Punti deboli e assi nella manica |Radiografia dei cinque candidati - Live Sicilia

Punti deboli e assi nella manica |Radiografia dei cinque candidati

I candidati alla presidenza della Regione

Il punto sui contendenti a poche settimane dal voto.

VERSO LE ELEZIONI REGIONALI
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5 min di lettura

PALERMO – Due settimane al voto delle Regionali. La sfida entra nella sua fase decisiva. E le strategie dei candidati, già abbastanza delineate, si adeguano ai trend dei sondaggi. Ognuno con i suoi punti di forza e di debolezza. Ormai abbastanza chiari. Ecco quali sono.

Nello Musumeci

Per i sondaggi è lui il candidato da battere. E forte di questo vantaggio, il politico catanese ha scelto di dribblare tutti i confronti pubblici con i suoi avversari che sono stati fin qui organizzati. Musumeci ha due punti di forza e due punti di debolezza.

Dalla sua c’è anzitutto il suo carisma personale. Musumeci è un politico esperto, ha amministrato (la Provincia di Catania), gode di un’ottima reputazione per onestà e rigore. Ha quindi un patrimonio di voto d’opinione che prescinde dalle sue liste. Che rappresentano comunque l’altro suo punto di forza: le cinque liste del centrodestra, infatti, dovrebbero garantire una potenza di fuoco di cui nessun altro candidato sembra disporre. Soprattutto in caso di bassa affluenza, il voto “strutturato” può essere decisivo nella sfida.

Paradossalmente, i due punti di debolezza sono il rovescio della medaglia di quelli di forza. Il primo è appunto quelle delle liste: forti sì, ma anche scomode per certi versi. Anzi tutto per la folla di transfughi dell’ultima ora transitati dal centrosinistra al centrodestra a fine legislatura. Un trasformismo last minute che si è fatto notare. Inoltre, la compagnia di giro del candidato, riassunta nella ormai famosa foto di presentazione della candidatura, insieme ad alcune candidature discusse (vedi l’operazione Genovese a Messina o alcuni così detti “impresentabili”), hanno un po’ appesantito di “vecchio” la sua corsa, tanto più per una certa tensione che attraversa la coalizione e che potrebbe esplodere dopo il voto. Il secondo potenziale punto debole, cioè l’estrazione politica di destra radicale (l’area che a livello nazionale è rappresentata da Salvini e Meloni), fin qui non è sembrato nuocere più di tanto a Musumeci, che sa parlare il linguaggio dei moderati.

Giancarlo Cancelleri

All’inizio dell’estate in pole position sembrava esserci lui. Poi il vento ha cominciato a soffiare a destra. E oggi al grillino tocca inseguire, bersagliando quotidianamente il frontrunner Musumeci. Anche per il Movimento 5 Stelle il punto di debolezza è l’altra faccia del suo punto di forza, cioè la corsa solitaria. Che consente ai grillini di risparmiarsi la rogna di alleanze scomode o imbarazzanti. Ma che d’altra parte li priva della forza delle liste affollate di candidati che portano acqua al mulino del presidente. Battere con una sola lista un’armata di cinque è impresa titanica, e vista la conformazione dell’elettorato dei 5 Stelle richiede un’alta affluenza alle urne, Non a caso, negli ultimi giorni si sono moltiplicati gli appelli contro l’astensionismo dalle parti dei pentastellati.

Tra i punti di forza dei grillini c’è senz’altro quello di intercettare ancora un voto di protesta e anti-sistema. Centrodestra e centrosinistra hanno già governato in questi anni la Regione e si spartiscono le responsabilità dello status quo, i grillini no. Anche se forse questo appeal oggi ha meno vigore rispetto a un paio di anni fa. I passi falsi al Comune di Roma o anche la vicenda delle firme false di Palermo hanno un po’ logorato l’immagine del Movimento.

Altro punto debole dei grillini è quella certa dose di approssimazione che accompagna a volte le loro iniziative, vedi ad esempio l’autogol della lista di proscrizione per gli impresentabili sparata sui social, con tanto di maldestre scuse ai diffamati.

Fabrizio Micari

Il primo punto debole per il rettore, e questo era messo in conto, è il deficit di notorietà rispetto ai competitor. Un fattore che potrebbe declinarsi in positivo come unica “novità” rispetto alle facce già note degli avversari. Ma fin qui quest’effetto virtuoso non si è avvertito. Micari ha dalla sua il profilo personale, si presenta come un candidato serio e “gentile”, come vuole lo slogan della sua campagna. Forse troppo gentile, tanto che negli ultimi giorni la sua comunicazione ha svoltato su una linea più d’attacco verso gli avversari. Tra i suoi punti di debolezza l’eredità che pesa sulla sua coalizione dopo questi cinque anni tutt’altro che esaltanti di governo e il clamoroso flop del suo big sponsor politico Leoluca Orlando che non è riuscito ad attrezzare una lista competitiva: un pastrocchio che ha portato il candidato del Pd da un potenziale di cinque liste a un totale di tre liste e mezzo (quella del presidente come è noto è azzoppata perché assente a Messina e Siracusa). I candidati forti, però, non mancano, e l’effetto traino potrebbe spingere il rettore – che si presenta come alternativa ai populismi di Grillo e Salvini – più in alto di quanto non abbiano detto i sondaggi.

Claudio Fava

Rispetto agli altri tre “big” in corsa, ha una sorta di vantaggio: non è mai stato davvero papabile per la vittoria finale. Il che vuol dire che anche un’onorevole sconfitta, magari con un totale che si avvicina alla doppia cifra, potrebbe comunque essere per lui un buon risultato. La vera sfida della sua candidatura è quella di riportare la sinistra-sinistra dentro Sala d’Ercole dopo lustri di assenza. Dalla sua ha la notorietà, figlia di venticinque anni di vita politica spesa in buona parte sui temi della legalità, e la ben nota abilità dialettica. Ma è pur sempre candidato di un rassemblement il cui peso è tutto da valutare e la cui mission appare limitata ad alcuni ambienti del suo potenziale elettorato allo sgambetto politico a Matteo Renzi.

Roberto La Rosa

Il candidato sicilianista è rimasto l’unico outsider in corsa. In una sfida che vede tanti elettori indecisi, sul suo nome potrebbero finire le croci di quanti non si riconoscono nei quattro big ma preferiscono votare piuttosto che astenersi. E che si sommerebbero ai seguaci della linea indipendentista dell’unico candidato fuori dagli schemi nazionali.


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