E dire che ci siamo tanto inorgogliti dell’eroe dello spazio di Paternò, Luca Parmitano!
Nessuna “splendida mente” proveniente dalla Sicilia figura nella classifica mondiale recentemente stilata da una importante società multimediale di informazione americana. Il report “Beautiful mind”, compilato dall’Istituto Thomson Reuter, indica, tra i 3.200 ricercatori selezionati, 55 italiani, tra i quali cinque donne, ma nessun figlio della nostra terra. I nomi, come si legge nel rapporto, sono stati prescelti «fra le migliori e più brillanti menti scientifiche del nostro tempo», e i ricercatori menzionati sono quelli più citati nel periodo compreso fra il 2002 e il 2012. Si tratta di coloro che, in buona sostanza, «stanno influenzando la futura direzione dei loro settori di ricerca».
La quota italiana è pari al 2%, ma i nostri connazionali occupano un ruolo di grande rilevanza nel settore forse di maggiore importanza per il genere umano, la medicina, con ben 15 presenze; sono in buona posizione anche in farmacologia (7), scienze agrarie (5) e nelle ricerche spaziali (4). Tra gli enti di ricerca nei quali gli scienziati segnalati lavorano, vi sono l’Istituto Nazionale di Astrofisica, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Istituto Italiano di Tecnologia e l’Agenzia Spaziale Italiana. Fra le Università, spiccano quelle di Parma, Bologna, Torino, Padova, Firenze, Cagliari, Ferrara e Trieste, accanto a quelle dell’Aquila e della Calabria, Politecnico di Milano, e l’Istituto Mario Negri.
E’ stato premiato per la fisica Massimo Inguscio, co-fondatore dello European Laboratory for Non Linear Spectroscopy dell’Università di Firenze, presidente dell’Istituto Italiano di Ricerca Metrologica, che si dichiara sorpreso, visto il gran numero di colleghi italiani attivi sulla scena internazionale, che il suo sia il solo nome presente in lista. Quattro gli italiani al vertice della ricerca astrofisica mondiale: Paolo Giommi, responsabile dello Science Data Center dell’Agenzia Spaziale Italiana, Patrizia Caraveo, direttore dell’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Milano, Andrea Cimatti, professore nell’Università di Bologna e associato INAF, Alvio Renzini dell’Osservatorio Astronomico di Padova dell’INAF, adesso in pensione (l’unico presente nella classifica precedente, pubblicata nel 2001). Un tale risultato conferma quanto l’astrofisica italiana sia un’eccellenza scientifica a livello mondiale.
Proviamo ora, per un esercizio di analisi, a estrapolare dall’elenco dei 55 scienziati italiani i “cervelloni” provenienti dal Meridione d’Italia, che (onore al merito) citiamo: Vincenzo Fogliano (Università di Napoli Federico II), Gianni Tognoni (Consorzio Mario Negri Sud), Marco Liserre (Politecnico di Bari e Università di Aalborg); Giovanni Pitari (Università de L’Aquila), Giuseppe Marino (Università della Calabria), Maurizio Corbetta (Università di Chieti e Washington University). Ecco che ci accorgiamo che nessun ricercatore proviene dalle università siciliane.
Eppure, di qualche tempo fa è una notizia che, per una volta, attribuisce alla Sicilia un primato positivo. Gli inventori siciliani sono fra i più prolifici d’Italia, come dimostrano i dati di Unioncamere Sicilia. Nel 2013 sono state 73 le richieste di brevetto depositate nelle nove Camere di Commercio dell’Isola e questo numero sale a ben 211 se si considerano le istanze che i siciliani hanno presentato fuori dalla Regione. Un eccellente risultato si legge anche riguardo alle richieste di registrazione dei marchi: 1.457 in Sicilia e altre 1.744 richieste presentate da siciliani al di là dello Stretto. Il confronto con l’anno precedente mostra un incremento dei marchi, passati da 1.249 a 1.457, del 14%, mentre calano leggermente i brevetti: dai 79 del 2012 ai 73 del 2013. La provincia di Catania detiene il record isolano, con 28 invenzioni depositate. Seguono Palermo (13), Caltanissetta (12) e Messina (10). Ultime Enna (5), Ragusa e Siracusa (entrambe 2 richieste) e Agrigento (1).
E, a proposito di creatività e restando nell’ambito delle novità siciliane, un drappello di stilisti siciliani ha recentemente esposto le proprie creazioni, fra l’altro connotate da una particolare versatilità e attenzione all’ambiente, niente meno che a Parigi, con la indubbia soddisfazione di mettere in mostra le proprie “creature” nella storica capitale mondiale della moda e dell’eleganza. I primi di Luglio hanno preso parte alla nuova edizione del “Who’s next”, la vetrina del fashion che anticipa le tendenze mondiali, e, soprattutto, ha un occhio attento ai generi più originali e di tendenza, proprio quelli che i trend setter vanno cercando per sondare le evoluzioni del mercato.
