Rifiuti, il caos della raccolta | Norme colabrodo e affari sporchi - Live Sicilia

Rifiuti, il caos della raccolta | Norme colabrodo e affari sporchi

L'indagine dell'Antimafia, la riforma che si è impantanata, le inchieste penali: tutto sul business milionario.

C’è anche il servizio di raccolta dei rifiuti tra gli appalti su cui si è concentrata l’attenzione della procura di Termini Imerese nell’inchiesta che ha portato all’arresto del sindaco di Casteldaccia Giovanni Di Giacinto e di altri componenti della giunta. Gli inquirenti ipotizzano che sia stata favorita una ditta con delle assegnazioni dirette senza gara del servizio di raccolta differenziata di rifiuti in cambio dell’assunzione di persone da segnalate.

Raccolta, caos totale 

Al di là del merito della singola vicenda, che seguirà il suo corso, c’è da registrare che si tratta dell’ennesima inchiesta giudiziaria che impatta con la giungla degli affidamenti dei servizi di raccolta dei rifiuti in Sicilia. Un mare nero in cui tra emergenze, proroghe e affini, i rischi di infiltrazioni di malaffare e anche di criminalità organizzata sono consistenti. Sulla raccolta vige nell’Isola un caos totale, con modelli che cambiano da comune a comune, e molte ombre. Il quadro emergeva chiaramente già un paio di anni fa dalle prime ricognizioni effettuate dall’Ufficio Speciale della Differenziata, l’organismo istituito dal governo Crocetta. Ma i campanelli d’allarme erano già suonati in altre sedi. Un paio di anni fa il dirigente Salvo Cocina aveva sollecitato sindaci e Srr ad adeguarsi, evitando proroghe “emergenziali” troppo lunghe o affidamenti che non contemplino l’obbligo del 65 per cento di differenziata per chi effettua il servizio di raccolta. Da allora, si sarebbero fatti dei passi avanti e il ricorso alle emergenze sarebbe diminuito, si apprende da fonti della Regione. Ma con significative eccezioni lì dove le gare delle Srr sono in ritardo o hanno avuto vicissitudini complesse come a Catania (gare andate deserte), dove un paio di anni fa scattarono sedici arresti in un’inchiesta.

L’indagine dell’Antimafia

Il servizio di raccolta della spazzatura rappresenta uno dei due pilastri del gigantesco business dei rifiuti in Sicilia. L’altro è quello delle discariche, che si sono saturate in questi anni in cui la raccolta differenziata ha faticato a decollare e ad attestarsi sugli standard di legge, a tutto vantaggio dei privati che operano nel settore. Ma se “le discariche sono poche e più facili da seguire”, come osserva Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia che al tema rifiuti sta dedicando una complessa indagine, più frammentato e quindi esposto è il sistema della raccolta, che vale 800 milioni l’anno.

“Gli arresti di oggi nel comune di Casteldaccia confermano i rischi e la pericolosità degli affidamenti diretti nel servizio di raccolta dei rifiuti – commenta Fava –. Per questo, come Commissione antimafia e anticorruzione, abbiamo avviato nelle scorse settimane un censimento della situazione Comune per Comune, con uno specifico focus sugli affidamenti diretti e in proroga in questo delicato settore”. Un censimento che è ancora in corso. Solo un centinaio di comuni, a quanto si apprende hanno risposto fin qui. La commissione sta cercando di recuperare gli altri dati per le vie brevi. “È nostra convinzione, e le notizie che arrivano da Casteldaccia sono una conferma, che dentro la giungla degli affidamenti diretti e senza gara di appalto del servizio di raccolta dei rifiuti si annidino malaffare e corruzione, oltre a costituire uno dei principali elementi di un ingiustificato aumento del costo del servizio  di raccolta”, aggiunge Fava, che definisce il sistema della raccolta come “un pozzo nero in cui nessuno ha mai guardato, anzi una somma di tanti piccoli pozzi”.

Affidamenti diretti e inchieste

Nel “pozzo nero” per la verità hanno guardato in questi anni diverse procure e prefetture. La commissione parlamentare sulle Ecomafie parlò di disastri riconducibili “non solo a inefficienze amministrative ma, più realisticamente, a una commistione tra queste e vaste sacche di illegalità”. Tre anni fa il valore degli affidamenti diretti del servizio di raccolta ammontava a circa 200 milioni di euro, un vero tesoro. Un business gigantesco, un “sistema criminogeno”, come è stato definito. Che non è solo quello delle discariche, spesso e volentieri al centro dei riflettori anche del dibattito politico. E che rimane più distante dall’attenzione mediatica, salvo poi riapparire come un fiume carsico in occasione dell’inchiesta giudiziaria di turno. Una delle ultime nel Palermitano, con perquisizioni scattate a febbraio a Carini e Torretta. ma l’elenco delle inchieste penali è lungo, da San Pietro Clarenza a Naro. Le anomalie riscontrate negli anni sono tante, dalle gare deserte a quelle con una sola ditta che si presenta.

“Una via d’uscita certa per questo sistema – dicono i deputati grillini Roberta Schillaci e Antonio De Luca – deve essere il piano regionale dei rifiuti, un sistema cioè che metta definitivamente la parola fine agli affidamenti diretti con la logica dell’emergenza. Un piano dei rifiuti cioè che abbia una visione lungimirante capace di guardare oltre la stessa raccolta differenziata”.

La riforma impantanata

La legge di riforma dei rifiuti che si è subito impantanata all’Ars nelle scorse settimane affronta il tema, partendo dalla considerazione della “frammentazione” del servizio (18 Srr, servizi di regolamentazione, e 200 Aro, aree ottimali), che si è ulteriormente accentuata nei primi anni di questo decennio. Una situazione per la quale la Regione aveva ricevuto una diffida dallo Stato nel 2015 e sulla quale l’Autorità nazionale Anticorrruzione nel 2016 e la Corte dei Conti nel 2017 erano intervenute chiedendo una modifica normativa che limitasse questa frammentazione colabrodo. Nel 2016 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato “ha auspicato il superamento di gestioni estremamente frammentate operanti su bacini comunali di piccole dimensioni, in quanto in detti casi non appare possibile il raggiungimento di adeguate economie di scala nello svolgimento del servizio”. Insomma, la frammentazione fa aumentare i costi, non garantisce servizi efficienti ed è ideale per cerare le condizioni di infiltrazioni illecite. La riforma dell’assessore Alberto Pierobon intende introdurre degli enti pubblici di governo dell’ambito (AdA) che dovrebbero superare questa frammentazione. “Il governo Musumeci è intervenuto con il ddl presentato all’Ars e con il Piano rifiuti da poco esitato in commissione Vas – commenta Pierobon -. Grazie a questo importante strumento di pianificazione mettiamo ordine alla materia, razionalizziamo e introduciamo misure di contrasto ad ogni forma di speculazione. Il Piano mette in sicurezza il settore stabilendo dei criteri e delle priorità secondo una visione strategica che porterà la Sicilia a una gestione ordinaria e trasparente”. Chissà che in questa legislatura non si riesca finalmente a voltare pagina dopo gli anni del “pozzo nero”.

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