Palermo, prestiti a un amico altro che usura: imputato assolto

Palermo, prestiti a un amico altro che usura: imputato assolto

Nel corso del processo i legali hanno smontato la denuncia

PALERMO – Niente è come sembra. Potrebbe essere così riassunta la storia processuale che si è chiusa con l’assoluzione dell’imputato dall’accusa di usura.

Il processo si è svolto con il rito abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare Lirio Conti.

Il processo si è svolto nelle forme del giudizio abbreviato, dinanzi al Dott. Lirio Gaetano Conti, che l’08 giugno scorso ha pronunciato sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”.

Nel 2018 Salvatore Buttitta viene denunciato dall’imprenditore bagherese Giuseppe Cataldo. Quest’ultimo, dopo il fallimento di un paio di imprese – pure lui è finito sotto accusa per bancarotta fraudolenta -racconta l’incubo dell’usura ai finanzieri che stanno setacciando la sua contabilità.

Per più di un decennio Buttitta gli avrebbe prestato 10, 20, 30 mila euro al mese con tassi del 7 per cento al mese. Quei soldi gli servivano per pagare stipendi e tasse in un momento di crisi di liquidità. Ed è per pagare i prestiti a usura che le sue imprese sarebbero finite in dissesto.

L’avvocato Fabio Vanella

I legali di Buttitta, gli avvocati Fabio Vannella e Tommaso Sciortino, hanno fatto emergere una ricostruzione diversa. L’imputato era intimo amico di Cataldo, tanto da essere stato scelto come padrino di cresima dei figli. Suo figlio era dipendente dell’imprenditore. Tutto ciò accadeva nello stesso periodo in cui, secondo l’accusa, lo strozzava con i prestiti.

I legali hanno anche contestato che Cataldo navigasse in cattive acque. Nessuna crisi finanziaria che lo avesse costretto a cercare aiuto, ma un tenore di vita altissimo con tanto di yacht, case e auto di lusso.

Sarebbe stato questo il motivo delle continue richieste di denaro, elargito da Buttitta ma solo per l’amicizia che li legava. Lo dimostrerebbe, hanno spiegato i legali nell’arringa difensiva, che “ad ogni assegno di Cataldo portato all’incasso da Buttitta facevano da contropartita uno o più prelevamenti per contanti, di pari importo, registrati nella stessa data. La stretta simmetria tra importi e date ha permesso di dimostrare in modo inequivocabile come il bilancio delle entrate (assegni versati) e delle uscite (prestiti per contanti) fosse in perfetto equilibrio e che nessuno dei prestiti accordatigli fosse mai stato remunerato da un tasso d’interesse”.

Ad un certo punto Buttitta, a causa di alcuni suoi problemi familiari, avrebbe smesso di aiutare l’amico. Cataldo avrebbe licenziato prima suo figlio e poi lo avrebbe denunciato. Ora l’assoluzione con la più ampia formula liberatoria “perché il fatto non sussiste”.


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