PALERMO – Quei tagli erano immotivati e illegittimi. Per questo motivo il Tar ha “bacchettato” la giunta di Rosario Crocetta e il dirigente generale Anna Rosa Corsello: a una dozzina di Comuni siciliani, la maggior parte dei quali della provincia di Palermo bisognerà restituire un po’ di soldi.
Soldi destinati alle retribuzioni dei lavoratori socialmente utili, che il governo ha ridotto, nel 2013, in maniera assolutamente arbitraria. E anche in seguito a un errore dell’amministrazione. Dopo aver riconosciuto infatti le somme del periodo compreso tra gennaio e luglio, infatti, si legge nella sentenza, “il dirigente generale del Dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative dell’Assessorato regionale delle autonomie locali, della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro (Anna Rosa Corsello, ndr) con decreto aveva disposto che sarebbe stato corrisposto un contributo pari al 96 % di quello richiesto”. Una somma che sarebbe scesa ancora, successivamente, a causa di un errore dello stesso dipartimento che aveva… dimenticato di includere nell’elenco dei beneficiati alcuni Comuni. Così, invece di aggiungere le somme relative a questi centri, la Regione decideva di ridurre ulteriormente la quota destinata ai Comuni: meno del 94%. “Tali provvedimenti – scrivono i giudici amministrativi – sono stati essenzialmente motivati con riferimento alla riduzione dei relativi capitoli di bilancio che era stata disposta al fine di contenere la spesa pubblica regionale”. Una decisione che violava la legge vigente nel 2013. “Il problema che, pertanto, si pone – si chiede il Tar – è se i notori problemi della finanza pubblica potevano consentire alla Amministrazione regionale di sottodimensionare il capitolo di bilancio relativo al finanziamento della spesa in questione e, conseguentemente, ridurre il finanziamento erogato ai Comuni per il 2013”. Insomma, i problemi di bilancio della Regione possono ricadere sui Comuni? Per il Tar la risposta è negativa. Quelle somme, infatti sono considerate “spese obbligatorie” e “oneri incomprimibili dei quali l’Amministrazione deve necessariamente tenere conto, con la conseguenza che, nel caso di sottodimensionamento del relativo capitolo, ha l’obbligo di assicurare loro copertura mediante variazioni di bilancio o utilizzo dei fondi di riserva. Era preciso obbligo dell’Amministrazione – proseguono i giudici amministrativi – stanziare in bilancio una somma sufficiente per coprire integralmente la quota dovuta; il sottodimensionato del relativo capitolo non la esonerava, peraltro, dalla corresponsione ai Comuni di quanto dovuto, ma la obbligava a reperire, aliunde, le relative somme”. Le difficoltà economiche della Regione non potevano quindi giustificare quei tagli. Il governo si sarebbe dovuto impegnare per reperire quelle somme altrove.
Contro la decisione del governo hanno quindi fatto ricorso dieci comuni della provincia di Palermo (Prizzi, Bisacquino, Chiusa Sclafani, Castellana Sicula, Villafrati, Alimena, Palazzo Adriano, Bompietro, Campofiorito, Giuliana) e tre di altre Province (Cammarata, Villafranca Sicula, Campofranco) assistiti dagli avvocati Giuseppe Ribaudo e Francesco Carità. Adesso ai Comuni dovranno essere restituite somme che in qualche caso superano anche i 100 mila euro. “Tutti i motivi dedotti nell’interesse dei Comuni ricorrenti – ha commentato l’avvocato Ribaudo – hanno trovato accoglimento. I dirigenti della Regione – ha aggiunto – devono capire che non possono operare riduzioni di somme, come in questo caso, con provvedimenti amministrativi dirigenziali in presenza di norme che vincolano i fondi a destinazioni ben precise. La sentenza per la sua particolarità pone un principio di finanza pubblica locale di fondamentale importanza nel rapporto tra la Regione e gli enti locali. Credo che a questo punto la sentenza apre un ulteriore buco nel bilancio della Regione stante che anche i Comuni non ricorrenti potrebbero fruire degli effetti del giudicato”. Adesso, infatti, il “rischio” per la Regione è che, sulla scia di questa sentenza, tutti gli altri Comuni “definanziati” possano avanzare ricorso. E il “pasticcio” del governo a quel punto si tradurrebbe in un guaio “milionario”.