La Regione Siciliana ha selezionato 23 aziende per finanziare la missione per mezzo delle risorse dell’Unione Europea (PO FESR 2007/13), attraverso l’Assessorato Attività Produttive che ha scelto, per questa edizione, di puntare su imprese nuove e creative, tra le quali, fondate da giovani under 40, vi sono Vitussi di Vito Petrotta Reyes, Bakarà di Federica e Roberta Garofalo, Madì di Marzia Di Gaetano, Mad di Marzia Donzelli, Viola Murder. I marchi che parteciperanno a questa missione sono riusciti, nonostante la tremenda recessione, a imporsi come realtà solide e rappresentative dell’Isola, e hanno a pieno titolo meritato di entrare a far parte di Mis Lab, acronimo di “Laboratorio Made in Sicily”, nato per supportare le piccole e medie imprese del settore moda e gioielleria, con il fine di sostenerne la presenza sui mercati internazionali e di consentire loro, mediante il progetto Settore Moda, di partecipare alle più importanti e prestigiose fiere del design sia in Italia che all’estero. Nella cifra stilistica siciliana sono evidenti i concetti di versatilità e riciclo e, a proposito di “riutilizzo” di materiali, si trovano tra le creazioni dei veri e propri pezzi unici, come gli abiti superfemminili e romantici, che evocano il glamour degli anni Cinquanta, della stilista milazzese Cettina Bucca, che inframezza all’uso di broccati, sete e tapisserie (cui sottende un colto lavoro di ricerca), anche tessuti antichi e bottoni da collezione, pronti al brillante rispolvero per una seconda vita.
A Palermo (vedi Live Sicilia, 4 Aprile 2014), nel corso della mostra dei brevetti organizzata presso la Camera di Commercio, lo scorso aprile gli inventori hanno avuto modo di esporre le loro creazioni, rigorosamente made in Sicily. Alcuni di loro erano in cerca di finanziatori e di imprese in vena di lanciare il prodotto, altri si sono dati da sé all’attività imprenditoriale, altri invece hanno già commercializzato con successo le proprie invenzioni.
Tra gli espositori presenti al workshop va segnalato che erano in mostra ben 28 prodotti ideati e realizzati da giovanissimi talenti, tutti ragazzi creativi i quali sono stati capaci di realizzare oggetti di design caratterizzati dal minimo impatto ambientale, costruiti senza spreco di materiali e con meno accumulo di rifiuti, riciclabili e fatti di materiali non inquinanti.
Gli studenti, che hanno già messo in conto di dover lasciare la Sicilia per avere un futuro professionale, erano accompagnati dal Prof. Angelo Pantina, il loro docente di Laboratorio di Disegno Industriale della Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo, e presentavano da loro stessi i prototipi di alcuni dei progetti che hanno sviluppato e costruito sotto la sua guida. Un caso unico.
Ma se i geni ci sono, cos’è che non funziona?
Sembra che in Sicilia il raccordo tra l’Università e il territorio sia davvero debole.
Il resto del Paese non sta meglio, se i “cervelloni” devono espatriare. Una possibile analisi delle cause di questo generale malessere dalle conseguenze nefaste è la recente riflessione del fisico teorico Carlo Rovelli (La Repubblica, 9 Luglio) sull’ “incultura scientifica” che é causata ( e continua a causare) da un accumulo di deficit di saperi.
Partendo dall’assunto che la scuola italiana sia fra le migliori del mondo, Rovelli racconta di come ci si sorprenda, all’estero, nello scoprire che personalità di grande spessore scientifico, pur avendo studiato nelle migliori università degli Stati Uniti, non abbiano alcuna preparazione umanistica. E di come poi si realizzi, tuttavia, che pur ignorando quelle che per gli italiani sono cognizioni basilari di letteratura e di storia (“non sanno chi è Virgilio”), abbiano sviluppato ampie capacità di pensiero critico e analitico, per noi difficili da conseguire a causa dell’assoluta mancanza di cultura scientifica.
«Se aziende italiane vendono dappertutto nel mondo, disegnatori italiani guidano lo stile del pianeta, se l’Italia è fra le dieci potenze economiche del mondo, è perché, nonostante la nostra caratteriale auto-disistima, siamo un popolo colto e intelligente. Ma l’incultura scientifica del paese è una nostra debolezza severa. I paesi più ricchi come i paesi emergenti sanno che senza cultura scientifica adeguata un paese oggi diventa rapidamente arretrato. Il nostro paese arretra. L’Italia le sue università le sta smantellando». La proposta: l’Italia deve abbandonare l’idea che la cultura risieda solo nel culto del passato, e dare alla scienza la dignità che deve avere nella formazione di una persona, perché attraverso la cultura, anche scientifica, del Paese, si gioca la sfida per il futuro.
Dopo tutto (o prima?) la scienza moderna (nata come scienza naturale, ricavata dall’universo dei saperi empirico-razionali, in particolare dall’astronomia e dalla fisica, in coincidenza con l’ideale scientifico di Galileo e con il suo progetto di una scienza della natura che unisca il metodo sperimentale e la matematizzazione, le “sensate esperienze” e le “necessarie dimostrazioni”) è nata in Italia. Non dimentichiamolo.