PALERMO – Si allungano i tempi del processo firme false a Palermo. Il gup di Nicola Aiello ha respinto, in quanto non motivata, l’istanza di rinvio dell’udienza preliminare sulla vicenda che riguarda la presentazione della lista M5s alle Amministrative 2012, avanzata dall’avvocato Domenico Monteleone, legale dei parlamentari nazionali Nuti, Mannino e Di Vita. Il procedimento è stato comunque rinviato al 26 maggio per dare alle parti la possibilità di esaminare i nuovi atti depositati: cioè la conversazione del luglio scorso tra un giornalista dello staff grillino alla Camera e alcuni indagati su presunti illeciti nella gestione dell’associazione Addiopizzo commessi da Ugo Forello, candidato del movimento alle elezioni amministrative prossime ed esponente dell’associazione antiracket. La procura ha annunciato, per la prossima udienza, il deposito delle sommarie informazioni prese, in attività integrativa di indagine, da 1.200 cittadini che avevano firmato la lista “incriminata”. I 1.200 si aggiungono a quelli già interrogati prima della richiesta di rinvio a giudizio: nell’ultima tranche di sommarie informazioni in oltre 500 avrebbero disconosciuto le firme.
L’udienza preliminare, fissata inizialmente per oggi, avrebbe dovuto decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dai pm nei confronti di 14 indagati. Alla base dell’inchiesta, condotta dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal sostituto Claudia Ferrari, un errore sul luogo di nascita di uno dei candidati che avrebbe dato vita a un vero e proprio pasticcio, con centinaia di firme ricopiate in seguito sui moduli corretti. Il principale capo d’accusa è relativo alla falsificazione delle firme, compreso il semplice beneficio che ne sarebbe derivato anche per chi non prese parte materialmente alla ricopiatura. Un reato che riguarda la violazione del testo unico regionale in materia elettorale. Era il 2 ottobre del 2016 e le dichiarazioni dell’attivista Vincenzo Pintagro alla trasmissione tv Le Iene alzavano il velo su una vicenda che quattro anni prima era stata archiviata forse con troppa fretta, portando alla luce anche le fratture fra la deputazione nazionale eletta a Palermo alle Politiche 2013 e gli attivisti locali che per le prossime Amministrative hanno puntato sul co-fondatore di Addiopizzo Ugo Forello.
Rischiano il processo Nuti, che in quella tornata elettorale era il candidato sindaco dei grillini, Di Vita e Mannino, oltre ai parlamentari all’Ars Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca che hanno collaborato con i giudici raccontando quanto avvenne in quei concitati giorni dell’aprile 2012 all’interno dell’appartamento di via Sampolo. L’ufficio era di proprietà di Luigi Scarpello, l’attivista che avrebbe dovuto concorrere per un posto in consiglio comunale alle elezioni che si svolgeranno tra poco meno di un mese e che invece, nonostante non risulti indagato, è stato sospeso dai probiviri pochi giorni fa. La Rocca, intanto, annuncia: “In caso di rinvio a giudizio non ci sarà una mia candidatura per le prossime regionali”. Nuti, Di Vita e Mannino, già sospesi dai probiviri del movimento, poco prima della chiusura delle indagini sono stati ascoltati su loro richiesta dai magistrati, mentre in un primo momento si erano avvalsi della facoltà di non rispondere. I tre all’indomani della richiesta di rinvio a giudizio si sono autosospesi anche dal gruppo parlamentare M5s a Montecitorio, denunciando però “il tentativo di levarci politicamente di mezzo per avere campo libero – le parole dei tre deputati – attraverso una montatura ben organizzata”.
Tra i destinatari della richiesta di rinvio a giudizio anche Samantha Busalacchi, ex collaboratrice del gruppo parlamentare M5s a Palazzo dei Normanni, Pietro Salvino, marito di Claudia Mannino, e Riccardo Ricciardi, marito della deputata Loredana Lupo. A rischio processo anche Stefano Paradiso, Giuseppe Ippolito e Toni Ferrara, tutti e tre candidati nel 2012, oltre che l’attivista Alice Pantaleone. Gli ultimi due indagati sono il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello e l’avvocato Francesco Menallo: l’accusa per entrambi, in concorso, è di avere dichiarato il falso. Il primo ha attestato che le firme erano state apposte in sua presenza, mentre il secondo avrebbe consegnato i documenti al pubblico ufficiale per l’autenticazione.
In un post Facebook oggi La Rocca – autosospesa dal Movimento, così come Ciaccio – torna sulla decisione di collaborare con i pm: “La mia scelta è stata quella di collaborare con la magistratura, di raccontare ciò che ricordavo su un errore dettato da ingenuità e ignoranza da ragazzi che credevano in un sogno”. La deputata, che però risulta ancora facente parte del gruppo parlamentare pentastellato a Palazzo dei Normanni, racconta di aver trascorso “mesi difficili” e “dolorosi”, ma “il seguito di questa storia – sottolinea – sarà affrontato con la serenità di chi sa dire la verità, con la speranza di potere tornare presto ad una vita normale”.