Palermo, vittime di mafia di Serie B: solo dolore, niente risarcimento

Vittime di mafia di Serie B: solo dolore, niente risarcimento

Il ministero dell'Interno respinge l'istanza dei parenti di un uomo assassinato da Spatuzza

PALERMO – “Le istanze sono da ritenersi inammissibili”. Una frase che, con il gelido linguaggio della burocrazia, certifica che esistono vittime di mafia di Serie B, i cui parenti non hanno diritto ad essere risarciti.

La nota del ministero dell’Interno, datata 5 agosto scorso, gela i parenti di Giuseppe Mandalà, assassinato il 27 aprile 1992 a Brancaccio. Fu una vendetta traversale. Lo crivellarono per zittire e punire il pentito Totuccio Contorno a cui la vittima era legata da una lontana parentela. I corleonesi non sapevano chi colpire e se la presero con un innocente.

Pe tre decenni è stato un delitto senza colpevoli. Poi Gaspare Spatuzza si è autoaccusato dell’omicidio, uno dei cinquanta commessi dal killer di don Pino Puglisi divenuto collaboratore di giustizia. Anni di silenzio e dolore per i familiari. Anni vissuti nell’impotenza di fronte a una giustizia impossibile e lontano da Palermo, da cui erano stati sradicati per ragioni di sicurezza.

“Utilizzammo come base logistica – mise a verbale Spatuzza – la casa di mia zia dove macinammo l’esplosivo nell’aprile del 1992 (e cioè il tritolo utilizzato per la strage di via D’Amelio, ndr).

“Fissammo l’appuntamento nell’abitazione dove Giuseppe Graviano – aggiunse – anche se non sono certo accompagnato da Tranchina (Fabio Tranchina, altro pentito di Brancaccio ndr). Quando il Graviano giunse non credo che ancora erano arrivati gli altri che parteciparono cioè Tagliavia, Barranca, Tinnirello, Benigno Salvatore, Lo Bianco Pietro. Il Mandalà era parente di Contorno ed all’epoca dell’omicidio era pensionato”.

Tanti nomi, un solo colpevole: Spatuzza. Per gli altri non sono mai stati trovati i necessari riscontri. L’anno scorso il giudice per l’udienza preliminare Fabio Pilato ha condannato Spatuzza a 8 anni, più di quanti ne avesse chiesto la pubblica accusa. Al collaboratore di giustizia non sono state concesse le attenuanti generiche al pentito.

Contestualmente il giudice aveva stabilito una provvisionale di 50 mila euro ciascuno per la moglie e i figli di Mandalà. Dei soldi neppure l’ombra. Spatuzza non li ha. I parenti hanno chiesto di potere accedere al fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime di reati di tipo mafioso”.

In agosto la risposta del commissario che al ministero si occupa di istruire le pratiche. “La domanda è da considerarsi inammissibile poiché il fatto criminoso è anteriore alla data prevista dalla legge per l’erogazione dell’indennizzo”. La legge è del 1999, modificata negli anni successivi.

“Non ci sono precedenti simili – spiega l’avvocato Dario D’Agostino che assiste i parenti -, anzi c’è una giurisprudenza formatasi sul rigetto delle istanze solo ed esclusivamente in ragione dei precedenti penali dei richiedenti”.

Non è questo il caso. Mandala si guadagnava da vivere facendo il contadino. Nessun precedente penale. Stessa cosa i parenti, costretti a lasciare la Sicilia per paura di essere ammazzati. Durante la loro assenza i pochi beni posseduti – terreni e casa – sono andati in malora. Sono rimasti in attesa di sapere chi avesse ucciso il loro caro. E ora sono stati beffati.


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