Saguto, il marito e Cappellano restano in carcere. Provenzano torna libero - Live Sicilia

Saguto, il marito e Cappellano restano in carcere. Provenzano torna libero

Incidente di esecuzione. L'ex giudice trasferita a Roma

PALERMO – Tre restano in carcere, uno torna libero. La Corte di appello di Caltanissetta ha respinto l’incidente di esecuzione di Silvana Saguto, del marito Lorenzo Caramma e dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara. Accolto invece il ricorso del professore Carmelo Provenzano, che dunque torna libero.

L’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo resta detenuta, ma non più nel penitenziario Pagliarelli di Palermo, ma a Roma. Il trasferimento, avvenuto diversi giorni fa, è stato dettato da ragioni di sicurezza. Non può essere garantito un regime di separazione dagli altri detenuti. L’ex giudice nella sua carriera ha eseguito provvedimenti anche contro associati a Cosa Nostra. Il marito Lorenzo Caramma è ricoverato nel reparto detenuti di un ospedale (al momento dell’arresto era in una clinica privata con la moglie), mentre Gaetano Cappellano Seminara si trova nel carcere di Bollate. Provenzano nelle prossime ore lascerà Roma Rebibbia.

Le difese ritenevano che gli arresti dopo il verdetto della Cassazione fossero stati illegittimi. Bisognava attendere il nuovo processo ed invece la Procura generale ha calcolato le pene: 7 anni, 10 mesi e 15 giorni Saguto; 6 anni e un mese Caramma; se anni e sette mesi Cappellano Seminara.

Cosa dice la Corte di appello

“In mancanza delle motivazioni della sentenza – scrive il collegio presieduto da Andreina Occhipinti – non sussistono elementi per ritenere che il rinvio disposto dalla suprema Corte per la rideterminazione della pena debba essere riferito ai soli reati per i quali sia stato disposto un annullamento con o senza rinvio. Tuttavia secondo i principi della giurisprudenza di legittimità il giudicato formatosi sull’accertamento del reato e sulla responsabilità dell’imputato impone che la sentenza di condanna ad una pena che, se pur non determinata, sia determinabile del minimo e modificabile soltanto in aumento, sia posta in esecuzione“.

“Pena minima certa”

In particolare, fa notare il collegio di appello, il bollo di definitività è stato messo sul reato più grave, e cioè la concussione, “ed appare certamente destinato a rimanere tale e quale non potendo il reato continuato mutare struttura con l’individuazione di altro reato come reato più grave e per esso è stata fissata dal primo giudice la pena di sei anni e sei mesi e cinque giorni di reclusione aumentata di quindici giorni per la continuazione interna. Su tale pena base risultano calcolati aumenti per gli ulteriori reati in continuazione come dettagliatamente indicato dalla sentenza del tribunale di Caltanissetta, confermata dalla Corte d’Appello di Caltanissetta”. La pena minima “non potrà andare al di sotto di anni sei di reclusione. La stessa appare certa“.

Il caso Provenzano

Diverso il caso di Carmelo Provenzano, difeso dall’avvocato Lillo Fiorello. Per l’amministratore giudiziario ed ex professore della Kore di Enna non c’è alcuna certezza sull’entità della pena che dopo il rinvio della Cassazione va calcolata in un nuovo processo di appello. Il suo ordine di arresto, avvenuto il 20 ottobre scorso, non poteva essere messo in esecuzione. È stata sancita la sua colpevolezza per il reato di corruzione, ma “la mancanza di altri reati da porre in continuazione porta a non escludere che l’imputato possa essere ammesso a benefici con conseguente abbattimento della pena al di sotto della soglia massima prevista dalla legge per l’eventuale acceso a sanzioni sostitutive della detenzione in carcere“. Insomma non è certo, allo stato, che debba finire in cella.


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