Fiumefreddo e lo schiaffo al Pd | Crocetta, un rosario di bugie - Live Sicilia

Fiumefreddo e lo schiaffo al Pd | Crocetta, un rosario di bugie

Il governatore aveva già provato a nominare in giunta il presidente di Riscossione Sicilia, ma allora i democratici si opposero. Oggi rilancia sminuendo il lavoro di Linda Vancheri, rispolverando la "lotta al malaffare" (con tanto di cifre fantasiose), dimenticando i rapporti con Confindustria e persino il fatto di aver scelto da sè diversi assessori. Ma da Franco Battiato a Lucia Borsellino tutti hanno finito per svelare l'impostura della sua rivoluzione.

La designazione
di
7 min di lettura

PALERMO – Il nome di Fiumefreddo, finalmente, sistemerà tutto. Questo l’estremo “sunto” della dichiarazione rilasciata oggi all’Ansa dal presidente della Regione Crocetta che insiste su quel nome: il presidente di Riscossione Sicilia deve guidare l’assessorato alle Attività produttive.

E per carità, nulla ci sarebbe di male. Ogni governatore sceglie gli assessori che vuole. Lo prescrivono Statuti e norme. La nomina spetta a Crocetta. Perché, allora, accompagnare la rivendicazione di questa libertà con dichiarazioni intrise di mistificazioni, esagerazioni, bluff che rischiano di far male allo stesso Fiumefreddo? Un “aspirante assessore”, è bene ricordarlo, che il governatore avrebbe già voluto piazzare in giunta più di un anno fa. Allora arrivò lo “stop” del Pd. E persino la nuvola di Cosa nostra, secondo Crocetta, aleggiò sullo “stop” a quella designazione. Una designazione reiterata dallo stesso Crocetta e che somiglia tanto a uno “schiaffo” ai democratici. Molto più di quello che il governatore vuole descrivere come una “dichiarazione di guerra al malaffare”.

Perché una delle “montature” rintracciabili nella dichiarazione di Crocetta è proprio quella: Antonio Fiumefreddo è “l’uomo chiave” per la giunta proprio perché “è una persona che si batte contro il malaffare”. E qui la domanda è fin troppo semplice: cosa c’è di “decisivo” nel fatto che un amministratore sia contro il malaffare? Esiste, forse, nell’attuale giunta senza Fiumefreddo, qualcuno che non operi contro il malaffare? Che si volti dall’altro lato? Che sia meno “puntuale” nella denuncia degli illeciti che riguardano la Regione?

Ma c’è di più. Nel lanciare la candidatura di Fiumefreddo, Crocetta precisa che “le Attività produttive hanno bisogno di un grande rilancio, di una attenzione in più per le imprese, di maggiore trasparenza e di una verifica costante dei titoli necessari per l’accesso ai finanziamenti pubblici”. Che significa? Un rilancio, dopo tre anni di Linda Vancheri? Ma non era, l’assessore di Confindustria, una delle “intoccabili” di Crocetta? Non era, Linda Vancheri, una dei pochi punti fermi di quella giunta della rivoluzione, insieme a Lucia Borsellino? E non diceva, il presidente, fino a poche settimane fa di andare “d’amore e d’accordo” col suo assesssore alle Attività produttive. E appare persino paradossale il riferimento all’attenzione “in più” da riservare alle imprese, dopo anni in cui, da Lombardo a Crocetta niente è cambiato in questo senso, l’assessore al ramo è un componente dell’associazione degli industriali. La Vancheri ha dato seguito infatti, all’opera di uno dei leader della Confindustria siciliana, cioè Marco Venturi. Un uomo, per dirla tutta, che lo stesso Crocetta nella sua autobiografia ha definito un “compagno di viaggio”. Eppure, dopo quattro anni di gestione del “compagno di viaggio” Venturi e della “intoccabile” Linda, oggi le imprese hanno bisogno di qualcosa in più. Persino di “maggiore trasparenza” e di una più rigorosa verifica dei titoli. Aspetti nei quali, evidentemente, l’assessore Vancheri non ha raggiunto risultati apprezzabili. Ma non l’aveva scelta proprio lui?

Ma anche sulla libertà del presidente della Regione di scegliere l’assessore che preferisce, forse, c’è qualcosa da dire. “Nessuno – ha detto Crocetta – può pensare di mettere in discussione il diritto del presidente di nominare almeno un assessore di propria espressione”. E sul “diritto” c’è poco da dire. Il governatore quel diritto ce l’ha. Anche di nominarne dodici, se vuole. Altra cosa è valutare gli effetti delle scelte del presidente. I “suoi”, quelli che Crocetta ha voluto portare in giunta, infatti, non è che siano andati incontro a una sorte benevola. Basti citare i nomi di Antonino Zichichi e Franco Battiato, ad esempio, che oggi mettono in dubbio la stessa portata rivoluzionaria di questa esperienza di governo. O basti ricordare lo “strappo” avvenuto tra Crocetta e Michela Stancheris, segretaria particolare promossa ad assessore, e che oggi si definisce “politicamente affrancata” da Crocetta. Di Linda Vancheri abbiamo già detto. E tanti altri sono, a dire il vero, gli assessori voluti da Crocetta, che, quando non ha scelto direttamente ha posto veti e gradimenti, come è giusto che sia. Basti ricordare le frasi di Crocetta su Nicolò Marino all’inzio della legislatura, e confrontarla con la violenza delle polemiche sorte in seguito alla cacciata dalla giunta dell’ex pm che avrebbe fornito l’ingrediente della legalità e dell’antimafia.

