Saguto, Cappellano Seminara e gli altri imputati: il giorno del verdetto - Live Sicilia

Saguto, Cappellano Seminara e gli altri imputati: il giorno del verdetto

L'ex magistrato delle Misure di prevenzione rischia 15 anni di carcere

PALERMO – Sono trascorsi cinque anni da quel settembre 2015 in cui i finanzieri si presentarono al Palazzo di giustizia di Palermo per perquisire l’ufficio di Silvana Saguto.

Oggi per l’ex magistrato e presidente della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale e per gli altri imputati è il giorno del verdetto a Caltanissetta.

Saguto rischia una condanna a 15 anni e 4 mesi di carcere.
Son previste le repliche dei difensori dell’avvocato e amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara, alcune dichiarazioni spontanee e poi il collegio presieduto da Andrea Catalano si ritirerà i camera di consiglio.

Il processo va avanti da tre anni, con decine e decine di testimoni, oltre cento udienze nel corso delle quali, secondo l’accusa, si sarebbe dimostrato che Saguto “era a capo di un sistema perverso e tentacolare” che gestiva i beni sequestrati ai mafiosi e agli imprenditori sospettati di essere stati in qualche modo favoriti dai boss. Un sistema di cui avrebbero fatto parte magistrati, avvocati, prefetti, vertici delle forze dell’ordine. Le amministrazioni giudiziarie sarebbero diventate rendite di potere per ottenere incarichi, parcelle e fare assumere parenti, amici e persone segnalate.

Sono 73 i capi di imputazione a carico di Saguto: dalla corruzione al falso. Queste le richieste di pena dei pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti per gli altri imputati: 12 anni e 3 mesi per Gaetano Cappellano Seminara; nove anni e 10 mesi per l’ingegner Lorenzo Caramma, marito di Silvana Saguto; 11 anni e 10 mesi per il professore della Kore Carmelo Provenzano; 6 anni per l’ex prefetto Francesca Cannizzo; 2 anni e 6 mesi per l’ex giudice della sezione misure di prevenzione Lorenzo Chiaramonte; 10 anni e 11 mesi per l’amministratore giudiziario Roberto Nicola Santangelo; 2 anni per l’amministratore giudiziario Walter Virga; 6 mesi per Emanuele Caramma, figlio di Saguto; 4 anni e 4 mesi per il docente universitario Roberto Di Maria; 5 anni per Maria Ingrao, moglie del professor Provenzano; 4 anni e 6 mesi per Calogera Manta, cognata di Provenzano; 8 anni e 1 mese per il colonnello della Dia Rosolino Nasca. Chiesta l’assoluzione per Vittorio Pietro Saguto, padre dell’ex magistrato e per Aulo Gabriele Gigante, un altro amministratore giudiziario.

I rappresentanti dell’accusa sono stati durissimi: “Hanno fatto un danno incalcolabile all’immagine dell’amministrazione della giustizia” dopo avere “fatto vera antimafia” e “non come” chi “si è attribuito un attestato di paladino della legalità”.

Ed ancora:”Il problema è quello di ipotizzare che avendo fatto antimafia hanno una sorta di ‘licenza di uccidere’, una ‘licenza di delinquere’ per quello che viene dopo. E il nostro processo riguarda proprio le condotte successive che si sono concretizzate in gravi reati perché non si può consentire di mortificare l’azione di un magistrato e svolgere un’attività predatoria”.

Le difese hanno battagliato. a cominciare dagli avvocati Ninni Reina per Saguto e Sergio Monaco per Cappellano Seminara, cercando di smentire carte e controperizie alla mano le accuse di infedeltà, ruberie e corruzione contestate agli imputati. Del passaggio di denaro non ci sarebbe la prova, neppure del trolley che una sera Cappellano portò a casa di Saguto. Secondo l’accusa c’erano dentro 20 mila euro, per la difesa erano “solo documenti”. E si è difesa pure Silvana Saguto, dentro e fuori dall’aula: “Trovate le prove per condannarmi” ed “ecco perché mi accusano“.


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