"Qualcuno dia speranza | al mio piccolo campione" - Live Sicilia

“Qualcuno dia speranza | al mio piccolo campione”

Giuliano

La storia di un padre che combatte contro una malattia troppo forte, del sogno di suo figlio, campione in erba di enduro e del suo desiderio che il ragazzo possa continuare a vincere.

la storia di Fabio e Giuliano
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6 min di lettura

PALERMO- Fabio ci ha scritto. “Quella che racconto qui brevemente è la mia storia, quella di mio figlio…il nostro sogno. Io, Fabio Giambruno, affermato architetto palermitano senza alcuna concreta aspettativa di sopravvivenza, lui mio figlio Giuliano, nonostante tutto ottimo studente al 5° anno di un liceo scientifico già pilota e campione di enduro con un grande sogno che rischia di infrangersi a causa della mia malattia. È già da alcune settimane, che penso di scrivere. Poi i dolori, l’abbandono agli effetti dalla morfina, le lunghe visite dei parenti ed amici, le letture per distrarmi…tutto ciò me lo ha impedito. E così sono arrivato fino ad oggi, superando ormai le mie aspettative di vita di oltre un anno. La mente ha un gran potere, sul corpo.

Ma ora sento di essere davvero vicino al traguardo dell’ultima combattutissima gara. Il pensiero della malattia è stato fino a qualche tempo fa un chiodo fisso passando dalla negazione alla rabbia all’accettazione e di nuovo alla rabbia…un dolore “totale”. Ho ingurgitato in tutto questo tempo, un’infinità di medicinali, mi sono sottoposto ad un’infinità di cure sapendo che non mi avrebbero comunque mai guarito, ma che avrebbero permesso di continuarmi a curare… pur soffrendo fisicamente.
Ormai ho raggiunto uno stato di beatitudine mentale, un’autocoscienza limpida del “passaggio”. Quanti pensieri chiari e distinti; quanti ricordi nitidi. Quante cose in effetti potrei fare se avessi a disposizione anche solo un altro mese, se pur in questo stato.

Invece devo affrettarmi. Devo preparare tutto

E sopra ogni cosa c’è il futuro da campione di Giuliano. Lui è un piccolo grande uomo, non ancora maggiorenne e ciò che sto vivendo sulla mia pelle e nella mia mente lui lo sta vivendo di riflesso. Tutto ciò lo ha fatto crescere per forza, forse anche troppo, come non avesse più paura di nulla. Io ho avuto la sua stessa grande passione da giovanissimo ma non sono riuscito a coltivarla rimanendo per sempre un sogno nel cassetto; adesso che Giuliano è vicino a realizzare il “nostro sogno” ci ritroviamo a dover fare i conti con le ultime rappresaglie di un male devastante che mi sta consumando giorno dopo giorno e che per di più ha richiesto un impegno economico superiore a ciò di cui disponevo.

Non so fin quando riuscirò ad apprezzare le prodezze di Giuliano. Già non riesco più, non posso più seguirlo né fisicamente né in altro modo. Tutto ciò mi spinge a chiedervi di aiutare Giuliano a trovare qualcuno che possa e voglia sostenerlo economicamente per consentirgli di coronare il suo sogno di partecipare e, grazie alla sua preparazione ai suoi ideali ai suoi valori veri ed al suo sano spirito di sacrificio, di vincere il Campionato Italiano Enduro.

Occorre sostenere economicamente l’impresa e questa mia richiesta è l’eredità che voglio lasciare al mio campione. Questo è il mio chiodo fisso, il mio senso della vita. Questo è ciò che mi ha scritto qualche giorno fa: “Vincere?… il primo dei miei pensieri quando mi sveglio.. l’ultimo prima di addormentarmi…ma subito il primo quando ti guardo e ti dico “grazie…grazie di tutto… di tutto quello che mi hai dato..” è pensare che l’unico modo per renderti felice è VINCERE.. ma non una gara…non un voto a scuola…vincere TUTTO, VINCERE SULLA VITA.. lottando come fai tu e come io faccio e farò al tuo fianco.. senza mai andare via.. e non smettendo mai di ringraziarti.. Grazie sempre di tutto Papà…” Buona vita. Fabio Giambruno”.

