Saguto, le intercettazioni: dal "ragazzetto" al "ci tagliano la luce" - Live Sicilia

Saguto, le intercettazioni: dal “ragazzetto” al “ci tagliano la luce”

Piccoli e grandi favori scoperti grazie alle trascrizioni

PALERMO – Erano tutti intercettati. Le trascrizioni delle conversazioni svelarono il patto sporco fra Silvana Saguto, condannata dalla Cassazione e arrestata, e gli amministratori giudiziari. Basta metterle in sequenza, una dopo l’altra, per avere la misura dello scandalo. “Allora io ti devo chiedere il favore per il prefetto… ma lui cosa sa fare, niente”, chiedeva l’ex giudice ad un amministratore giudiziario. Voleva fare un favore al prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo. Era il 2015, poco prima che esplodesse lo scandalo. L’inchiesta era partita da alcune intercettazione trasmesse dalla Procura di Palermo a quella di Caltanissetta. Erano emerse anomalie in una vicenda che riguardava la compravendita di auto e poiché venivano fuori sospetti sulla gestione di un’amministrazione giudiziaria la competenza passò a Caltanissetta. Nel frattempo Pino Maniaci su Telejato confezionava servizi su servizi per denunciare lo scandalo.

Il merito non aveva alcun valore. Era la stessa Saguto a mostrarsi timorosa quando nominò “un ragazzetto che non so come farà, adesso io devo nominare un coadiutore giusto perché sennò”.

Piccoli e grandi favori. Come nel caso della laurea conseguita dal figlio del giudice, Emanuele Caramma. Carmelo Provenzano, professore alla Kore di Enna inserito nel cerchio magico dell’ex magistrato, organizzò e pagò i festeggiamenti: “Un aperitivo rinforzato con primi, prosecco e spritz per 30 persone”. Costo, in un locale di Enna, quindici euro a persona. Provenzano fu intercettato mentre spiegava alla titolare che sarebbe passato da lei per portare “un acconto sostanzioso”.

È stata la necessità di mantenere un tenore di vita altissimo a spingere Saguto, così hanno stabilito i giudici, a siglare il patto sporco con Gaetano Cappellano Seminara. Le intercettazioni raccontano comunque la parabola di una giudice la cui famiglia viveva al di sopra delle sue possibilità. “Sono disperata, non puoi capire – si sfogava con l’avvocato – non ce la posso fare più, devo trovare qualcos’altro, non è che voglio distruggerti l’esistenza… devo vendermi la casa…. la luce, il 20 ce la tagliano”. Una sera Cappellano Seminara arrivò in soccorso con ventimila euro nel trolley a casa del magistrato.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI