CATANIA – Quindici anni fa moriva prematuramente Rino Nicolosi. Ha lasciato un vuoto incolmabile, ancora oggi, non solo per i suoi familiari e i tanti amici ma anche per la politica, soprattutto siciliana.
La sua assenza pesa tanto più per quanti, come me, gli sono stati vicini durante quei formidabili anni in cui ha vissuto da protagonista i fatti della politica, con tutte le speranze, le ansie, le delusioni, le grandi amarezze ma anche gli indiscutibili risultati nell’ambizioso progetto di cambiamento della Sicilia.
Con la morte di Rino Nicolosi è terminata una stagione irripetibile della politica siciliana. Ma quello che lui ha costruito, che ha seminato è rimasto in tutti noi e nell’efficacia della sua azione di governo, come poche illuminata ed intelligente. Fare politica con lui è stata, per noi che gli siamo stati amici, anche una esperienza umana incancellabile oltre che ideale e di governo.
I sette lunghi e significativi anni di Rino Nicolosi, Presidente della Regione Siciliana, gli importanti risultati economici e sociali centrati dall’ambizioso “Progetto” di modernizzazione della nostra Sicilia, meritano un bel più ambizioso e approfondito lavoro di ricerca e di analisi, non esauribile in poche battute.
In questa occasione voglio ricordare la visione politica di Rino, amico e maestro, le cui idee hanno anticipato i tempi. Nicolosi era un uomo di azione ed ammistrazione ma anche di grandi ideali come dimostrano i suoi brillanti e densi interventi nel Parlamento regionale prima e in quello nazionale poi.
È la visione di una politica letta e vissuta senza slogans e semplificazione ma anzi in maniera problematica e complessa, intesa non come capacità di mediazione, prammatismo governativo e inseguimento di interessi particolari ma di impegno fortemente etico in cui al centro ci fossero sempre i valori ideali e spirituali. La politica, come ricerca del bene comune, guidata dalla capacità di guardare oltre il particolare ed il risultato immediato, gettando sempre il cuore oltre l’ostacolo.
Rino Nicolosi è tra i pochi leader che capisce subito le difficoltà in cui si trova la politica in generale e la DC, in particolare; individua le ragioni della crisi nella perdita degli elementi e dei valori costitutivi, nell’evidente deficit di rappresentanza e nelle mancate risposte di governo, soprattutto da parte degli enti locali. Tutte cose che allontanano sempre di più la gente dalla politica. Ed è a quel punto che egli invita a lavorare per cambiare il sistema dal suo interno, identificando i problemi ed andando alla loro radice senza arrendersi e senza abiurare, sforzandosi anzi, di trovare le soluzioni nell’interesse generale, rifiutando le lusinghe e le tentazioni del crescente qualunquismo, dell’antipolitica, del populismo che si affermerà qualche anno dopo.
Capisce bene che la fine del suo partito avrebbe significato l’inevitabile disgregazione di un tessuto politico democratico, costruito nell’immediato dopoguerra e durato quarant’anni. Per questo Nicolosi sceglie con forza e convinzione la strada della rifondazione della politica mettendo al centro quelle che identifica come vere priorità, le questioni vere: il superamento delle crescenti ingiustizie sociali, la cittadinanza dimezzata con il mancato riconoscimento comune di diritti e doveri, la sconfitta evidente della politica a favore del Mezzogiorno. Vede, insomma, il pericolo reale della rottura del Paese. Il grande timore degli ultimi anni di vita e di politica di Rino Nicolosi fu proprio questo affievolirsi della sensibilità nazionale nei confronti del Sud del Paese, un timore che emerge con chiarezza dai suoi interventi dalla Camera dei deputati nei quali chiedeva non una semplicistica solidarietà nei confronti del Mezzogiorno ma una reale valutazione degli interessi del Paese di poter contare su un meridione inserito in un processo virtuoso di sviluppo produttivo. Numerosi furono in quegli anni i richiami alla classe dirigente perché esprimesse un chiaro rifiuto dell’intermediazione parassitaria, dell’assistenzialismo, della mafia, e un impegno, invece, chiaro e definitivo, perché si favorissero al Sud, investimenti, trasferimenti di risorse, crescita dell’occupazione, insomma uno sviluppo endogeno che fosse di lunga durata. Una battaglia fra le più sentite portata avanti con coerenza e convinzione e che oggi deve vedere altri seguire quella strada.
Significativa in tal senso è stata l’iniziativa promossa dal Centro studi “Dossetti”, tenutasi a Catania il 29 novembre alla presenza del Ministro agli Affari Regionali e all’Autonomie, Graziano Delrio, centrata sul Mezzogiorno e sulla necessità di individuare, da parte del governo nazionale, programmi concreti finalizzati alla ripresa produttiva del Sud e alla crescita occupazionale, vera e drammatica emergenza sociale.
L’esperienza di Rino Nicolosi, ancora oggi, non ha nulla di vecchio e di stantio, anzi continua ad essere moderna e attuale e merita una profonda lettura e un nuovo agire.
Il nostro impegno non mancherà nel solco del suo testamento politico, anche se, come affermava Pablo Neruda, “Noi quelli di allora non saremo più gli stessi”.