i pezzi pregiati restituiti ai Rappa

Tornano agli imprenditori decine di immobili, compreso il palazzo del Tar
MISURE DI PREVENZIONE
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PALERMO – Le imprese non erano mafiose, né ci fu l’immissione di soldi di provenienza illecita. Non c’è Cosa Nostra dietro la scalata imprenditoriale dei Rappa. A partire dal capostipite Vincenzo per proseguire con figli e nipoti.

Respinto l’appello della Procura

La Corte di Appello per le misure di prevenzione restituisce quasi integralmente i beni agli imprenditori Rappa. Una grossa fetta era già stata dissequestrata in primo grado. Ora si aggiungono alla lista i pezzi pregiati del patrimonio immobiliare.

La decisione del collegio presieduto da Aldo De Negri è dello scorso 22 maggio, ma Livesicilia ne è venuta a conoscenza solo adesso. La Corte ha respinto il ricorso della Procura che avrebbe voluto togliere di nuovo tutto ai Rappa, dando ragione alla difesa.

Non ha retto la ricostruzione della Dia. L’iniziale sequestro è del 2014, quando il presidente delle Misure di prevenzione era ancora Silvana Saguto di recente condannata in appello e ora di nuovo sotto inchiesta a Caltanissetta per corruzione in atti giudiziari e falso.

Nel 2018 in primo grado il Tribunale aveva confiscato gran parte dei beni di Vincenzo Rappa (fra cui le imprese Vincenzo Rappa snc, Villa Heloise Costruzioni, Cipedil e Gei Generali Imprese) e restituito quelli che appartengono ai figli Filippo, Sergio e Maurizio, e ai nipoti Vincenzo, Vincenzo Corrado e Gabriele. Tra i beni dissequestrati c’erano pure l’emittente televisiva Telemed e le concessionarie Nuova Sport Car.

Prima il pizzo, poi gli affari

Il capostipite della famiglia era stato vittima del pizzo e “per operare nell’edilizia ha dovuto soggiacere alle indebite pretese del sodalizio mafioso” , così stabilirono i giudici nel processo penale. Poi, a partire dagli anni Novanta, strinse un rapporto di fiducia con i mafiosi. In particolare i boss Ganci, Madonia e Galatolo. Ma furono pochi i cantieri aperti in questa seconda fase. E sono gli unici immobili per cui è scattata la confisca anche in secondo grado.

Revocata la condanna per riciclaggio

Per il reato di concorso esterno Rappa senior è stato condannato con sentenza definitiva, ma è pendente un ricorso davanti alla Corte di giustizia europea presentato dagli eredi. Eredi che due anni fa, e anche questa è una notizia finora inedita, hanno incassato un importante successo. Con un processo di revisione è stata annullata la condanna limitatamente alla ipotesi di avere riciclato i soldi della mafia.

Confermato il concorso esterno

La revisione è stata, invece, respinta per il concorso esterno, ma i legali della difesa ritengono di potere sfruttare davanti ai giudici europei il principio già applicato per Bruno Contrada. All’epoca della contestazione il reato di concorso esterno in associazione mafiosa neppure esisteva.

I legali hanno sempre e comunque respinto l’accusa: Rappa pagò il pizzo – per una cifra di 1,6 miliardi di lire – in un momento storico in cui era stato vittima di attentati (misero delle bombe nei suoi cantieri).

Solo che i giudici dissero che avendo pagato l’estorsione miliardaria prima ancora che gli venissero chiesti i soldi Rappa senior aveva finito per agevolare la mafia. In confisca vanno ora soltanto alcuni immobili in via Evangelista di Blasi e in via dei Cantieri di proprietà della Villa Haloise srl che contestualmente è stata dissequestrata.

Così come tutte le altre società. Sono gli unici immobili costruiti nella seconda fase della vita di Vincenzo Rappa. Nel periodo antecedente non c’è la prova che le imprese abbiano goduto dell’appoggio, della protezione e dei soldi di Cosa Nostra. Insomma, non c’è la prova che fossero imprese mafiose. Tutti gli investimenti sono giustificabili con il volume di affari lecito. Nessuna sperequazione.

Il collegio difensivo

Così tornano ai Rappa le società e decine di immobili, compreso il prestigioso Palazzo Benso che si affaccia su Porta Felice e ospita la sede del Tar. Mille e 200 metri quadrati settecenteschi che costeggiano le Mura delle Cattive. Hanno avuto ragione i legali delle difese, gli avvocati Raffaele Bonsignore, Giovanni Di Benedetto, Giuseppe Oddo, Mauro Torti, Salvino Mondello, Rosalba Di Gregorio, Simone Lonati, Alberto Stagno d’Alcontres, Fabio Pantaleo.


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