Pogliese convoca il conclave: dimissioni? Bocche cucite - Live Sicilia

Pogliese convoca il conclave: dimissioni? Bocche cucite

La lunga serata del sindaco di Catania dopo la rinnovata sospensione. I partiti gli chiedono di restare
LE PROSPETTIVE
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“Allegro non è, è un momento doloroso“. Dal portone scuro di via Francesco Crispi 254, storica segreteria politica di Salvo Pogliese, escono uno dopo l’altro amici e assessori. Il conclave si è riunito alle 19, convocato con un messaggio lapidario su WhatsApp inviato un’ora prima dell’appuntamento. “La parola ‘dimissioni’ non è mai uscita dalla sua bocca”, commenta qualcuno sbattendo il portone del palazzo. Ma il tema esiste e lo sanno tutti: con 13 mesi e 17 giorni di sospensione ancora da scontare, Salvo Pogliese tornerebbe a essere sindaco di Catania giusto in tempo per assistere alla presentazione delle liste per le nuove elezioni comunali del capoluogo etneo. Le dimissioni, però, sono un calice al momento amaro per troppi: per il primo cittadino, che appare sinceramente provato; e per il centrodestra, che avrebbe qualche difficoltà a organizzarsi in tempo per eventuali elezioni anticipate da celebrarsi in primavera. Problema che, con ogni probabilità, condivide con il centrosinistra.

I “no comment” della maggioranza

Sono le 21.15, la Fiat Punto bianca in uso al primo cittadino è ferma sulla strada da diverse ore e ripartirà tra una ventina di minuti. Il primo a uscire dalla riunione riservata è l’assessore ai Lavori pubblici Enrico Trantino, che è anche stato tra gli ultimi ad arrivare. Mascherina, cappotto scuro e testa bassa. Va via veloce. Scendono insieme l’assessore forzista Michele Cristaldi e l’autonomista Giuseppe Lombardo, accompagnati dal presidente del Consiglio comunale (autonomista anche lui) Giuseppe Castiglione. “No comment”, scandisce Lombardo. Andrea Barresi li segue a distanza di pochi minuti.

La linea del silenzio scelta dai primi a uscire è quella di tutti gli altri che varcheranno la soglia dopo. Solo qualcuno si lascia andare a un commento umano: “È difficile, una batosta così”. La nota della prefettura che riattiva la sospensione di Pogliese per effetto della legge Severino è arrivata “inaspettata”, come diceva il sindaco nel suo primo commento. E non perché improvvisa – l’udienza al Tribunale Civile si era svolta il 22 gennaio -, ma perché di contenuto inatteso: la Corte Costituzionale aveva ribadito, nella sua sentenza degli inizi di dicembre 2021, che la sospensione è prevenzione, non sanzione. Ne conseguiva, per i legali di Pogliese, che non potesse essere estesa a tempo indeterminato. La prefetta Maria Carmela Librizzi ha stabilito, con il ministero dell’Interno, che i 18 mesi di sospensione debbano essere scontati tutti.

Possibile attesa per le dimissioni

Stando a quanto trapela, la maggioranza consiliare si sarebbe stretta attorno al sindaco, chiedendogli di restare al suo posto per motivi umani e politici insieme. Non solo perché nessuno vede come allettante la prospettiva di andare al voto in primavera, insieme a Palermo e a Messina, però senza preavviso adeguato. Anche perché la necessità di dare un sindaco a Catania costringerebbe la coalizione a fare fronte, con la spartizione dei candidati nelle casette vuote, a un affollamento elettorale di un certo peso, dalla Regione Siciliana in giù. Infine perché c’è perfino una proposta del Partito democratico di eliminare dalla Severino la sospensione degli amministratori pubblici dopo una condanna di primo grado, a meno che non ci siano di mezzo “reati gravi”. Senza contare il referendum sulla Giustizia che la Severino vuole metterla del tutto da parte. Non dimenticando neanche, opzione più difficile da incastrare nel calendario di una città in dissesto, che magari arriva la sentenza d’Appello sul peculato (il cui processo deve ancora iniziare).

Insomma: al di là di un eventuale nuovo ricorso al tribunale Civile (stavolta, con un quesito che non riguardi la costituzionalità della Severino ma la sua corretta interpretazione), c’è più di un elemento che potrebbe fare propendere il sindaco verso la scelta di restare in carica. Almeno per un altro po’. Il tempo di vedere che succede con il referendum o con la proposta dei dem, che toglierebbe dalle ambasce anche il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, uomo del centrosinistra, condannato in primo grado per abuso d’ufficio.

La palla passa al vicesindaco

Mentre la politica dipana i suoi dubbi, l’amministrazione va avanti. Da oggi a prendere le redini del municipio è l’assessore al Bilancio e vicesindaco Roberto Bonaccorsi. A cui non è dato sapere per quanto tempo sarà costretto in un ruolo che certamente non ha mai voluto.


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