"Siamo morti per darvi il voto | Adesso dovete difenderlo" - Live Sicilia

“Siamo morti per darvi il voto | Adesso dovete difenderlo”

Quanto è lunga la strada da Grosseto a Palermo. Come sono lontani i riti delle elezioni e non solo. Ma c'è una cosa da salvare. Basta ricordare le parole di Mario. Quali parole? Basta leggere per scoprirle.
Palermo 2012. Lo speciale
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A Palermo già da un paio di mesi, alla domanda “sarà peggio di così?” la risposta è sempre una: “Non hai ancora visto niente”. Eppure i faccioni sembrano già tanti. Volti che spuntano dalle botteghe, dai balconi. L’unico ricordo delle campagne elettorali della mia Grosseto è quello di un paio di manifesti abusivi, affissi con grande sprezzo del pericolo vicino alla stazione. E le lamentele di chi quei due manifesti era stato chiamato a toglierli, mio padre. Non tanto per la fatica di lavorare, quanto per il gesto, quasi un insulto, al decoro per i grossetani, e all’intelligenza di chi aveva scelto, per farsi pubblicità, la via della sfrontatezza. A Palermo i manifesti abusivi restano, si stratificano. Un po’ come le promesse, che negli anni sembrano riuscire sempre a convincere, e che anzi si rafforzano, mentre gli stipendi diminuiscono. Chi non le ha rispettate, infatti, tranne che in poche occasioni, è già stato dimenticato. Quel caprio espiatorio è già sepolto sotto gli strati di quei volti.

Tutti i candidati, o quasi, vengono accompagnati dalla sfilata dei presidenti, segretari e parlamentari nazionali nel capoluogo siciliano. Nei loro discorsi pesa solo la distanza che hanno percorso per arrivare fino a quel palco. Una distanza che grava sulle spalle dei militanti di questo o di quell’altro schieramento. Si parla di Europa, si parla di Berlusconi, si parla di Lega; di mercato, di crisi e perfino della Grecia. E Palermo? Palermo resta una realtà a parte. Le dedichiamo solo qualche frase finale: addentrarsi non si può.

Tanta è la lontananza. Vaglielo a spiegare cosa è bello e cosa è brutto, ai palermitani. Vallo a spiegare agli altri la fame delle borgate, il clientelismo come pane trasversale e, soprattutto, l’assenza. Quella delle istituzioni. Un’assenza che in genere dura cinque anni. Vaglielo a spiegare com’è bella e com’è brutta Palermo.

Palermo città di contrasti, contraddizioni. Definizione sbrigativa, direte. Ma è proprio tanta bellezza calpestata che insemina in molti giovani la voglia di partire. E agli altri quella di restare per difenderla. A Grosseto ricordo la politica del volontariato, della musica e del teatro, quasi assenti in una tranquilla – anche troppo – cittadina di provincia. Ma mai quella dei partiti. In Sicilia però c’è Mario, venuto prima di questa e di molte campagne elettorali. Ed è Mario, reduce della strage di Portella della Ginestra, a far saltare dalla sedia qualunque adolescente ascolti le sue parole. “Siamo morti per il voto. Dovete difenderlo” non si stanca di ripetere a quelle orecchie incredule che continuano ad ascoltare la storia della democrazia.


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