Samuele, la mamma | e i suoi fratelli - Live Sicilia

Samuele, la mamma | e i suoi fratelli

Il bimbo dell'Albergheria
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Da qualche parte a Palermo, c’è nell’aria una canzone napoletana. Parla d’ammore. Ci sono bassi spalancati su niente. Ci sono scritte e piaghe sui muri e facce che sembrano copiate da una cartolina celebrativa del disastro. Dietro un cancello, due persone gentili, per contrappeso al paesaggio. La mamma di Samuele, il bimbo dell’Albergheria massacrato nel cuore una vicenda ancora oscura, è stata qui. Ha accompagnato uno dei suoi tre figli, tutti – parrebbe – nati da relazioni diverse. Lo ha affidato a sante anime pazienti. “Una madre sola, stressata e preoccupata – raccontano – che lavorava come donna delle pulizie, con la preoccupazione di un carico familiare eccessivo e troppi problemi”. Qui, nel centro che si occupa di bambini spesso con storie adulte sulle spalle, è passato l’altro Samuele, di cui nessuno sa niente. Il fratellino del piccolo ricoverato alla Rianimazione dell’Ospedale dei bambini. Ha due anni e mezzo. C’è poi un terzo fratello di sei anni. Si è scatenata una splendida gara di solidarietà intorno a Samuele, rannicchiato nel lettino di un ospedale. Poco si sa degli altri due, dei suoi compagni di viaggio, che adesso vivono in disparte. Da qualche parte a Palermo.

Noi possiamo parlare del bambino che era con noi. E’ stata la mamma ad accompagnarlo qua. E lui stava bene con lei. Ogni volta aspettava il suo ritorno con gioia. Abbiamo visto baci e carezze. Un dolce cosino minuscolo”. Lo chiameremo Pollicino.
Balena, in controluce, un riflesso diverso da quello che molti giornali hanno proiettato. La mamma irredimibile. L’assassina potenziale. La drogata. Una messe di commenti tra forca e ghigliottina. E, sulla carta stampata, nomi, cognomi, numeri civici e foto, in sfregio a privacy e discrezione.

Pollicino – dicono i suoi angeli protettivi – è vivace. “Il suo giocattolo del cuore? Il girello. E non per camminarci, ma per inventare complicate acrobazie”. Una sola stranezza che lascia pensare. “Il bimbo si addormentava spesso in piedi. Un atteggiamento non proprio normale. E’ stata la sua mamma a insistere che ci prendessimo cura di lui. Sempre sistemata e in regola con il contributo mensile. Anzi, qualche settimana fa, ci aveva promesso: ‘Verrò pure con Samuele. Abito in un basso e mi spavento. Ho paura che i miei figli possano essere investiti da qualche macchina. Poi, chissà che è successo. Abbiamo letto tutto sui quotidiani – spiega chi narra, raccomandando la massima discrezione -. Non condividiamo l’accanimento contro questa mamma. Se davvero lo ha picchiato in quel modo, ha reagito, sbagliando gravemente, a uno stato di disperazione”. Il cancello si chiude con una residua avvertenza: “Niente nomi”. D’accordo, li prenderemo in prestito dalle fiabe.

Qui il panorama non è molto diverso dal vicolo delle botte e della brutalità, dalla grotta della violenza all’Albergheria. Ci sono persiane rotte e vite scassinate, mentre canta Napoli a volume altissimo. Ci sono aghi e mani, sarti perseveranti che cuciono i lembi strappati. Ci provano. Qui, dietro il muro screpolato, senti il pianto insistente di qualcuno. Forse è un bambino. Il grigio domina, dentro e fuori. C’è appena un guizzo di colore. L’altro giocattolo preferito di Pollicino è un triciclo rosso posteggiato. La luce giusta per illuminare i sassolini del bosco, di sera, al buio, quando hai smarrito la fede e le scarpe. Perché non trovi la via di casa.

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