Fabio ci ha scritto. Da un po’ combatte nell’ultima trincea con sua moglie, i suoi figli, sua madre e tutti coloro che lo amano. Nel fragore della battaglia ci ha inviato una lettera. Abita a Capaci, vicino alla ferrovia. Nel giardinetto di casa una vivace cagnetta fa le feste al visitatore con indiscriminate affettuosità. La moglie Francesca ha i capelli più sale che pepe. Aiuta suo marito ad alzarsi, cingendolo tra le braccia, e sistemarsi nello studio. Fabio è un uomo provato fisicamente dalla malattia. Chiarisce subito: “Non voglio impietosire nessuno”. La pietà sarebbe un affronto intollerabile per il suo coraggio, per la forza con cui sta cercando di lasciare qualcosa – riuscendoci – di trasformare in vino caldo e benefico la pozione gelida del male. Mentre parla è assistito da Francesca. La mamma resta seduta in un salotto arredato con gusto.

Fabio racconta: “La lettera l’ho scritta in ospedale, di fretta, quando pensavamo che non ci fosse più niente da fare. Invece, non so come, mi hanno ripreso. Ora sono a casa e va meglio. In ospedale, nonostante l’assistenza premurosa, tutto è più brutto, come dimensione. Ma io ringrazio dal profondo del cuore il reparto di Medicina interna del professor Cottone al ‘Cervello’ e gli infermieri del day hospital del dottor Oliva”. Il tempo scorre su una sedia a rotelle: “Mi ritengo comunque un fortunato. Ci sono persone che non riescono ad alzarsi dal letto. Io ormai mi nutro solo di liquidi e omogeinizzati, ho imparato a tornare bambino. Ogni mattina è una scoperta. L’aria, l’acqua e la luce sono le cose più belle che il Signore ci ha dato”.

Dietro lo schienale della sedia, Francesca punteggia le parole con gli sguardi. Qualche volta interviene. Dice: “I nostri figli stanno attraversando un momento terribile, soprattutto Giuliano. Vogliamo che capisca il messaggio”. “Il messaggio è molto semplice – dice Fabio – non si deve mollare mai. Sono fiero dei miei figli. Sono fiero di Giuliano che, in un frangente tremendo, sta dando ottime prove di sé, anche a scuola”.

Giuliano è un campioncino in erba di Enduro. Lo sanno tutti, non solo suo padre: “Ho seguito le gare finché è stato possibile, perfino con le flebo. La scuderia si chiama Fathers and Sons. Gli altri genitori mi hanno sostenuto. Ora c’è Francesca, l’unica mamma in mezzo a tanti papà. Non voglio che la mia situazione blocchi le speranze del mio campione. Noi stiamo bene, ovviamente le cure hanno richiesto grossi sacrifici. E io voglio che qualcuno aiuti mio figlio a coronare i suoi sogni, per venire fuori dal dolore. Se ciò non accadesse, mi sentirei davvero sconfitto”.

La cagnetta, nel giardino, si è accucciata in un angolo. Fuori fa freddo. Il gelo circonda tutto, nella casa accanto alla ferrovia. Dentro c’è un tepore di famiglia e di serenità sorretta dall’amore. Fabio racconta: “Anche venire qui, nel mio studio, e sedermi nella mia poltrona, con l’aiuto di mia moglie, è un punto d’onore. Finché ci sono, desidero esserci pienamente. La mattina con fatica usciamo, resto in macchina, ma è un modo per svagarmi. Ieri siamo andati a provare la sedia a rotelle. Volevo esserci, sì. Non volevo una sedia vuota al posto mio”.

Giuliano è un ragazzo forte. E’ stato lui a scrivere su Facebook: “Vincere?… il primo dei miei pensieri quando mi sveglio.. l’ultimo prima di addormentarmi…ma subito il primo quando ti guardo e ti dico “grazie…grazie di tutto… di tutto quello che mi hai dato..” è pensare che l’unico modo per renderti felice è VINCERE.. ma non una gara…non un voto a scuola…vincere TUTTO, VINCERE SULLA VITA.. lottando come fai tu e come io faccio e farò al tuo fianco.. senza mai andare via.. e non smettendo mai di ringraziarti. Grazie sempre di tutto Papà…”.

Francesca riempie un vuoto di silenzi: “Certe volte Giuliano non vorrebbe andare in classe. Gli diciamo che deve farsi coraggio”. Fabio insiste: “Niente pietà, mi raccomando”. Si sente passare un treno. La cagnetta scodinzola. E’ il congedo.
In macchina, tra sole e pioggia, ascoltando la voce limpida di Franco Battiato: “Degna è la vita di colui che è sveglio, ma ancor di più di chi diventa saggio e alla sua gioia poi si ricongiunge. Sia lode, lode all’inviolato”. E sia benedetto l’amore.

 

 

 

 

 

 

 


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