E a proposito di legalità e antimafia, il caso più evidente di come le scelte del governatore abbiano finito per smascherare l’impostura di una rivoluzione fasulla è ovviamente quello della “cara Lucia”. Quella Lucia Borsellino considerata per tre anni l’architrave e la facciata buona del tempio delle bugie crocettiane. E che, col suo addio, e con i riferimenti ai problemi di ordine “etico e morale” alla base delle sue dimissioni, ha finito per restituire alle bugie il loro vero nome. Consentendo di puntare autorevolissimi riflettori, finalmente, su quel cerchio magico che anche oggi, per il presidente, non esiste. “Mi sono stancato – ha detto Crocetta – con questa discussione sul cerchio magico, anche perché non esiste. Trovo incredibile che qualsiasi persona accanto a me venga bollata come cerchio magico, perché non gestisce un bel nulla. La mia vita dimostra che io sono antitetico a ogni forma di gestione del potere”.

Antitetico alla gestione del potere, si dice Crocetta. E andrebbe compreso, allora se, ad esempio, la scelta dei manager da piazzare alla guida di Asp e ospedali siciliani rappresenti un esempio di “gestione del potere”. Quei nomi, per intenderci, che il primario-amico-medico personale Matteo Tutino, insieme all’ex commissario di Villa Sofia e anche questo amico di Crocetta, Giacomo Sampieri, mettevano uno dietro l’altro in una lista da portare a Palazzo d’Orleans, previo appuntamento fissato col governatore, come emerge da diverse intercettazioni. E sarebbe da chiedersi se ha a che vedere con la gestione del potere, il mantenimento, nel caso di Patrizia Monterosso, del ruolo di capo della burocrazia di Palazzo d’Orleans, da esterno (cioè non avendo superato alcun concorso) e nonostante una condanna già in appello della Corte dei conti per un danno da un milione a causa di “manciugghia” nella Formazione professionale. E ancora, chissà se ha a che vedere con la gestione del potere, la guida di una società che muove milioni di euro come Sicilia e-Servizi, e per la quale Antonio Ingroia, insieme al governatore Crocetta, è stato messo sotto inchiesta dalla Procura di Palermo e dai magistrati contabili per assunzioni “al buio” e che avrebbero ignorato le norme vigenti. E dopo anni di bombardamento “legalitario”, di spot antimanciugghia, di mascariamenti a carico di incensurati operati come fosse il gioco di un bambino, appare legittimo il dubbio: se non fossero componenti del ‘cerchio magico’, se non fossero, cioè, amici, protetti del governatore, che destino avrebbero seguito?

“Antonio Fiumefreddo – ribadisce oggi Crocetta – non appartiene ad alcun cerchio magico: è una persona che si batte contro il malaffare, dando risultati incredibili sia alla società Spi, dove ha denunciato la svendita del patrimonio immobiliare della Regione, sia a Riscossione Sicilia dove ha denunciato un elenco di soggetti, circa 800, che da soli evadevano circa un miliardo di euro”. Ha provato a farlo assessore, lo ha poi nominato alla Società patrimonio immobliare (una società, giusto per ricordarlo, che Crocetta si era impegnato a liquidare appena giunto al governo), poi a Riscossione Sicilia, dove – vedi un po’ le casualità – ha preso il posto una volta promesso proprio a Ingroia, prima dello stop del Csm. E adesso Crocetta ci riprova. Sparando numeri e fatti con lo stesso pallottoliere usato per contare i mafiosi che avrebbe “fatto arrestare” a Gela. E il cui numero getterebbe ombre persino sulla portata “genetica” della mafia nel nisseno. (900, mille mafiosi arrestati in una cittadina come Gela?). Adesso Crocetta parla di 800 soggetti “denunciati da Fiumefreddo”. Dimenticando di precisare che quei nomi non li ha scovati né il governatore né il futuro assessore. Ma semplicemente l’Agenzia delle entrate. Che ha inviato un bell’elenco di quelli che Crocetta chiama – con lo stesso, nobile garantismo usato in passato – “evasori” e che in molti casi potrebbero rivelarsi solo contribuenti in ritardo, in crisi o con cause prendenti col Fisco. Eppure quei numeri oggi tornano buoni. Fiumefreddo ha portato nelle casse della Sicilia 80 milioni in più rispetto all’anno scorso. Fosse vero, saremmo tutti contenti. E se fosse vero, però, bisogna chiedersi cosa abbia fatto fino a pochi mesi mesi fa Lucia Di Salvo, l’ex presidente di Riscossione Sicilia scelta personalmente dal governatore, perché una “garanzia di legalità”. Comunque la si guardi, il “diritto di scegliere” di Crocetta, da Zichichi a oggi, nonostante bluff e mistificazioni, non è affatto una garanzia di successo.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI